L’Unione Europea, una tecnodittatura di cartapesta
di NICOLA DI CESARE (FSI Cagliari)
Come è noto, almeno a chi ne studia la genesi, l’Unione Europea nasce da una concezione oligarchica che va dal Manifesto di Ventotene del “progressista” Altiero Spinelli (che definiva la metodologia politica democratica “un peso morto”) all’idea tecno-oligarchica dei vari Kalergi, Schumann, Monnet, e chi per loro, accomunati da una visione liberistica e deregolamentata del mercato, attraverso la quale pervenire alla diluizione della sovranità legislativa degli Stati nazionali sotto la primazia di un apparato tecnoburocratico continentale totalmente al riparo da responsabilità politiche.
In questa visione, oscillante tra l’improbabile federalismo sovranazionale di Von Hayek e il suo reale obiettivo finale darwiniano di convergenza dei più deboli verso le direttive dello Stato economicamente più efficiente (la Germania), si incastrarono alla perfezione gli interessi di egemonia politica, economica e culturale degli USA, i quali sponsorizzarono, fin dal termine del secondo conflitto mondiale, la creazione di un apparato di controllo delle economie continentali atto ad affermare il dollaro come agile strumento di sviluppo della loro valuta, unico strumento di controllo degli scambi internazionali e come fonte di finanziamento inesauribile delle loro spese militari.
L’Unione Europea si andò formando secondo una logica di adesione “volontaria” degli esecutivi nazionali, militarmente manipolati al fine di accogliere senza intoppi le direttive geopolitiche euroatlantiche. Nulla di tutto ciò è scaturito dunque da una proposta politica di natura popolare o da una dialettica su quali fossero le soluzioni più idonee a una reciproca convivenza politico economica, nonché istituzionale degli Stati nazionali Europei, atta al miglioramento di vita delle popolazioni coinvolte.
Nulla di tutto ciò è stato creato su una base autenticamente democratica ma solo esclusivamente nella convinzione, attualmente vigente, che gli interessi della classe dominante siano indiscutibilmente preminenti su quelli della classe subalterna. Ancora oggi dunque, L’Unione Europea, si caratterizza per il suo macroscopico razzismo sociale, finanche nella struttura dei suoi organi istituzionali, all’interno dei quali gli interessi popolari sono rappresentati unicamente da un organo fantoccio, privo di alcuna funzione realmente legislativa come il Parlamento Europeo.
Ora che il processo di espansione di questa dittatura mascherata si è definitivamente interrotto, le spinte centrifughe, determinate accidentalmente da una crisi che ha messo a nudo le vere intenzioni delle classi egemoni, si presenta per queste ultime un problema inaspettato e per certi versi sorprendente: quali sono gli strumenti legislativi che l’Unione Europea ha a disposizione per impedire che gli Stati Nazionali possano esercitare la loro autonoma facoltà di non ottemperare ai regolamenti e alle direttive imposte dai suoi apparati tecnocratici , pur in permanenza degli stessi Stati in ambito UE ?
Qualsiasi ordinamento giuridico nazionale è caratterizzato da un impianto legislativo che è sorretto, da un lato da un impianto sanzionatorio, amministrativo o penale, a dall’altro dalla facoltà di esercitare, in caso di violazione delle leggi, il monopolio della forza, rendendo esecutive le pene inflitte.
Niente di tutto ciò è presente nell’ordinamento giuridico dell’Unione Europea. Essa dispone di un apparato giudicante, la Corte di Giustizia Europea, la quale tuttavia non possiede nessuno strumento per costringere gli stati nazionali al rispetto delle norme Europee se non quello, ancora una volta basato sulla volontarietà del sanzionato nell’accettazione della sanzione amministrativa.
La Corte di Giustizia Europea si è distinta in questi anni per essere un mero strumento esecutivo nelle mani dei tecnocrati della Commissione Europea ma che può funzionare in termini sanzionatori solo in una fase in cui il sanzionato sia concorde con la sanzione; pertanto è forte con i deboli e debole con i forti, palesando nel concreto la sua inconsistenza.
Facciamo alcuni esempi.
Primo fatto. La Germania negli ultimi sei anni, ha violato i trattati sforando il tetto del 6% del PIL per quanto attiene al suo surplus commerciale ma il 2015 si chiude con un nuovo record: avanzo commerciale di 248 miliardi di euro, +6,4% sul 2014. Nessuna sanzione è stata comminata alla Germania. Questo la dice lunga sulla concentrazione di poteri della Commissione la quale, non solo ha in mano per intero la funzione legislativa ed esecutiva ma di fatto, anche il potere giuridico di istruire le procedure di infrazione nei confronti degli Stati nazionali.
Secondo fatto. La Francia, la Spagna e la Germania, sforano il deficit/PIL. Nel 2014 la Francia dichiara un deficit superiore al 4,4% del Pil e nessuna procedura di infrazione viene avviata.
Terzo fatto. L’Unione Europea ha realizzato nei fatti la liquidazione coatta e lo scioglimento dello Stato Greco per eccesso di debito estero, pervenendo alla tutela dei creditori (banche) e calpestando il diritto alla vita del popolo Greco. A tale risultato si è pervenuto, ancora una volta, attraverso la manipolazione dei suoi organi esecutivi.
Ora poniamoci una domanda: nel caso in cui l’Italia venisse sanzionata per eccesso di deficit o per non aver ottemperato alla curvatura indicata per le banane immesse nei suoi mercati e il suo governo nazionale decidesse di non pagare mai la sanzione comminata, cosa accadrebbe ? Ve lo anticipo. Non accadrebbe nulla. Qualsiasi opzione si rivelerebbe un’emerita buffonata.
L’Italia versa una vagonata di soldi nelle casse della UE per il suo funzionamento, circa 6 miliardi di Euro/anno. L’ipotesi di sospensiva delle prerogative Italiane all’interno della UE non sarebbe praticabile e farebbe più male al sanzionatore che al sanzionato. L’unica opzione praticabile, per l’oligarchia finanziaria che comanda a Bruxelles, sarebbe quella di forzare una caduta del governo in carica, inducendo artificialmente un innalzamento dei tassi sul finanziamento del debito, sul modello del golpe bianco attuato con la caduta di Silvio Berlusconi.
In questo caso tuttavia, in presenza di un governo nazionale non allineato, come quello di allora, si otterrebbe soltanto il risultato opposto e cioè quello di spingere repentinamente il paese verso l’abbandono della UE e dell’area Euro nel giro di poche ore. È evidente dunque che l’UE sia una tecnodittatura di cartapesta che non sarebbe in grado di reggere un braccio di ferro contro un governo nazionale realmente intenzionato a far valere le proprie prerogative costituzionale, facendo così saltare per aria la preminenza dei trattati rispetto alla legislazione nazionale.
Ne consegue che i governi Italiani in carica che non si oppongono a tale dittatura, ottemperano volontariamente a un disegno autoritario di natura alloctona, dando evidente prova di tradimento della costituzione, che infatti stanno oggi cercando, sempre su ordine della finanza internazionale di cancellare. Difendere oggi la nostra Costituzione recandosi alle urne per votare NO alla riforma non è dunque solo un dovere civico ma rappresenta un atto di difesa della giustizia sociale, della democrazia, della storia, della cultura e della ricchezza umana di un paese, l’Italia che non può estinguersi in quanto esempio scomodo alla finanza internazionale.
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