Kurz, il vincitore delle elezioni in Austria, ha respinto l’ortodossia UE sulla Brexit
di VOCI DALL’ESTERO (Henry Tougha)
Mentre la stampa si preoccupa soprattutto dell’avanzata della presunta “ultradestra” austriaca (il Partito delle Libertà), confermatasi seconda forza politica, il Telegraph fa un ritratto del principale vincitore delle elezioni, Sebastian Kurz: in pratica un euroscettico, uno che si è sempre espresso fuori dal coro dell’ortodossia europea, esprimendo dubbi sul senso dell’integrazione del blocco UE e rifiutandosi di criticare la Brexit.
di Asa Bennett, 16 ottobre 2017
Sebastian Kurz diventerà presto il più giovane cancelliere che l’Austria abbia avuto, facendo così ben sperare all’irlandese Leo Varadkar di “non essere più il più giovane” capo di governo dell’Unione Europea. I leader europei non riescono a farsi una ragione della giovane età del 31enne Kurz, ma dovrebbero iniziare a preoccuparsi delle sue vedute, dato che presto dovranno iniziare a lavorare con lui.
Kurz ha scalato con rapidità folgorante la carriera politica in Austria, entrando nel governo già nel 2013 come ministro degli esteri, appena 3 mesi dopo la sua elezione in parlamento. Si è subito affermato come un fervente scettico dell’espansione del progetto europeo, e non ha avuto paura di evidenziare i fallimenti di quest’ultimo dopo l’esito del referendum sulla Brexit.
A giugno dello scorso anno, subito dopo il voto sulla Brexit, Kurz ha criticato con veemenza l’élite europea sul modo in cui essa aveva gestito la crisi dei rifugiati. “L’afflusso illimitato di rifugiati e l’incapacità dell’UE di agire ha scosso le fondamenta stesse dell’unione“, ha dichiarato, descrivendo la risposta dell’élite europea come “l’errore più drammatico” della storia della UE. Senza una “rapida trasformazione“, ha ammonito che il blocco di paesi rischia di consumarsi nell’incendio avviato dalla Gran Bretagna.
Alcuni leader europei, come Emmanuel Macron e Jean-Claude Juncker, pensano che la trasformazione debba consistere in una rapida e sempre maggiore integrazione tra gli stati membri dopo che la Gran Bretagna sarà uscita.
Il presidente francese la scorsa settimana ha spiegato allo Spiegel il motivo per il quale pensa che ciò sia necessario. Ha affermato che la UE fino ad ora era stata trattenuta “da una specie di autolesionismo collettivo da parte di quelli che odiano l’Europa e si vogliono ritirare“. Ora, per quanto Macron possa essere fervente nel suo desiderio di spingere per il “più Europa”, si dovrà scontrare con la resistenza del nuovo cancelliere austriaco Kurz.
Anziché derubricare facilmente chi ha votato per la Brexit come autolesionista che odia l’Europa, Kurz ritiene che i leader del blocco continentale debbano prendere seriamente “le paure e le ansietà” degli elettori. A marzo ha dichiarato:
“La Brexit è un punto di svolta nella storia dell’Unione Europea… dobbiamo quindi rafforzare la sussidiarietà. La UE deve ancora una volta ritirarsi dalle questioni minori, che i paesi membri possono gestire molto meglio per conto proprio”.
Kurz vuole tarpare le ali alla UE, ed è stata una voce pragmatica sul tema della Brexit. Michel Barnier crede che qualsiasi ritrosia della Gran Bretagna all’idea di pagare 100 miliardi di sterline per il cosiddetto prezzo del divorzio sarebbe “esplosiva“, e il presidente Juncker ritiene che questo prezzo sia giusto e logico come pagare da bere quando si esce la sera.
Il capo-negoziatore della UE per la Brexit ha tacitamente ammesso di voler inchiodare la Gran Bretagna a questo conto di 100 miliardi, perché se i britannici non pagano per gli impegni presi con la UE allora i restanti stati membri dovranno sborsare di più per riempire il vuoto che essi lasciano.
Ma Kurz è più cauto. Pensa che il blocco dei paesi dovrebbe provare a tagliare le proprie spese (figuratevi!) dopo che la Gran Bretagna sarà uscita, anziché ossessionarsi su come far saltare fuori fino all’ultimo euro.
“Dobbiamo compensare la perdita con il risparmio e con le riforme della UE”, ha dichiarato. “Anziché aumentare le tasse versate dai contribuenti netti dovremmo occuparci di come rendere l’Unione Europea più leggera“.
Il nuovo cancelliere austriaco vuole meno Europa, non più Europa. Ha colto l’importanza e il senso della Brexit, a differenza di altri leader europei che fingono che si possa nascondere come la polvere sotto il tappeto mentre vanno avanti con il loro programma.
Proprio questo mese Kurz ha espresso inquietudine per il modo in cui il blocco di paesi stava conducendo le trattative, avvertendo che la mancanza di progressi apprezzabili potesse culminare in un “grande caos” da entrambe le parti.
I leader europei si incontreranno presto, verso la fine di questa settimana, per fare il punto sulle trattative sulla Brexit, in una riunione dove probabilmente – nel migliore dei casi – permetteranno a Barnier di avviare “preparativi interni” per le trattative sul commercio. Ciò che dovrebbero fare invece è di imparare dai nuovi arrivati come Kurz il costo dei pasticci che provocano con il loro autocompiacimento.
I più anziani e navigati come Angela Merkel potrebbero essere tentati di cooptare Kurz, con un atteggiamento paternalista, dato che egli sarà il più giovane capo di governo della UE. Tuttavia sulla Brexit dovrà essere ascoltato.
L’Austria avrà la presidenza della UE nella seconda metà del 2018, quando le trattative saranno presumibilmente concluse. Per questo motivo Kurz ha un interesse particolare affinché si risolvano con tranquillità – cosa sulla quale non ha fatto mistero.
Theresa May sarà a cena con il presidente Juncker stasera, in un’occasione che spera di utilizzare per superare l’attuale punto morto sulla Brexit.
Tuttavia, Juncker e i suoi colleghi eurocrati sono tutti concentrati su come integrare meglio i paesi restanti senza la Gran Bretagna, anziché soffermarsi su come avere delle relazioni vantaggiose e prospere con essa dopo la Brexit. Quando Juncker si può permettere di dire con la faccia seria che l’euro ha prevenuto la guerra in Europa, è giunto il tempo di mettere in discussione la loro ortodossia.
Kurz può apparire come il nuovo arrivato ai vertici della UE, ma sa cogliere l’importanza dell’uscita della Gran Bretagna. Se i vecchi federalisti di Bruxelles vogliono essere al passo coi tempi, devono imparare da lui.
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