Il passo falso di François Hollande
di JACQUES SAPIR
12 ottobre 2016
Traduzione di PAOLO DI REMIGIO (FSI Teramo)
Il quiproquo provocato dalla dichiarazione intempestiva di François Hollande, che « s’interroga » su una possibile messa in stato di accusa di Vladimir Putin davanti alla Corte Penale Internazionale ha portato a rimandare sine die la visita del presidente russo. Essa mostra, oltre alla goffaggine ormai leggendaria di François Hollande sulle questioni internazionali, che quest’ultimo non fa più politica e tanto meno politica estera.
L’incomprensione di François Hollande
Torniamo su ciò che ha scatenato questa nuova crisi nelle relazioni franco-russe. Mettere in stato di accusa un capo di Stato straniero è possibile solo se lo Stato abbia ratificato il trattato e lo statuto della CPI (non è il caso degli Stati Uniti, della Cina e della Russia) e se ci sia un voto su questo punto al Consiglio di Sicurezza delle Nazioni Unite. Ma si sa bene che qui tanto la Russia quanto la Cina hanno un diritto di veto. Fare minacce a vuoto, minacce che non hanno possibilità di concretizzarsi, è una politica pessima. Si tratta di né più né meno che un bluff, che si smaschera immediatamente e si ritorce contro il suo autore. Se François Hollande avesse voluto finire di screditarsi sulla scena internazionale non avrebbe dovuto comportarsi diversamente. Ma questo discredito vale anche per l’insieme delle posizioni francesi sulla crisi siriana. Andiamo un po’ più in là su ciò che ha realmente scatenato questa crisi: il bombardamento di Aleppo. Di questa città che aveva prima dell’inizio della guerra civile più di un milione e mezzo di abitanti, non ne restano che circa 200 000, che sono ostaggi, a volte consenzienti, di quelli che la diplomazia francese chiama ‘ribelli’. Ora, chi sono questi ribelli? Ci sono in realtà due coalizioni ribelli in Aleppo, di forza ineguale [1]. La prima è la coalizione Jays al Naser che è diretta dal ‘fronte’ al-Nusra e che è collegata ad Al-Qaeda. Questa coalizione si è macchiata di molti abusi e crimini di guerra, e merita interamente il nome di ‘terrorista’ utilizzato dai Russi e dal regime siriano. Ma la Francia ha sostenuto e armato questa coalizione. Ricordiamo le parole di Laurent Fabius, allora ministro degli affari esteri, su al-Nusra che avrebbe fatto un ‘buon lavoro’. Si vede che certi affari sono molto esteri per l’intelligenza de Laurent Fabius …
La seconda forza è la coalizione Fatah Halep, che è composta di ribelli di Aleppo legati al movimento originario, ma che oggi non comanda quasi alcuna operazione militare. Le sue forze sono esangui per i combattimenti e le defezioni a vantaggio di gruppi alleati ad al-Nusra. Ora, dopo la primavera 2016, i rinforzi inviati sul terreno da al-Nusra e le vittorie temporanee (come la rottura dell’accerchiamento dei quartieri di Aleppo dove si erano trincerati), gli uomini di al-Nusra godono di un prestigio evidente, il che spiega l’adesione dei combattenti del Fatah Halep. Queste adesioni dovrebbero interrogare tutte le persone sensate sulla porosità politica tra queste due coalizioni. Oggi non ci sono probabilmente ‘moderati’ in questa guerra civile. Gli uomini di al-Nusra conducono una guerra insurrezionale in Aleppo infiltrando la popolazione, a volte con il suo accordo, a volte prendendola in ostaggio e utilizzando tutti i mezzi a loro disposizione per sfuggire alle bombe russe … tra i quali gli ospedali che curano i loro feriti ma che diventano anche, nel contesto della guerra urbana, dei punti d’appoggio militari. A Stalingrado i sovietici hanno bombardato anche gli ospedali delle truppe naziste accerchiate, perché sapevano che nel contesto di un assedio un ospedale diventa una risorsa militare per gli assediati e permette loro di continuare la lotta. Si può parlare, come fa Caroline Galactéros, di dilettantismo completo [2].
Un odio viscerale per la Russia
La posizione francese è incoerente su questo punto. La Francia spera di rilanciare l’accordo del cessate il fuoco russo-americano. Ma questo accordo è stato reso caduco dall’errore dell’aviazione della coalizione internazionale che ha bombardato l’armata siriana il 17 settembre a Deir-el-Zor. Aggrappandosi a quella che appare subito una finzione, quella dei ‘moderati’ nell’opposizione ad Assad, la Francia finisce di screditarsi.
Ma forse tutto questo è in realtà un pretesto. C’è un’ostilità latente tra il governo di François Hollande e la Russia di Vladimir Putin che si è manifestata dal 2013. All’inizio il pretesto di questa ostilità è stato la sorte degli omosessuali in Russia, dei quali si diceva che fossero perseguitati. Poi, nel 2014, furono la questione della Crimea e la politica russa verso l’Ucraina.
Ogni volta il pretesto di una tensione tra la Francia e la Russia è un’esagerazione o una deformazione grossolana delle posizioni russe. Il massacro di Odessa nel 2014 perpetrato dai neonazisti ucraini mostra quale sarebbe stata la sorte dei russofoni in Crimea. Nessuno oggi dubita che il referendum sull’annessione della Crimea abbia rappresentato la volontà di una maggioranza assoluta degli abitanti di questa regione. Oggi si prendono a nuovo pretesto i bombardamenti su Aleppo, dimenticando comodamente che l’aviazione americana ha bombardato un ospedale di MSF in Afghanistan, o che la Francia arma l’Arabia Saudita che conduce una guerra feroce in Yemen e non si preoccupa molto né dei diritti umani né della protezione dei civili. Si vede perfettamente la meccanica del doppio discorso che mira a gettare l’obbrobrio più grande sulla Russa mentre i nostri alleati commettono azioni molti simili.
Occorre dunque capire che François Hollande e i suoi consiglieri hanno una repulsione viscerale per quello che la Russia di Vladimir Putin rappresenta, non solo per i bombardamenti e per la ‘brutalità’ delle operazioni di guerra condotte dalle forze russe, ma piuttosto perché la Russia rappresenta tutto ciò a cui la Francia ha rinunciato: la sovranità nazionale e un vero progetto in Medio Oriente, che si può discutere, ma che ha il merito di esistere. Putin appare come un rimorso permanente per François Hollande e una parte della classe politica francese. È la statua del commendatore che si erge nella notte e osserva Hollande -Don Giovanni.
Conseguenze disastrose per la Francia
Dovrebbe essere tuttavia evidente che non si può lottare contro i movimenti jihadisti, che si tratti del sedicente ‘Stato islamico’ o dei gruppi affiliati ad Al-Qaeda, senza una stretta cooperazione con la Russia. Questo implicherebbe logicamente che si cerchi un compromesso con i Russi sugli obiettivi politici e sull’avvenire del Medio Oriente. Infatti si può certo discutere di alcuni obiettivi della Russia, ma è impossibile ignorarli. Ed è invece quello che fa François Hollande dopo due anni, a nostro svantaggio.
La logica – così come la ragione – è stata gettata alle ortiche da François Hollande e dai suoi consiglieri. La loro visione del conflitto è insieme manichea (i ‘buoni’ contro i ‘cattivi’) e in parte motivata da considerazioni cosiddette umanitarie. Hanno completamente dimenticato la frase di Clausewitz : «La guerra è il seguito della politica con altri mezzi». I Russi, gli Iraniani, gli Americani fanno politica. Non François Hollande e i suoi consiglieri. Non fanno più politica e per una ragione semplice: la Francia ha abdicato alla propria sovranità. Allora si comprende che François Hollande non può trovare un terreno d’intesa con Vladimir Putin, che fa politica, checché si possa pensare dei fini e dei mezzi che usa per ottenerli. Il ‘passo a due’ di François Hollande in seguito agli attentati del novembre 2015 verso la Russia fu un passo falso che ha mostrato l’incapacità congenita della sua presidenza di pensare in termini che siano realmente politici e non politicanti o piagnucolanti. Il rischio per la Francia è di essere espulsa dal Medio Oriente come forza politica e di perdere quanto sopravvive della sua antica influenza. Il rischio per l’Europa, in seno all’Unione europea, è di essere messa di fronte a una minaccia terroristica e alle conseguenze della crisi migratoria. Ma l’Unione europea è moribonda e incapace di pensare quello che il Medio Oriente rappresenta per il suo avvenire. Per questo sarebbe stato necessario che esistesse! Le conseguenze della crisi in Siria come in Libia si presenteranno alla sua percezione sotto forma di flussi di rifugiati che essa sarà incapace di gestire e che nei mesi a venire finiranno di destabilizzare i Balcani e da lì una parte dell’Europa centrale.
[1] Noujaim K., Alep, tournant stratégique in “Huffington Post”, 9 ottobre 2016, http://www.huffingtonpost.fr/karim-noujaim/alep-tournant-strategique/
[2] http://www.lefigaro.fr/vox/monde/2016/10/11/31002-20161011ARTFIG00146-caroline-galacteros-la-decision-de-vladimir-poutine-humilie-la-diplomatie-francaise.php#
Fonte: http://russeurope.hypotheses.org/5325
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