Ho perso il mio popolo?
di TOMASO KEMENY
“Il poeta è un morto che cammina
se non ha il suo popolo a seguirlo
sul sentiero aperto dalle sue visioni”,
così nell’ombra che precede il giorno
pensò il poeta costruendo quel caos
da cui potesse sorgere l’epoca
del rinnovamento e poi disperato:
“Sono l’uomo di niente
smarrito nella massa
di consapevoli consumatori
sempre più sprofondati nel vuoto”.
Voce del Mondo
“Sappi che pure tu sei una nullità
tutto ciò che pensavi di potere capire
è crollato e sei una vociante tabula
rasa imprecante sui sentieri
di guerra della vana utopia”.
Voce della Terra
“Nessuno può vantare il tuo sembiante
se non angelo o santo. Poeta
canta quanto è lungo il tuo giorno
la favola del diluvio in fiore
e col coraggio della disperazione
prepara l’apparizione della quarta
Grazia, ripeti la leggiadria del suo
incedere finché non condivida
con tutti la visione
che incendierà la neve impalpabile
della resurrezione del genio umano
in grado di procurare il pane
della giustizia e l’acqua dell’impossibile
appagamento.”
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