Aggiornamento: Krugman ha pubblicato una risposta fallace a questo articolo. Lui e Nick Rowe hanno letto il tutto secondo l’ottica dei vecchi dibattiti tra monetaristi e keynesiani nei quali si discuteva della scelta dicotomica tra obiettivo di tasso d’interesse e obiettivi in termini di aggregati monetari; la critica monetarista assumeva che i keynesiani avrebbero mantenuto i tassi d’interesse allo stesso livello per sempre, senza modificarli. Una volta che John Taylor propose la sua “regola” [1], tutti concordarono che un obiettivo di tasso d’interesse potesse funzionare.
Ciò di cui stiamo parlando sono tattiche operative: la Banca Centrale può avere come unico obiettivo la scelta di un livello di tasso d’interesse. Non può avere come obiettivo diretto l’ammontare di riserve o la base monetaria. Questo è differente dalla strategia – ovvero, A QUALE LIVELLO la BC pone il suo obiettivo e QUANDO decide di cambiarlo. Non vi è NULLA in ciò che abbia mai affermato, o che sia stato detto da un qualsiasi sostenitore di Paul Krugman, della MMT, ecc., che suggerisca che la BC non possa fissare il proprio obiettivo a qualsiasi livello voglia in qualsiasi momento lo desideri. Il punto è che, a prescindere da quale sia l’obiettivo, QUEL LIVELLO è ciò che le operazioni quotidiane difendono direttamente, non difendono un aggregato monetario, non la base monetaria, non la riserva legale. Non vi è nulla in quanto ho detto che precluderebbe alla BC di adottare una strategia basata sulla regola di Taylor che, ad esempio, risponde in qualsiasi momento endogenamente allo stato dell’economia. Cioè il tasso target è una variabile di controllo esogena (cioè, è necessariamente stabilita dalla BC) che essa fissa endogenamente in risposta agli eventi economici.
Il dibattito tra Paul Krugman ed il mio amico Steve Keen riguardo al modo in cui funzionano le banche (qui, qui, qui e qui) mi ha portato a rivedere una vecchia citazione. Negli anni ’90 avrei usato il libro di Krugman, Peddling Prosperity (1995), nei miei corsi di macroeconomia – livello intermedio, poiché offre una buona visione di ciò che erano i dibattiti di allora sulla teoria macroeconomica e anche sulla critica di Krugman a molte opinioni comuni sulle questioni di politica macroeconomica di quel tempo. Un passaggio proprio alla fine del libro mi è rimasto impresso nella mente: Krugman critica una diffusa opinione riguardo alla produttività e alle politiche commerciali, che era ed è ancora molto influente. Scrive: “Dunque, se senti qualcuno dire qualcosa sulla falsariga di ‘l’America ha bisogno di una maggiore produttività per poter competere nell’economia globale attuale’, non importa chi sia o quanto plausibile appaia. Potrebbe anche indossare un’insegna luminosa al neon che dice: ‘NON SO DI COSA STO PARLANDO’.” (p. 280; enfasi nell’originale).
Nel suo ultimo post di questo dibattito (al quale Keen ha risposto qui), Krugman dimostra che ha un’ottima comprensione del funzionamento del sistema bancario per come è presentato in un testo tradizionale di economia monetaria e bancaria. Sfortunatamente per lui, però, non c’è quasi nulla di realmente corretto in quella descrizione del sistema bancario. Invece di dare una convincente difesa delle proprie posizioni sul sistema bancario, il suo post è sostanzialmente la sua insegna luminosa al neon in cui offre chiara evidenza di “non sapere di cosa sta parlando”.
Andando avanti con la pubblicazione di Krugman, egli scrive: “Ci sono forti negazioni in merito all’affermazione per la quale i prestiti bancari sono limitati dai depositi, o che la base monetaria giochi un qualsiasi ruolo rilevante; le banche, ci dicono, difficilmente detengono riserve (il che è vero), pertanto la creazione o distruzione di riserve da parte della Fed non ha alcun effetto. Questo è completamente sbagliato, e se pensi a come nella tua descrizione si assume che le persone si comportino – invece di impantanarti sull’algebra astratta –, allora dovrebbe essere evidente che è tutto sbagliato”.
Sì, qui sosterrò che le banche, sia singolarmente sia a livello aggregato, non sono limitate dai loro depositi e che la base monetaria non vincola i prestiti bancari, ma la mia argomentazione – anche quella della moneta endogena in generale (MMT, orizzontalisti, circuitisti, ecc.) – non ha niente a che vedere con il fatto che le banche “difficilmente detengono riserve” o meno.
Continua: “Prima di tutto, ogni banca ha effettivamente la necessità di prestare il denaro che riceve in deposito. I funzionari dei prestiti bancari non possono semplicemente emettere assegni dal nulla; al pari dei dipendenti di un qualsiasi intermediario finanziario, devono dapprima comprare asset con i fondi che hanno a disposizione. Spero che questo sia chiaro, nonostante – dato quanto di solito accade quando discutiamo di banche – credo che anche questa affermazioni provocherà sdegno”.
Infatti è sbagliato e questo è indiscutibile. Iniziamo considerando una semplicissima banca, il suo cliente e il piano dei conti di entrambi. La banca crea un prestito e un deposito “dal nulla” e il cliente ha ora una nuova passività (il prestito) e un’attività (il deposito), come mostrato nella figura 1.
Come ben noto, e secondo la logica del sistema di contabilità a partita doppia, la banca effettua un prestito dal nulla – senza la necessità di avere già depositi o riserve. Ma non è proprio questa la posizione che Krugman intendeva sostenere, pertanto andiamo avanti. Krugman continua:
La tipica risposta è del tipo: certo, questo è vero per una singola banca, ma il denaro che le banche prestano finisce con l’essere depositato in altre banche e dunque non vi è un reale vincolo di bilancio sui prestiti bancari e nessun vincolo di riserva che valga la pena menzionare. Suona più così – ma è del tutto sbagliato.
In realtà, non è proprio l’argomentazione che sosterrei. E non la sosterrebbe neppure qualsiasi persona che comprenda la moneta endogena, l’orizzontalismo, il circuito, ecc. Il numero di banche coinvolte non ha niente a che fare con l’argomentazione, che è valida tanto considerando una sola banca quanto considerandone un milione. Dunque, continuiamo.
Krugman: “Sì, un prestito viene normalmente depositato in un’altra banca”.
A dire il vero, non è il prestito ad essere depositato in un’altra banca: un deposito viene depositato in un’altra banca. Il prestito è un asset della banca e un deposito è una passività della banca. Qui comprendiamo proprio le basi dell’importanza di essere chiari sulla contabilità se si desidera comprendere realmente cosa significa che “i prestiti creano i depositi”. Se assumiamo, come nell’esempio di Krugman, che il Cliente 1 prenda il ricavato del prestito e lo depositi, diciamo, nella Banca B, allora avviene quanto indicato nella figura 2:
È un po’ più complicato di quanto diceva Krugman, no? Vediamo passo dopo passo come funziona.
[Come emerge dalla Figura 2] il Cliente 1 ritira il deposito dalla Banca A che è la voce “-Deposito” sul lato Passività/Patrimonio netto della Banca A [cfr Figura 2, schema Liabilities/Equity] e la voce “-Deposito @ Banca A” sul lato dello schema relativo agli Asset del Cliente 1. Poi il Cliente 1 effettua un deposito presso la Banca B, la voce è “+Deposito @ Banca B” sul lato relativo agli Asset del Cliente 1 e la voce “+Deposito” sul lato relativo alle passività della Banca B.
Ma come arriva il deposito dalla Banca A alla Banca B? Assumiamo che ciò sia effettuato per mezzo di un trasferimento elettronico (ovvero, il Cliente 1 chiede alla Banca A di trasferire i fondi dal suo conto corrente presso la Banca A al suo conto corrente presso la Banca B), dal momento che Krugman vuole discutere i prelievi di valuta in seguito. Notate che fino a che le banche sono coinvolte nel processo, ciò equivale a una spesa da parte del Cliente 1 del ricavato del prestito mentre il destinatario della spesa è un altro Cliente che detiene un conto presso la Banca B, in entrambi i casi il deposito viene semplicemente spostato dalla Banca A alla Banca B.
Ipotizziamo ora anche che la Banca A non abbia riserve a disposizione quando ha effettuato il prestito. Come trasferisce le riserve alla Banca B? A quanto pare, la Fed offre uno scoperto per qualsiasi pagamento inviato per cui il saldo del conto della banca diventa negativo – cioè, il pagamento non è mai rifiutato quando arriva ai registri della Fed. La Fed effettua questa operazione in quanto parte della sua obbligo di legge è quello di promuovere la stabilità del sistema dei pagamenti (ci torniamo tra poco). La difficoltà sta nel fatto che la Fed richiede alla Banca A di compensare questo scoperto entro la fine del giorno, cosa che la Banca A molto probabilmente farà nei mercati monetari (come il mercato dei fondi federali, spesso tramite linee di credito prestabilite). Dunque, sul lato Passività/Patrimonio netto del conto della Banca A alla fine mettiamo un “+Prestito contratto” nel mercato monetario per poter coprire lo scoperto.
Notate che sotto il bilancio della Banca A ho mostrato le variazioni totali o nette del bilancio nel suo complesso, che è semplicemente un prestito concesso compensato dal prestito contratto nei mercati monetari nel lato Passività/Patrimonio netto.
Dunque, il prestito è stato effettuato senza che la Banca A abbia avuto necessità di soddisfare i requisiti di riserva obbligatori, senza bisogno di avere riserve prima di erogare il credito e senza necessità di depositi. La Banca A può continuare a effettuare prestiti per sempre in tal maniera senza soddisfare nessuno di questi requisiti? Il punto chiave è comprendere il modello imprenditoriale delle banche, che è quello di guadagnare sulle attività più di quanto sia pagato sulle passività e di detenere l’ammontare di capitale (patrimonio netto) più basso possibile (dal momento che è più costoso delle attività).
Il modo più profittevole di fare ciò è erogare prestiti (che siano ovviamente ripagati, quindi l’analisi del credito è una parte importante di questa attività) che siano compensati da depositi, dal momento che i depositi sono le passività meno costose; i prestiti contratti nei mercati monetari sarebbero generalmente più costosi. Dunque la Banca A, se non è in grado di acquisire depositi, non è operativamente obbligata a effettuare il prestito, ma troverà tale prestito meno profittevole di quanto sarebbe stato se avesse potuto acquisire depositi per ripagare il credito ricevuto.
Se la Banca A desidera un prestito più profittevole ma non è in grado di acquisire depositi, può aumentare il tasso d’interesse richiesto al Cliente 1 e dunque mantenere il differenziale [tra i due tassi], il che potrebbe indurre il Cliente 1 a spostare il proprio affare altrove. Ma la banca può ancora effettuare il prestito. In altre parole, non sono i depositi o le riserve che limitano i prestiti, bensì la scelta della banca di concedere credito in relazione alla redditività percepita di quest’ultimo – che può essere influenzata dalla capacità di ottenere i depositi dopo la concessione del prestito – e anche dalla solvibilità percepita del debitore (qualcuno deve voler prendere in prestito, affinché un prestito possa essere effettuato), nonché da un livello di capitale sufficiente (dato che le autorità di controllo vorranno che la banca possegga un patrimonio a bilanciare il prestito).
Di seguito una digressione sulla Banca Centrale e sul sistema dei pagamenti. Secondo i dati 2011 della Fed, i pagamenti regolati da Fedwire (il principale sistema di regolamento della Fed) ammontavano a una media di 2600 miliardi per giorno lavorativo, ovvero circa il 17% del Pil annuo ogni giorno. Una percentuale significativa di questi pagamenti a loro volta regolava un volume ancora maggiore di transazioni sui sistemi di pagamento netti privati. E gli Stati Uniti non sono un caso unico al riguardo, come ho spiegato qui (vedi la Tabella 1), in altri paesi i pagamenti regolati sui registri della Banca Centrale ammontano a una media per giorno lavorativo che varia da circa un minimo del 10% del valore nominale del Pil annuale a un massimo di oltre il 30%. La Banca Centrale, in quanto monopolista di riserve (dal momento che la quantità aggregata può essere modificata solo tramite variazioni del proprio bilancio), ha l’obbligo di assicurare la stabilità del sistema nazionale di pagamenti. Pertanto tutte le Banche Centrali offrono riserve al proprio sistema bancario su richiesta a un prezzo scelto dalla Banca Centrale stessa.
Non può essere altrimenti. Se la Banca Centrale tentasse di limitare direttamente la quantità di riserve, questo indurrebbe le banche ad aumentare i tassi d’interesse sul mercato interbancario al di sopra del livello target della Banca Centrale fino a quando questa non interviene.
Le Banche Centrali soddisfano la domanda di riserve da parte delle banche al tasso d’interesse target poiché questo significa fissare un tasso d’interesse target. Ancor più importante, dato l’obbligo relativo ai sistemi di pagamento, non possono far altro che fissare un tasso d’interesse target, almeno in termini di obiettivo operativo sul quale agire direttamente.
Cosa significa nel contesto attuale? Significa semplicemente che non vi è limite alla quantità di riserve che la Banca Centrale offrirà e, pertanto, non vi sono vincoli di riserve alla capacità di una banca o del sistema bancario di creare prestiti. Le Banche Centrali sono sempre pronte a offrire riserve a un determinato prezzo. Possono aggiustare questo prezzo verso l’alto o verso il basso, se preoccupate dell’espansione del credito o degli aggregati monetari, e questo aumento del prezzo può essere trasferito su coloro che prendono in prestito che potrebbero non volerlo fare più. Ma questo significa che la maniera in cui la Banca Centrale controlla l’eccesso di espansione del credito è indiretta, attraverso il suo tasso d’interesse target, non attraverso il controllo diretto della quantità di riserve.
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