Egoismo
La migliore definizione di persona stupida che io conosca la fornisce Carlo M.Cipolla:
"una persona stupida e' una persona che causa un danno ad un'altra persona o gruppo di persone senza nel contempo realizzare alcun vantaggio per se', o addirittura subendo una perdita" [1]
Max Stirner, in tempi in cui l’omologazione liberale era appena abbozzata, ci fornisce il piu' potente antidoto per arrestare sul nascere la stupidita' di cui parla Cipolla: l'egoismo.
"Deciditi a non lasciare piu' vagare il diritto in liberta’: riconducilo alla sua origine, e te, ed esso diventera’ il tuo diritto, e giusto sara’ solo cio’ che ti andra' bene."
L'Unico (ovvero l'individuo) non puo' che essere genuinamente egoista per dare un senso proprio e non riflesso agli accadimenti esistenziali. Ogni interferenza ideologica non puo' che allontanare l'Unico dal suo vero obiettivo. Offrire la propria esistenza ad astrazioni umane come Dio, l'Uomo etc..non puo' che essere causa di confusione: tutto parte dall'Unico e all'Unico deve tornare. Ogni altra strada e' da evitare.
L'egoismo dev'essere corporeo, sensuale, ed ha il compito doloroso ed immane di rifiutare ogni trascendenza ed ideologia come materia tossica che inquina il vero Unico.
Chi trae vantaggi dalla propria posizione ideologica non e' il vero egoista, ma un egoista ideologico, cioe' tutt'altra persona. L'unico vantaggio del vero egoista sta nell'essere stato fedele a se' stesso, ovvero nel mettere a fuoco l'arte dell'impeccabilita'. Che poi e' il fulcro dell'insegnamento di Don Juan nei libri di Castaneda.
Raccogliendo in parte l'eredita' di Epicuro (che metteva in guardia ogni pensatore dall'affidarsi ciecamente ad un credo, in quanto la sensazione e non il ragionamento coglie la verita'), Stirner ci invita a disconoscere le sacre autorita' e ad osservarle dall'alto del nostro impeccabile egoismo, unico e sensato parametro di valutazione.
Mi fermo qui con la noiosa disamina per passare a parlare di un paio di casi che descrivono perfettamente cosa possa significare abbandonare l'impeccabilita' dell'egoista stirneriano per dare retta alla "convenienza" ideologica, finendo cosi' ad infoltire le fila di coloro che, cipollamente parlando, pianificano con scientifica pervicacia le proprie sofferenze mentre causano danni anche agli altri.
Guido Segre era il rampollo di una potente famiglia borghese ebraica che, giovanissimo, divento' il vicedirettore della FIAT. Come tale avrebbe potuto evitare il fronte della Grande Guerra. Invece alla fine del 1915 parti' come interventista volontario guadagnandosi fama ed onorificenze: promosso dapprima capitano e poi maggiore, venne insignito della croce di guerra e della medaglia d'argento al valor militare.
Appena il Partito Fascista si affaccio' sulla scena politica lui si iscrisse e successivamente, grazie anche all'amicizia personale con il duce, venne messo a capo dell'ACAI (Azienda Carboni Italiani), una specie di ENI di allora. Se ce ne fosse stato bisogno, a garantire la sua granitica fede fascista c'era anche Rino Alessi, amico d'infanzia del duce e direttore de Il Piccolo di Trieste, organo della federazione dei fasci. Grazie alla sua oculata amministrazione nel corso del triennio 35-38 l'estrazione del carbone passo' dalle 165 alle 465 tonnellate. Per aumentare ulteriormente tali numeri pianifico' la costruzione di Carbonia, edificata vicinissimo ai pozzi.
Purtroppo per lui nel 1938 venivano varate le leggi razziali. E Segre era ebreo. Ma era piu' che fiducioso che l'amicizia che lo legava al duce l'avrebbe fatto uscire indenne da quella caccia all'untore.
Mica tanto….Carbonia venne inaugurata solennemente nel dicembre del 1938 dal duce in persona. Mancava pero' il suo ideatore, Segre, che a seguito dell'applicazione delle leggi razziali era stato esautorato ed il suo posto a capo dell'ACAI era stato preso dall'avv. Vaselli. [2]
Segre non si capacita: com'e' possibile che io, fascista convinto, interventista, medaglia al valore, subisca quest'onta?
In breve tempo fu allontanato da tutte le cariche, dal prestigio e dal potere fino ad allora acquisito. Invano busso' alla porta di Mussolini, che non si fece piu' trovare. Invano si umilio' davanti al governo del regime fascista e ai suoi vari servitori, arrivando persino a rinunciare al suo cognome, stabilendo per via legale che i figli Etta e Carlo portassero quello della moglie, Melzi. Invano si affido' alle vecchie amicizie influenti come quella, inossidabile, con Rino Alessi. [3]
Nel '43 stava ancora chiedendo in giro di essere spedito al fronte come soldato semplice (onorificenze e gradi militari gli erano stati tolti): voleva ancora essere di aiuto alla causa fascista. Nel tentativo di farsi "arianizzare" ando', con documenti e nomi falsi, in pellegrinaggio a Roma dove per poco non veniva arrestato dalla Gestapo. Trovo' rifugio in Vaticano dove si dice sia morto di infarto quando, poche settimane prima della Liberazione della capitale, le SS bussarono alla porta del convento dove era ospitato chiedendo di lui. Era gia' da qualche tempo ammalato di angina pectoris a seguito delle enormi tensioni che la sua ideologia messa a confronto con la nuda realta' gli aveva causato.
Nelle parole di Max Stirner: "…voi ripetete sempre meccanicamente a voi stessi la domanda che avete sentito porre: 'A che cosa sono chiamato? Che cosa devo fare?' Basta che vi poniate queste domande e vi farete dire e ordinare cio' che dovete fare." [4]
Passiamo al secondo caso, ancora piu' tragico. Si tratta di un parente stretto di Segre, tale Ettore Ovazza: banchiere ebreo, volontario nella Grande Guerra ed uno dei 350 ebrei che parteciparono alla marcia su Roma. Nel '34 fonda il giornale "La Nostra Bandiera", organo di punta dell'ebraismo fascista. Grazie alla sua fede fascista e alle sue competenze fu invitato a partecipare alle attivita' dei Ministeri Economici.
Quando poi il duce comincio' a parlare delle leggi razziali, dal pulpito del suo giornale Ovazza sottolineo' come gli ebrei italiani fossero fascisti veri e come tali dovevano essere considerati a tutti gli effetti.
Purtroppo per lui e tutti gli ebrei le cose precipitarono. Si rifugio' quindi a Gressoney (Val D'Aosta) per tentare di espatriare in Svizzera. Il figlio, purtroppo, nel tentativo di fare da apripista, venne derubato ed ucciso dalla sua guida che poi denuncio' ai tedeschi il luogo in cui si era rifugiato il resto della famiglia.
Il 9 Ottobre 1943 i tedeschi piombarono sugli Ovazza, li arrestarono e li tradussero nei locali della scuola del paese, dove due giorni dopo li uccisero e ne bruciarono i corpi, forse non ancora completamente privi di vita, nella caldaia del termosifone. [5]
"Dei desideri alcuni sono naturali e necessari, altri naturali e non necessari, altri ne' naturali ne' necessari, ma nati solo da vana opinione"– Epicuro
[1] Carlo M. Cipolla "Allegro ma non troppo" pg.58
[2] A. Pennacchi "Fascio e martello" pg.49
[3] http://it.wikipedia.org/wiki/Guido_Segre
[4] M. Stirner "L'Unico e le sue proprieta'" pg.340
[5] De Felice "Storia degli ebrei" pg.466
Molto bello. Anche se a me è sempre sfuggito il valore dell'Unico. Credo che non possa trattarsi di un insegnamento morale – di un valore, oggettivo e assoluto – bensì del suggerimento di una strada da sperimentare. Le mie passioni (gli scacchi, De Andre', la politica, il nuoto, la montagna) erano le passioni di mio padre. Dietro il collo ho sempre portato la sua coscienza, il suo giudizio, nel bene e nel male; quando litigavamo tutti i giorni e quando lo lodavo parlando con amici e conoscenti (spesso le due azioni erano contemporanee). Dei tre amici che verranno al battesimo di mio figlio due giocavano con me nella villa quando frequentavo l'asilo. E nonostante tutto mi spingesse ad allontanarmi dalla mia terra e dalla mia città, continuo a frequentarla e a lavorarci anche se la famiglia risiede altrove. Io sono anche la mia famiglia di origine, la mia terra e i miei amici. Io come unico non esisto. Non sono mai esistito.
Quanto alla passione politica, la mia opinione è che essa è una passione come le altre che si possono avere. Alcuni dedicano gran parte della propria vita ad una squadra di calcio, o al gioco delle carte, o ad allenare il proprio corpo. E magari sacrificano tutto il resto – famiglia, lavoro, anima, patrimonio – per coltivare quella passione. Le idee politiche, se non si collocano ad un grado più alto, non si collocano in un grado più basso. Perciò l'opinione di Stirner mi sembra, appunto, un'opinione personale, degna come tutte le altre – una scelta – non l'espressione di un valore oggettivo.
Infine, gli episodi che narri dimostrano come il fascismo non avesse in sé assolutamente nulla dell'antisemitismo (e ciò è confermato dalle opinioni espresse più volte da Mussolini). Le persone di cui parli erano grandi ingegni, almeno economici. Ma sorte analoga toccò a importanti pensatori, come il filosofo del diritto Giorgio Del Vecchio (si salvò; ma perse la cattedra prima perché ebreo e poi perché era stato fascista) . La loro passione fu autentica come quella di tanti comunisti, che finirono processati dal comunismo sovietico. Né gli uni né gli altri furono ingenui. Oltre ai desideri naturali e necessari, a quelli naturali e non necessari e a quelli nati da una vana opinione, forse vi sono quelli nati da profonda convinzione, che segnano il destino di una vita. Qualche volta va bene. Altre volte va male. Alcune volte doveva andare come è andata. Altre volte è stata fortuna o sfortuna.
Probabilmente è più facile che un comunista sia tradito dai comunisti o un fascista dai fascisti che un anarchico dagli anarchici. Ma questa non è una ragione per essere anarchico, anziché comunista o fascista. Tutto dipende da ciò in cui si crede. Da ciò a cui si dà valore.
Caro Stefano,
ancora una volta cogli nel segno.
La mia intenzione è offrire quadri dalla interpretazione mutipla. Meglio due domande di una risposta. Non è che da questo punto di vista il fascismo sia stato peggio del comunismo dei processi stalinisti che decapitarono i vertici dell'Armata Rossa. Gli episodi che ho citato sono semplicemente piu' vicini a noi, quindi piu' comprensibili, mi auguro.
Sull'ingenuità avrei dei seri dubbi. O sai annusare l'aria che tira, come un autentico cinico (cane) oppure continui ad affidarti alle sovrastrutture mentali che ti obbligano a percorrere la strada fino in fondo.
Personalmente sono molto cinico, nichilista ed egoista. Tutti termini che la cultura imperante disprezza. E non è questione di fortuna o sfortuna, che dipendono dalle circostanze. E' questione di egoismo, ovvero sapere onorare il Sè.
Essere ebrei e ricchi nell'Italia anteguerra poteva significare avere l'opportunità di emigrare e rifarsi una vita (molti lo fecero). Oppure poteva significare non annusare l'aria che tirava e continuare a vivere come se non fosse successo niente, rimettendoci soldi, fama ed affetti. E continuando (come nei due casi citati) a sostenere quel regime che li stava condannando a morte. Qui ha ragione Cipolla.
Seneca aveva sempre sostenuto Nerone anche quando questi uccise sua madre, ma quando arrivò l'ordine imperiale di suicidarsi lo fece senza indugio, scrupolosamente. Almeno lui non si lasciò tradire da false aspettative e affrontò con convinzione il suicidio per dissanguamento. Per quello che cambia….
Sul rapporto tra Unico e radici, credo che la questione non sia stata sollevata da Stirner (nè da Epicuro, per quanto è dato sapere). Le radici sono ciò che sostentano l'albero. Noi umani siamo un po' alberi, e senza radici vaghiamo come fantasmi nella nebbia. Le tue radici, le radici di chiunque donano forza e significato. L'Unico trae la propria egoistica consapevolezza anche dalle radici. La nostra esistenza, lungi dall'essere lineare, ha inizio in un improbabile punto e finisce (attraverso un percorso altamente improbabile) in un altro improbabile punto. Ecco, le radici rendono tutto questo meno improbabile e un po' piu' deterministico. Per quello che vale, s'intende.
Infine i desideri nati da profonda convinzione vanno pesati nella bilancia della Storia. Questa è l'unica inossidabile scure che sa recidere le cose che possono cambiare il baricentro da quelle che non lo cambieranno mai. Si tratta di scremare le intenzioni dai risultati.
La tua risposta è bellissima e complessivamente il mio e il tuo commento hanno piuttosto sollevato due domande che dato una risposta, anche se sullo sfondo forse appaiono due diverse risposte personali: due caratteri (ma primo o poi ti verrò a trovare per scoprire quanto sono diversi!).
Mi soffermo soltanto sull'ultimo punto, non per una negazione, bensì per una precisazione, che in certo senso è un rilancio: "Infine i desideri nati da profonda convinzione vanno pesati nella bilancia della Storia. Questa è l'unica inossidabile scure che sa recidere le cose che possono cambiare il baricentro da quelle che non lo cambieranno mai. Si tratta di scremare le intenzioni dai risultati". Mi sembra che insieme al Che partirono per Cuba circa ottanta compagni e che poco più di una decina giunse viva fino alla vittoria della rivoluzione. I cinici furono coloro che restarono in vita? O fu il caso, in certo senso, a decidere se dovevano restare vivi loro o i compagni che invece morirono? Non c'è il rischio di concludere che i cinici furono coloro che restarono a casa?
Il Che ed i suoi compagni fecero quello che avevano in mente. E ci riuscirono. Questo dice la Storia. Stirner andò in prigione per debiti, ma il suo capolavoro rimane scolpito nella Storia della Filosofia. Proprio come era (egoisticamente) giusto che fosse.
Di quale Caso e di quale Cinismo stai parlando?:)
Caro Tonguessy,
la parola cinismo è davvero scivolosa, come le parole nichilismo ed egoismo. Forse perché designano fenomeni osservabili da due lati contrapposti. O forse perché designano due fenomeni opposti (come il termine "sorte", che designa fortuna e sfortuna). Anche Tino di Cicco è un sostenitore del valore positivo del nichilismo. Perché non scrivi un articolo didascalico relativo al valore positivo del cinismo (non relativo ai cinici, bensì all'universale valore positivo del cinismo)? Chiederò a Tino di scriverne uno didascalico sul valore positivo del nichilismo.