Rinuncerà la Russia al liberismo?
Tradotto da JULIA S. INNOCENTI, del FSI di Prato.
Stando a diverse informazioni, il governo russo non vede più di buon occhio la politica economica neoliberale, che negli anni dopo il crollo dell’Unione Sovietica si è rivelata piuttosto nociva per la Russia. Se da quel momento storico in poi la Russia avesse adottato una politica economica sana, la sua economia sarebbe progredita molto oltre il suo stato attuale. Il paese sarebbe riuscito a fermare quasi del tutto l’emorragia dei capitali verso l’Occidente, contando sulla capacità di autofinanziarsi. Lo scrivono esperti di CounterPunch.
Washington ha approfittato del fatto che il governo russo nell’immediato periodo post-sovietico era parecchio demoralizzato e aspettava con fiducia direttive da parte degli USA. Illudendosi che le rivalità fra i due paesi si fossero finalmente esaurite, i russi contavano sulle raccomandazioni degli americani in tema di modernizzazione dell’economia russa facendo perno su idee occidentali avanzate. Invece, Washington ha abusato della fiducia russa e ha imposto al nostro paese una politica economica funzionale ai suoi scopi, ovvero all’appropriazione di beni economici russi e al loro trasferimento nelle mani di investitori stranieri. Con le buone e con le cattive Washington ha imposto alla Russia di accettare capitali stranieri e rendere il rublo oggetto di speculazione valutaria, e così facendo l’ha resa fragile e soggetta a possibili destabilizzazioni per via di fughe di capitali e attacchi al rublo. Poteva sottoporre Il proprio sistema economico a manipolazioni del genere solo un governo poco informato degli scopi dei neoconservatori americani che vogliono veder consolidata l’egemonia mondiale degli Stati Uniti.
Le sanzioni che Washington ha imposto contro la Russia (costringendo l’Europa a fare altrettanto) dimostrano come l’economia neoliberale va contro gli interessi della nostra economia. Gli alti tassi d’interesse e il regime di forte austerità – tipiche ricette neoliberali – hanno distrutto l’economia russa, e inutilmente. A causa del deflusso dei capitali il rublo si è svalutato e in seguito la neoliberale Banca Centrale russa ha sperperato le riserve valutarie per sostenere il rublo, ma di fatto ha contribuito alla fuga dei capitali.
Anche Vladimir Putin trova interessante l’idea romantica di un’economia globale cui ogni paese abbia pari opportunità di accesso. Tuttavia, i problemi causati dalle ricette neoliberali l’hanno costretto a ricorrere alla sostituzione delle importazioni, allo scopo di ridurre la dipendenza dell’economia russa dall’import. Inoltre, la politica neoliberale ha aiutato Putin a capire che se la Russia fa parte dell’assetto economico occidentale, deve anche essere parte del nuovo ordine economico che si sta formando con la partecipazione di membri come la Cina, India, ex repubbliche sovietiche dell’Asia centrale.
La teoria economica neoliberale si basa sul concetto della dipendenza e prevede crediti esterni e investimenti stranieri come unica fonte di finanziamento. Questa politica perciò dà luogo a un inevitabile indebitamento in valuta pregiata e offre agli stranieri il diritto di appropriazione di profitti nazionali. Tutto ciò crea numerosi talloni d’Achille nel paese che Washington vede come “minaccia esistenziale per gli USA”.
L’assetto economico che Washington ha creato per la Russia è sostanzialmente neoliberale. È curioso anche il fatto che la presidente della Banca Centrale Elvira Nabiullina, il ministro dello sviluppo economico Aleksey Uliukaev, l’odierno e l’ex ministri delle finanze, Anton Siluanov e Aleksey Kudrin, siano neoliberisti fino al midollo. Questi importanti personaggi volevano lottare contro il deficit russo attraverso la svendita di beni dello Stato agli stranieri. Se questa politica sarà posta in essere, Washington avrà sempre un maggiore potere decisionale nell’economica russa.
Contro questi difensori della teoria economica ciarlatana si schiera il consigliere del Presidente per integrazione economica regionale Serghey Glaziev. Stando alle informazioni disponibili, i suoi alleati sono Boris Titov e Andrey Klepatch, stretti collaboratori economici di Putin.
Questi economisti si rendono conto che a causa delle ricette neoliberali l’economia russa è molto più esposta al rischio di destabilizzazione da parte di Washington: gli USA potranno punire le autorità russe nel caso del loro dissenso in questioni di politica estera americana. Perciò lo scopo primario di questi economisti è promuovere la sovranità economica della Russia e la capacità del governo russo di agire negli interessi nazionali, anziché assecondare pedissequamente gli interessi di Washington. Il modello neoliberale non è un modello di sviluppo economico, è piuttosto uno strumento per accaparrarsi territori ricchi di materie prime. Gli stessi americani dicono che esso sia un modo di trasformare la Russia e altri paesi subordinati in paesi che faranno il lavoro duro e sporco (“spaccare la legna e sgobbare”) o, nel caso della Russia, che si impegneranno nell’estrazione di petrolio, gas, platino e diamanti.
La sovranità economica significa indipendenza dalle importazioni e dai capitali stranieri, mentre gli investimenti necessari per l’economia possono essere forniti dalla Banca Centrale russa. Significa inoltre che i settori strategici rimangono nelle mani dello Stato e non dei privati. I servizi essenziali di infrastruttura devono essere garantiti al costo di produzione, con agevolazioni oppure gratuitamente, e non trasferiti verso proprietari stranieri che potranno arricchirsi grazie al monopolio. Inoltre Glaziev auspica che sia la Banca Centrale russa a stabilire il tasso di cambio del rublo e non gli speculatori nel mercato dei cambi.
Gli economisti neoliberali non accettano l’idea che un paese così ricco di risorse naturali come la Russia possa finanziarsi per mezzo della propria Banca Centrale che metterebbe a disposizione dell’economia tutto il denaro necessario per fare progetti. Essi affermano che questo provocherebbe inflazione. Dimenticando però un fatto: sul nesso fra moneta e inflazione non influisce da dove provenga la moneta – da una banca centrale, da banche private sotto forma di crediti, oppure dall’estero sotto forma di investimenti. La differenza sta tutta nel fatto che negli ultimi due casi il denaro va restituito: i crediti vanno ripagati con interessi, e i profitti provenienti dagli investimenti vanno divisi con investitori stranieri che in questo modo ottengono maggiore controllo sull’economia.
A quanto pare, i neoliberisti russi non si accorgono della minaccia per la Russia rappresentata da Washington e dai suoi vassalli europei. In base a numerose menzogne gli USA hanno imposto le sanzioni economiche contro la Russia. Questa demonizzazione politica è tanto menzognera quanto la loro propaganda economica neoliberale. Servendosi di altre bugie Washington piazza armi e crea basi missilistiche ai confini della Russia e nelle acque russe. Washington vuole rovesciare i legittimi governi delle ex repubbliche sovietiche e stabilirvi regimi ostili alla Russia – come, ad esempio, in Ucraina e in Georgia. Washington e la NATO denigrano ininterrottamente la Russia. Addirittura Washington ha politicizzato le Olimpiadi impedendo a molti atleti russi di parteciparvi.
Nonostante questi atti chiaramente ostili nei confronti della Russia, i neoliberisti nostrani continuano a credere che Washington imponga alla Russia una certa politica economica per difendere gli interessi nazionali russi, e non affatto perché abbia intenzione di ottenere un maggiore controllo sulla sua economia. Legare il destino della Russia all’egemonia occidentale sotto queste condizioni significa decretare la fine della sua sovranità.
Commenti recenti