Russia-Svezia: un rapporto complesso
di GLI OCCHI DELLA GUERRA
“Se dovesse decidere di aderire alla Nato (la Svezia) dovrà essere consapevole dei rischi cui si espone” è duro il tenore di un lancio dell’AGI del 20 giugno 2015: parole durissime pronunciate dall’ambasciatore russo a Stoccolma Viktor Tatarinstev e spese per commentare quella che, un anno fa, pareva essere una possibilità concreta, cioè l’adesione della Svezia alla Nato.
La news continua con riferimenti ad incidenti lungo i limiti delle acque territoriali fra i due paesi che coinvolgono aerei da caccia e sottomarini; poi, si conclude con una statistica in crescita: in aumento la percentuale degli svedesi favorevoli ad un ingresso nell’Alleanza Atlantica.
Questione di porti
Eredità dell’Impero sovietico racchiusa fra i confini dell’UE, l’oblast di Kaliningrad è una base sicura della Federazione russa sul Mar Baltico. D’altronde, la Russia, per posizione geografica, ha sempre avuto necessità di approdi per la sua espansione commerciale e per aumentare la sua influenza internazionale: nel 1696Pietro il Grande strappa la fortezza d’Azov agli Ottomani, conquistando posizioni importanti sul Mar d’Azov e inseguito, superata Kerc, sul Mar Nero; poi, lo stretto dei Dardanelli resta, per tre secoli, l’obiettivo principale sia degli zar sia dei sovietici (Questione dei Dardanelli, nda), per avere libero accesso al Mediterraneo orientale.
La Tartus del Nord
Nel 1971, inseguito ad un accordo stipulato con la giunta siriana del Presidente Hafiz al Assad, l’Urss riceve dalla Siria Tartus, importante base in Medio oriente che, dopo il 1991, passa alla Federazione Russa e mostra tutta la sua importanza militare e strategica durante la Guerra civile siriana. Ecco, seppure con i dovuti distinguo, Kaliningrad è la Tartus del Nord Europa, striscia di terra attraverso la quale il Cremlino può avere un più facile accesso al Baltico (senza cioé passare per il Golfo di Finlandia), evitando così l’ isolamento geografico.
Nessuna guerra
A differenza dei porti siriani, però, Kaliningrad non sarà punto di partenza per operazioni militari; tuttavia, l’adesione della Polonia alla Nato e il progressivo avvicinamento di Stoccolma all’Alleanza Atlantica suonano come un campanello d’allarme per Mosca che vede il proprio porto circondato da forze di paesi coi quali, storicamente, i rapporti diplomatici sono stati spesso molto tesi.
Preoccupazioni che possono motivare le dure parole di Viktor Tatarinstev, nonché essere chiave di lettura delle esercitazioni del maggio scorso (sbarco di fanteria di marina russa con appoggio di nave Mordovia), che hanno suscitato tanto clamore nella politica svedese. Non volontà di scatenare un conflitto, dunque, semmai una mossa diplomatica (e militare) per mostrare a svedesi e polacchi che Putin non ha intenzione di rinunciare a Kaliningrad.
Disinformazione
Nell’analisi geopolitica può, talvolta, giocare un ruolo determinante l’antropologia. E antropologicamente interessante è l’atteggiamento dei popoli dell’Unione Europea nei confronti di Mosca divisi fra chi sostiene che Vladimir Putin sia uno sciovinista e chi, invece, ne esalta il carattere duro e risoluto.
La verità è nel mezzo e cioè che al Cremlino non interessa entrare in contrapposizione con l’Ue, tanto meno prepararsi ad una guerra con la Svezia, solo rivendicare la sua presenza nell’oblast .
In più di un articolo, questo giornale ha ricordato che la Russia soffre di problemi ben più allarmanti del programma di ammodernamento dell’esercito di Stoccolma: dal Tagikistan e dall’Uzbekistan, infatti, transitano oppio, armi e terroristi di quell’Isis che dal 2015 si espanso anche in Afghanistan.
Altro problema è l’immigrazione, con oltre un milione e mezzo di immigrati caucasici che vivono nella sola Mosca, molti dei quali clandestini e senza dimora, vittime della criminalità che, dal crollo dell’Urss, gestisce il traffico tra le ex repubbliche centro asiatiche e le grandi città russe.
Poi, ci sono gli imprevisti del conflitto siriano, come la morte di circa 80 militari governativi finiti nell’obiettivo dei raid statunitensi, un incidente militare e diplomatico che, ora, potrebbe mettere a rischio gli accordi fra Washington e Mosca sul cessate il fuoco stipulati il 9 settembre scorso (ed entrati in vigore il 12).
Paure infondate
A completare il quadro delle priorità della Federazione ci sono la questione Ucraina e le sanzioni dell’Unione Europea ultima delle quali, umiliante e anti diplomatica, è il divieto per il vice Primo Ministro Dmitry Rogozin e per il Ministro della Difesa Arkady Bakhin di viaggiare entro i confini dell’UE.
Un’interessante interpretazione della linea sanzionatoria di Bruxelles l’ha data, nel dicembre 2015, il Capo del Dipartimento per gli Affari Economici e per le Relazioni Internazionali del Governo di Mosca Sergej Cheremin.Elogiando l’imprenditoria italiana a Mosca, ha sottolineato che l’atteggiamento del suo governo verso Roma non cambia, perché i russi sanno bene che l’Italia subisce, in politica estera, l’influenza USA.
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