Federico Caffè: “Il segno dei tempi”
di FEDERICO CAFFÈ
(tratto da “Scritti quotidiani”, pubblicato sul Il Manifesto il 6 novembre 1981)
Paul A. Volker, presidente del Consiglio dei governatori del Sistema della Riserva Federale (che svolge i compiti di Banca centrale negli Stati Uniti d’America), ha affermato in una conferenza all’università Vanderboilt di Nashville, Che nel prossimo futuro sarà necessaria una politica restrittiva, nell’intento di combattere l’inflazione. Vi è necessità di mantenere una disciplina finanziaria, e particolarmente un freno nella creazione di moneta e di credito, come condizione essenziale per fare arretrare l’inflazione e ripristinare la stabilità dei prezzi. È anche necessario perseguire questa condotta in modo convincente, non soltanto per pochi mesi, ma per un prolungato arco di tempo. Per quanto il rallentamento della crescita della moneta e del credito costituisca il fondamento di una politica antinflazionistica che raggiunga il suo scopo, occorrono anche altre misure nella sfera della riduzione del disavanzo pubblico. Tutto questo è tanto più necessario in quanto il 1982 è un anno di importanti rinnovi contrattuali nelle industrie maggiori, il cui comportamento è di esempio per le altre.
Posto che questo, con varianti di scarso rilievo, è il linguaggio dei banchieri centrali, non sarebbe necessario che con pari vigore e con analogo intimo convincimento si affermasse la necessità di combattere e ridurre la disoccupazione? Il punto di vista di Volker coincide con quello che, negli anni 30, fu chiamato ‘il punto di vista del Tesoro’ (britannico), ferocemente ironizzato, ancora nel 1972, dalla combattiva Joan Robinson. Oggi, ciò che spaventa non è il ritorno in auge della ‘saggezza convenzionale’, ma la mancanza di reazioni altrettanto combattive. Vi è una specie di assuefazione all’ovvietà che è uno degli indici di una deprimente involuzione culturale che può contribuire a spiegare (non, ovviamente, a giustificare) l’ampiezza di spazio e di mezzi finanziari che viene dedicato all’effimero.
La retorica patriottarda che induce a fare appello al ‘Piave’ e ad argomenti del genere, in vista della salvezza del paese, porta a ritenere che alle quattro emergenze, ormai divenute luogo comune, se ne devi aggiungere la quinta, costituita dalla (speriamo deliberata) disinformazione economica. Se un riferimento di tipo bellico merita di essere fatto, con riferimento alla lotta contro l’inflazione, esso dovrebbe riguardare la politica seguita nei paesi anglosassoni, durante la seconda guerra mondiale, allorché i sacrifici furono richiesti, ma in forma generalizzata: mediante, cioè, razionamenti e controlli fisici. I discorsi accanto al caminetto, alla Roosevelt, o i moniti alle lacrime e al sangue, cui fece ricorso Churchill, vanno bene allorché tutti sono esposti agli stessi pericoli. Ma con tutte le ‘Mercedes’ in circolazione, con tutto ciò che i mezzi di comunicazione di massa pongono sotto gli occhi di tutti circa il comportamento della classe oziosa, quale eco ci si può attendere, se non quella di una insofferente irritazione, dagli inviti ai sacrifici? Chi va alla ricerca spasmodica di una casa come può non sentirsi beffato dagli inviti a dare il suo contributo alla salvezza della Casa Italia? Non è la politica di sacrifici che viene qui contestata, ma la mancanza di volontà di tradurla in concreto in modo generalizzato e con metodi moderni che rifiuti l’obiezione razzistica che da noi certe cose non si possono fare.
Nei tempi di crisi, il tempo è fattore essenziale per il loro aggravamento o la loro attenuazione. Nel momento attuale il cosiddetto ‘divorzio’ tra il Tesoro e la Banca d’Italia fa bensì comprendere che il Tesoro dovrà finanziarsi a costi ‘di mercato’, ma aumenterà in modo rilevante il peso morto degli interessi sul debito pubblico. Ci sono cose utili, in astratto, che risultano dannose, in quanto fatte a momento inopportuno. Lo sperimentalismo, fatto sulla pelle del Paese, è la più nociva delle politiche. Pure, un muro di conformismo trasforma in alta strategia finanziaria cioè che è una mera, intempestiva, estrosità.
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