Vaneggiamenti anti-europei, battaglie di libertà, lotte di classe e interesse pubblico
di STEFANO ROSATI (FSI Rieti)
Seguendo l’orientamento di tutti i Governi precedenti, l’Esecutivo ha proposto un emendamento alla finanziaria – poi approvato – che prevede la proroga automatica di tutte le concessioni balneari per 15 anni (a canoni invariati). Tutte le concessioni, anche quelle affidate tantissimi anni fa senza che sia mai stata fatta una gara (v. emendamenti 386 bis – 386 duodecies, ora recepiti nell’art. 1, commi 675-685 della Legge di Bilancio 2019 ).
Secondo il ministro leghista Centinaio – che ha riconosciuto che “al 99% andremo in infrazione comunitaria” (moto a luogo, povera Patria!) – la direttiva Bolkenstein non si applica al comparto balneare.
I leghisti hanno preso a vessillo di questa “battaglia di libertà” l’ex commissario europeo Fritz Bolkenstein, secondo il quale “ le concessioni balneari sono beni e non servizi” e quindi non sarebbero disciplinate dalla direttiva che porta il suo nome.
In realtà, la direttiva Bolkenstein c’entra poco e niente. Per due motivi.
Il primo è che la Corte di giustizia ha recentemente ribadito che le norme nazionali che prevedono proroghe o rinnovi taciti delle concessioni balneari contrastano con la libertà di circolazione dei servizi e di stabilimento, previsti dai Trattati e non dalla Bolkenstein, e che le concessioni di interesse transforntaliero (quelle più importanti) devono essere affidate con gara pubblica (v. Corte di giustizia dell’Unione europea 14 luglio 2016, cause riunite C-458/14 e C-67/15 Mario).
Secondo, ma molto più importante; è la nostra Costituzione, prima che il diritto europeo, a imporre che l’affidamento delle concessioni debba essere preceduto da un procedimento ad evidenza pubblica. L’affidamento della concessione a Tizio invece che a Caio o a quel canone piuttosto che un altro, o ancora – ma molto più importante – se quel bene è meglio che il Comune lo gestisca da solo o è meglio darlo in concessione a un privato deve risultare da un procedimento amministrativo in cui l’interesse pubblico a preferire una soluzione rispetto a un’altra risulti valutato e ponderato in modo trasparente.
La disciplina nazionale e le prassi seguite finora dalle amministrazioni nazionali sono, ancor prima che anticomunitarie, non in sintonia con il modello costituzionale di gestione della cosa pubblica che si fonda sui principi fondamentali di imparzialità e buon andamento della pubblica amministrazione.
Il provvedimento del Governo giallo verde è piaciuto molto a alle associazioni di categoria ma è davvero una battaglia di libertà nell’interesse dei cittadini ossia una battaglia ‘sovranista’? O è nell’interesse di una parte dei grandi gestori che pagano un canone di 16 mila euro l’anno per la concessione incassando migliaia di euro al giorno (come il noto Twiga beach club della senatrice Santanchè e di Briatore).
Il principio di libertà di stabilimento (e di non discriminazione degli operatori esteri) ribadito dalla sentenza della Corte di Giustizia ha chiaramente un enorme significato “economico” ed è solo un ulteriore tassello di una lunga spoliazione delle ricchezze nazionali a favore del capitale straniero. Ma, è evidente che, in un sistema basato sulla libera circolazione, saranno sempre grossi gruppi d’interessi, nazionali o esteri poco conta, a spartirsi beni e servizi pubblici arricchendosi sulla pelle dei cittadini.
Tuttavia, nessuna norma, né nazionale né europea, impone alle amministrazioni di dare in concessione i beni demaniali. L’amministrazione può sempre decidere di gestire da sola una piaggia o un lido o un lago senza darlo in concessione. Nei procedimenti amministrativi dovrebbe esservi traccia della valutazione svolta dall’amministrazione circa la maggiore convenienza di una gestione privata di questi beni. Questo prevede la Costituzione. Risponde al pubblico interesse che esistano certi tipi di stabilimenti balneari (tipo il Twiga)?
Un sindaco che avesse a cuore l’interesse dei propri cittadini dovrebbe cogliere questa sentenza come una grande opportunità per ripristinare, a legislazione vigente, la legalità costituzionale realizzando, con un solo colpo, gli interessi pubblici a uno sfruttamento meno intensivo dei lidi e delle coste (che non consentono quasi più l’accesso libero) e al perseguimento della piena occupazione, provvedendo in autonomia – cioè senza esternalizzare – con mezzi e maestranze propri allo sfruttamento economico di queste risorse; assumendo manodopera con contratti degni di questo nome.
Gli effetti positivi sarebbero notevoli; i profitti della gestione rimarrebbero nel territorio e non andrebbero ‘all’estero’, ci sarebbe maggiore occupazione, sarebbe perseguibile uno sfruttamento delle risorse rispettoso dell’ambiente e compatibile con il principio sacro che il demanio è di tutti i cittadini. Inoltre, i Comuni avrebbero maggiore liquidità in cassa per rimettere i conti a posto e ricominciare a erogare qualche servizio sociale.
I cittadini avrebbero, verosimilmente, un servizio meno commerciale e consumistico ma più ‘umano’: credo che questo sia l’aspetto più interessante ma è un’opinione personale.
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