USA vs Cina: Xi Jinping lancia la sfida economica a Trump
di LOOKOUT NEWS (Priscilla Inzerilli)
Dopo il fallimento del Pivot to Asia di Obama, è ripartito dal Forum Economico Mondiale di Davos il confronto tra le due potenze mondiali
È necessario dire no al protezionismo, la globalizzazione non c’entra con gli attuali problemi economici mondiali. Con queste parole il presidente cinese Xi Jinping ha aperto la 46esima edizione del Forum Economico Mondiale, tenutosi nella località di Davos in Svizzera dal 17 al 20 gennaio 2017.
“È vero che la globalizzazione ha creato nuovi problemi, ma questa non è una giustificazione per cancellarla, quanto piuttosto per adattarla alle nuove esigenze”, ha affermato il leader di Pechino facendo un riferimento nemmeno troppo velato all’ondata di populismo e al sentimento anti-globalizzazione che hanno favorito l’elezione del tycoon newyorkese Donald Trump alla Casa Bianca, e all’anti-europeismo nazionalista che ha portato al voto in favore della Brexitnel Regno Unito.
Uno scenario, quello illustrato da Xi Jinping, che delinea un’apparente inversione di ruoli: la Cina come baluardo del libero mercato e l’Occidente chiuso nel proprio protezionismo economico e culturale.
Le critiche della nuova Amministrazione USA a Pechino
Le affermazioni di Xi Jinping, primo presidente cinese a intervenire a un’edizione del Forum Economico Mondiale, giungono in realtà in concomitanza con la notizia di una possibile iniezione di fondi da parte del governo di Pechino in favore del mercato interno. Un fatto che non è sfuggito al segretario del Commercio degli Stati Uniti Wilbur Ross, il quale ha risposto alle “provocazioni” del presidente cinese affermando che una cosa è parlare di libero commercio e una cosa è applicarlo nel concreto. Ross ha poi proposto l’adozione di severe punizioni per quei Paesi, come la Cina – che il segretario americano ha definito “il Paese più protezionista al mondo” – che mettono in atto politiche commerciali “calunniose”, in riferimento alla pratica di manipolare al ribasso il renminbi.
Il discorso di Xi Jinping a Davos
È dunque sul piano diplomatico, più che su quello pratico, che va interpretato lo speech del presidente Xi, del quale è possibile individuare due direttive. Innanzitutto la Cina, presentandosi a Davos come esempio di governance globale “alternativo” agli Stati Uniti – ormai apparentemente votati a politiche protezioniste che Xi ha criticamente definito “una stanza buia che tiene fuori la pioggia e il vento ma anche il sole” – ha lanciato un chiaro messaggio alla World Trade Organization, evidenziando ancora una volta il proprio fermo proposito di far sì che venga riconosciuto alla Cina lo status di economia di mercato vera e propria.
In secondo luogo, appare evidente come Pechino non stia semplicemente cavalcando l’onda delle vicende politiche statunitensi per attaccare diplomaticamente il governo di Washington, ma che stia attuando una vera e propria “strategia” di comunicazione a lungo termine.
La globalizzazione non va abbandonata, ha affermato in sostanza il presidente Xi, ma va semplicemente reinterpretata secondo nuovi canoni. Canoni, sottinteso, che rimandano a una “vision” prettamente cinese.
Ma quali dovrebbero essere le caratteristiche di una globalizzazione di stampo cinese? Al contrario di quanto accaduto con la maggior parte delle Amministrazioni USA, la Cina ha da sempre applicato il principio aureo di non ingerenza negli affari interni degli altri Paesi (secondo il presupposto per il quale ogni Stato – compresa la Cina – ha il diritto di gestire autonomamente i propri affari interni), unitamente alla separazione delle questioni di natura politica da quelle di natura economica: gli affari sono affari, poco importa se l’interlocutore commerciale di turno è un Paese democratico o un regime dittatoriale.
Inoltre, ha dichiarato Xi, “la Cina non è in grado o non intende guidare il mondo nella globalizzazione e confrontarsi con gli Stati Uniti”. Piuttosto, essa potrà “essere la forza più vigorosa nella potente tendenza della globalizzazione”. Che, tra le righe, può essere letto come un invito rivolto a tutte le potenze mondiali a dire addio alle aspirazioni all’egemonismo economico e culturale (che sino a questo momento è stato detenuto dagli Stati Uniti) e ad abbracciare la visione di un nuovo “multipolarismo”, nel quale ogni attore è investito di una co-responsabilità nei confronti delle decisioni politiche ed economiche globali.
Ecco quindi il messaggio finale del presidente Xi Jinping: è la Cina, con la sua nuova “Via della Seta economica” e le sue istituzioni finanziare (come la Asian Infrastructure Investment Bank), e non l’America nazionalista e protezionista, il vero futuro dell’economia globale. “Piaccia o no”, ha sostenuto Xi, “l’economia globale è l’enorme oceano dal quale nessuno può tirarsi fuori completamente”. Parole degne di un novello “grande Timoniere”.
Fonte: http://www.lookoutnews.it/cina-usa-xi-jinping-trump/
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