La storia non si riscrive, si studia
Alcuni anonimi rancorosi, dediti al “copia e incolla” in rete, diffondono, riguardo ai protagonisti e ai momenti cruciali della nostra storia, una nuova selezione letteraria fatta di citazioni, racconti, leggende o invenzioni, seguita inevitabilmente da un repertorio di illazioni, condanne, ingiurie e calunnie varie, del tenore di un “Piemonte stato invasore“, “Garibaldi ladro e mercenario” o d’un “Mazzini strumento del potere e fondatore della mafia“.
Non di rado emerge che tale “letteratura” prescinde dalla conoscenza – anche elementare – della Storia, e muove dall’esigenza di ridisegnare una sorta di nuova “geografia morale” riguardo il nostro Risorgimento e i suoi protagonisti più illustri.
A prescindere per un momento dai metodi e dal significato politico (o psicologico) di quest’atteggiamento, desta stupore il fatto che tali moderni aizzapopolo rivolgano i loro improperi verso uomini che hanno vissuto il loro tempo più di 150 fa (il che la dice lunga sulla nostra capacità di leggere e vivere la contemporaneità). È come se il Savonarola, nei suoi sermoni, avesse preferito accusare pubblicamente papa Bonifacio, vissuto circa due secoli prima, piuttosto che il contemporaneo Lorenzo de’ Medici o la corte romana di papa Borgia.
Il significato politico, se esiste, non può che essere individuato nella volontà di intaccare il mito fondativo dello Stato nazionale e discostarsi dall’enorme eredità politica, filosofica e morale del Risorgimento. Tuttavia, visto che parallelamente alla diffusione della letteratura propagandistica anti-risorgimentale non sono emerse nuove idealità, aspirazioni, prospettive, non credo che assisteremo alla formazione consapevole di nuove istanze politiche.
Ritengo, a questo punto, che le uniche ragioni, o meglio difficoltà, siano di ordine psicologico, dovute alla mancanza di fiducia nello Stato, identificato erroneamente con la peggiore classe dirigente mai avuta nel Paese e con le varie inefficienze amministrative che inducono a desiderare acriticamente modelli di sviluppo stranieri.
Come il depresso, chi decide di infangare i propri eroi e le proprie glorie nazionali manifesta una volontà di autoannientamento come unico atto possibile di liberazione.
Un desiderio di morte può essere inizialmente scambiato per volontà di potenza.
Quanto al merito dei “revisionismi” in sé, personalmente non ho riserve, purché ogni nuova indagine storica rimanga realisticamente circoscritta a pochi, singoli episodi e purché caratterizzata dai metodi più rigorosi della ricerca e organizzazione delle fonti a disposizione.
Il mio giudizio è invece molto più severo verso l’ingenuità, l’esaltazione fanatica e l’infantilismo di chi ritiene si debbano “riscrivere” interi capitoli della storia, in quanto sbilanciati – questa è la tesi – in favore del “vincitore”.
Come se non esistesse in ogni momento e in ogni luogo della storia un “vincitore”, e come se gli storici fossero in realtà tutti dei romanzieri!
La verità banale è che non esistono una storia “buona” e una storia “cattiva”. Esiste un eterno sviluppo dialettico di forze contrapposte che lo storico deve saper conoscere con metodo.
I giudizi discendono solo dallo studio sistematico e documentato dei fatti, i quali assumono significato in virtù dei grandi numeri, cioè in presenza di tendenze significative, misurabili.
Abituiamoci a giudicare i moventi che sono dietro le azioni del passato, e non le singole azioni, di successo o fallimentari.
Lasciamo stare gli eroi del passato e tributiamo loro l’omaggio dovuto. Teniamoci a distanza da chi – ingeneroso e incapace di concepire una vita consacrata ad un obiettivo alto e ambizioso – vorrebbe additarli come falsi e bugiardi in quanto non avrebbero dato abbastanza, o, addirittura, ci avrebbero sottratto qualcosa.
Noi non dobbiamo “riscrivere” la storia, dobbiamo prenderla a esempio e studiarla per raggiungere nuovi obiettivi nel nostro tempo.
Gianluigi Leone – Ars Lazio
no comment
E’ comodo liquidare il passato tipo “chi ha avuto e chi ha dato ha dato” trascurando lutti,ruberie ….la verita’ e’ che uno stato sovrano ha subito un’aggressione da parte di un altro stato[tanto]sovrano e che fu condannata da altri stati sovrani.Il perché Lei scriva che la Storia va studiata e non riscritta mi lascia un dubbio:se la studiamo e’ per capirla,per evitare di commettere altri errori[orrori] come ora stiamo facendo con questa buffonata di Europa e con il suo euro.L’Argentina,a questo proposito non Le dice nulla?Se avessimo studiato e capito cio’ che e’ successo li sicuramente avremmo riscritto la nostra storia di 30 anni a questa parte.
@Antonio, d’accordo con lei su Europa, euro e Argentina.
Ma i vari stati e staterelli preunitari vanno considerati storicamente e culturalmente illegittimi, perché tenevano separato e frantumato un unico popolo che ha origini molto antiche, benché plurali. Gli attuali confini dell’Italia sono gli stessi già disegnati da Augusto duemila anni fa, e questo, mi pare, dice tutto.