Cittadinanza: i mille volti dell’appartenenza

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4 risposte

  1. Stefano D'Andrea ha detto:

    “Ed è la stessa nozione di cittadinanza che sembra sfidata dalla loro fondata richiesta di diventare cittadini pleno jure dei paesi dove vivono e lavorano”. Fondata? Su quale norma? Cos’è giusnaturalismo? Dipende dai contesto storici, dal numero degli stranieri, da varie condizioni. che la legge può richiedere. Il FSI nel suo documento ha proposto alune condizioni, che non sono “crudeli e luttuose” ma serie e dignitose e in genere meno severe o molto meno severe di quelle che sono legislativamente previste nei paesi di provenienza degli immigrati. Il terzomondismo e l’umanitarismo sono brutte bestie, che possono insinuarsi negli animi più nobili e nelle menti dei pensatori più raffinati, come è Zolo. Ecco le condizioni richieste dal FSI:

    “9. Lo straniero regolare può diventare cittadino, per residenza, in presenza dei seguenti requisiti:

    – che abbia proposto domanda dopo che siano trascorsi 10 anni di regolare soggiorno;

    – che abbia superato un serio esame di lingua italiana;

    – che abbia superato un serio esame di storia moderna e contemporanea italiana;

    – che abbia superato un serio esame di diritto costituzionale;

    – che non abbia riportato sentenze di condanna definitiva o non abbia procedimenti penali in corso nel paese di provenienza o in Italia.

  2. Giampiero Marano ha detto:

    Non è certo il documento del FSI a rientrare nella categoria dei “crudeli e luttuosi”, ma proposte molto radicali come il rimpatrio di massa coatto e simili che oggi sembrano deliranti ma domani, con il crescere di una pressione migratoria irresponsabilmente fomentata, potrebbero riscuotere più ampio consenso in una popolazione esasperata.

    • Stefano D'Andrea ha detto:

      Non so. L’articolo è bello ma nel 2006 credo che Zolo avesse ancora una visione troppo aperta della questione. Il passo più che dubbio è quello in cui dice “fondata richiesta di diventare cittadini pleno jure dei paesi dove vivono e lavorano”. Qui sta trattando semplicemente della concessione della cittadinanza, che in molti stati africani dai quali provengono gli stranieri è addirittura legata a criteri puramente etnici (insomma lo straniero non può prenderla). Addirittura sembra che in Nigeria si ostacolino matrimoni tra appartenenti a regioni diverse. Secondo me, invece, dovevamo prevedere anche un ulteriore criterio: per chi è sposato il termine inizia a decorrere dal giorno in cui anche la moglie risiede in Italia. Gli zii di mia moglie hanno lavorato quaranta anni all’estero e venti almeno in Francia ma hanno lasciato la famiglia sempre qua. Non hanno mai nemmeno lontanamente desiderato di acquistare la cittadinanza francese o sostenuto che sarebbe stato giusto che la francia la concedesse a quegli italiani che la desideravano. Erano semplicemente italiani che lavoravano all’estero con famiglia che viveva in Italia.

  3. Giampiero Marano ha detto:

    Ma anche questa restrizione alla concessione della cittadinanza che proponi non mi sembra né crudele né luttuosa.

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