Padroni dell'universo e sovranità dei popoli: il caso BlackRock
In merito al controllo dell'attuale economia mondializzata, abbiamo scritto di recente che esso si sviluppa a partire da grandi centri finanziari – un'espressione questa che, se non spiegata in modo concreto, rischia suggerire al comune cittadino l'immagine di oscuri burattinai che tirano i fili delle speculazioni che ogni giorno spostano per il mondo migliaia di miliardi, distruggendo in pochi secondi, come accaduto anche nella Borsa italiana nelle ultime settimane, la ricchezza prodotta col lavoro di popoli interi. In realtà, il solo vantaggio di oggi è che queste forze si mostrano con estrema evidenza, per cui basta applicarsi con attenzione per comprendere come esse operano in concreto.
Da questa posizione privilegiata, l'azione di BlackRock non ha più conosciuto confini. Oggi la società di gestione patrimoniale statunitense è divenuta, ad esempio, la principale azionista della borsa tedesca (che di recente si è fusa proprio con quella di New York) e controlla quote azionarie delle principali aziende della Germania: Adidas, Allianza, Basf, Deutsche Bank, le industrie farmaceutiche Merck, il produttore di materiali edili HeidelbergCement, solo per fare qualche nome. Lo stesso è avvenuto anche altrove, come in Italia, a seguito di una delle più importanti operazioni sviluppate da BlackRock, la fusione con Barclays Global Investor, rilevata da BlackRock nell'estate 2009 per 13,5 miliardi di dollari. Questa operazione, alla quale hanno partecipato con 2,8 miliardi di dollari anche i fondi sovrani, si noti, di Cina (Cic) e Kuwait (Kia), il super gestore Usa ha ora in portafoglio fra l'altro il 2,7% di Eni, il 3,8% di Unicredit (dal 2,2% della sola Barclays), il 3% di Enel, Intesa Sanpaolo, Mediobanca e Ubi (rispetto a quote Barclays pari al 2%), il 2,9% di Generali (dal 2%) e di Fonsai, il 2,8% di Telecom e di Bulgari, il 5,8% di Mediaset (prima era sotto il 5% e diventa così il secondo socio dopo Fininvest), il 2,7% di Fiat, il 2,2% di Atlantia e di Finmeccanica, il 3,5% di Banco Popolare (dal 2%), il 2% di Terna (2).
In una recente occasione (3), abbiamo già visto infatti che BlackRock detiene quote azionarie anche delle maggiori agenzie di rating, come Moody's e Standard&Poor's, agenzie che hanno acquisito il potere, da una parte, di valutare l'affidabilità di banche e Stati, ma, dall'altra, anche degli stessi prodotti che BlackRock controlla e offre ai suoi clienti, senza che questo abbia dato finora luogo a nessun tipo di reazione politica.
Non può sorprenderci, quindi, che la società americana abbia acquistato in tal modo anche un peso politico senza pari, dal momento che le stesse autorità di governo si sono rivolte a lei nei momenti più drammatici della crisi attuale: nel marzo del 2008, ad esempio, quando è stato deciso il salvataggio della Bear Stearns, l'allora responsabile della Federal Reserve, Tim Geithner, ha chiesto alla BlackRock un rapporto sull'esposizione dell'istituto di credito rispetto ai famigerati subprime, i titoli legati ai mutui ipotecari spazzatura; lo stesso è avvenuto poco dopo, quando il governo Usa ha affidato a BlackRock il compito di gestire i titoli spazzatura di Aig, il colosso assicurativo di cui era in corso un affannoso salvataggio. Ma non basta: riportavamo infatti, nello studio che Clarissa ha dedicato nel 2008 alla crisi dei mutui, un'altra rilevante notizia sul ruolo della BlackRock:
"Come se non bastasse, e questo forse dà anche l'idea della gravità della crisi in atto, si sta provvedendo anche diversamente, attraverso la creazione di "superfondi": abbiamo notizia di uno negli Stati Uniti ed uno in Francia. J.P. Morgan, Bank of America, Citygroup intendono costituire un superfondo da 50-60 miliardi di dollari, rilevando l'attivo di alcuni dei veicoli di investimento creati dalle banche (SIV). Si tratta di creare una sorta di Super-SIV (fonte: International Herald Tribune, 15 ottobre 2007), denominato Master Liquidity Enhance Conduit e gestito dalla società di investimenti BlackRock. Un fondo di cui sarebbe ispiratore addirittura il segretario del Tesoro Usa, Hank Paulson, già CEO di Goldman Sachs"(4).
"Dopo lo scoppio della crisi, non c'è stata operazione di salvataggio a cui Fink non abbia preso parte. Agli interventi per la Bear Stearns e per l'Aig sono seguiti altri: la BlackRock ha assistito la Federal Reserve nelle sue transazioni miliardarie con i titoli legati ai mutui ipotecari e le ha offerto una consulenza per l'ingresso nel capitale della banca Citigroup. I suoi esperti sono stati assoldati anche per esaminare i conti dei colossi ipotecari Fannie Mac e Freddie Mac. L'azienda inoltre ha ottenuto molti contratti di consulenza con lo Stato senza che fosse indetta una gara pubblica"(5).
Oggi, le attività di consulenza, che ancora nel 2006 rappresentavano solo una parte insignificante delle attività di BlackRock, contano per oltre il 20% del suo fatturato e hanno portato alla creazione di sofisticati servizi informativi come il sistema Aladdin, un centro di calcolo composto da cinquemila computer dislocati in quattro località segrete che eseguono circa duecento milioni di operazioni alla settimana, per conto di una rete di 40 clienti principali, che calcolano "ogni giorno, ogni minuto e a volte anche ogni secondo il valore delle azioni, delle obbligazioni, delle monete e dei titoli di credito contenuti nei portafogli d'investimento", allo scopo di prevedere "come potrebbero variare i prezzi dei titoli se dovesse cambiare il contesto". Secondo quanto ha dichiarato a Die Zeit, Rob Goldstein, il "custode di Aladdin", "la nostra attenzione diviene quasi maniacale quando bisogna conoscere nel dettaglio ogni singolo strumento e poi fari un'idea dell'intero portafoglio. È una specie di risonanza magnetica, a cui sottoponiamo i portafogli di tutti gli investitori"(6).
Su questa via, per BlackRock si sta aprendo anche una nuova tipologia di servizio che rappresenta la logica estensione del potere politico acquisito da questi masters of the universe finanziari, grazie al fatto che sono divenuti tali proprio in quanto, come abbiamo visto, dispongono di risorse finanziarie pari a quelle delle maggiori potenze industriali del pianeta, sono quelli che potremmo definire degli Stati finanziari totalmente indipendenti.
Senza entrare in un'analisi eccessivamente tecnica, che potrebbe scoraggiare il lettore, basterà dire che l'indice di BlackRock prende in considerazione sedici indicatori, raggruppati in cinque aree principali, a ognuna delle quali è assegnato un peso percentuale: spazio fiscale (che conta per il 40%), posizione finanziaria esterna (20%), salute del settore finanziario (30%), volontà di pagare (10%). La ponderazione di questi elementi determina appunto la "graduatoria finale" dell'indice, dalla quale apprendiamo, ad esempio, che l'Italia si trova, come livello di rischio del proprio debito pubblico, ad essere ad un livello superiore a India, Sud Africa, Messico, Turchia, Spagna, Argentina, Irlanda, Ungheria; e a stare meglio solo rispetto a Egitto, Venezuela, Portogallo e Grecia.
Lasciamo volentieri agli specialisti finanziari la valutazione della validità delle diciassette righe dedicate al caso Italia, sufficienti nel rapporto a concludere che "crediamo che l'Italia è forse un caso in cui i mercati sono troppo ottimisti in merito al suo rischio sovrano e dovrebbero essere più propensi ad assumere posizioni difensive": esse, unite alle contemporanee uscite della previsione di Moody's e Standard&Poor's, di cui ricordiamo la stessa BlackRock è azionista, hanno avuto sicuramente effetto nell'indirizzare l'attacco della speculazione sulla Borsa di Milano, vista l'ampiezza e autorevolezza dei patrimoni finanziari che questo gestore amministra a livello mondiale.
Al di là del fatto che questo tipo di analisi abbia un valore "scientifico" e che indici di questo tipo siano davvero affidabili, la questione di fondo che si pone ad un Paese sovrano è quella del rapporto con forze della finanza mondiale le cui capacità eccedono quelle produttive dello stesso Paese e che sono con ogni evidenza in grado di condizionarne, dall'esterno e dall'interno, le scelte sul piano socio-economico, sulla base di una pura logica di profitto, non soggetta in alcun modo al controllo ed alla valutazione da parte dei popoli che compongono queste comunità. In questo senso, dunque, parlavamo di schiavitù del debito, come soggezione, appunto, delle nostre comunità nazionali ad entità che sfuggono a qualsiasi controllo democratico, pur avendo il potere di influenzare scelte fondamentali, come quelle di un modello di organizzazione sociale ed economica.
Il fatto che lo scorso 12 luglio il commissario europeo della concorrenza Joaquin Almunia abbia affermato (7) che non esistono elementi per avviare un'azione dell'antitrust europeo contro le agenzie di rating ("non vediamo finora la possibilità di reagire contro questo oligopolio"), dimostra che nemmeno un'entità politico-economica del livello dell'Unione Europea ha le idee e il coraggio necessari per individuare e percorrere nuove vie, che sottraggano i nostri popoli alla presa di poteri mondiali che stanno riconfigurando la stessa democrazia politica così come essa è stata pensata e attuata fino ad oggi.
1) H. Buchter, "L'astro nascente di Wall Street", Die Zeit, in Internazionale, n. 899, 27 maggio 2011.
2) S. Bocconi, "Se BlackRock importa i fondi sovrani a Piazza Affari", Corriere della Sera, 11 dicembre 2009.
3) G. Colonna, "Come si conquista un paese: l'attacco della finanza internazionale all'Italia",
http://www.clarissa.it/ultimora_nuovo_int.php?id=146
4) Intervento "Crisi dei mutui e finanza mondiale", conferenza del 14 dicembre 2007; testo scaricabile su http://www.clarissa.it/editoriale_int.php?id=207&tema=Conferenze
5) H. Butcher, cit.
6) Ivi.
7) "Almunia: dalle agenzie nessun abusto sull'antitrust", Il Sole 24 Ore, 13 luglio 2011.
Tratto da: http://www.clarissa.it/editoriale_int.php?id=301&tema=Economia
Mano a mano che ci si addentra nei meandri della finanza, si tende a restare affascinati da essa, quasi come ipnotizzati, si smette di ragionare in termini assoluti e si inizia a pensare in termini finanziari, cosa sia corretto e cosa no.
Ecco allora che si giunge all’assurdo in cui la finanza condiziona l’economia reale.
Tornando allo scopo per cui nacque la finanza,ed i mercati finanziari, ovvero fornire i capitali all’economia reale per poter creare quei centri produttivi che avrebbero sfornato i beni atti a dare il benessere alle popolazioni e dar loro la possibilità di operare finanziando l’intero ciclo che inizia dalle materie prime e porta i beni al cliente finale.
Pertanto la finanza è nata come supporto all’economia reale, e come tale ha operato agli inizi della propria vita.
L’errore è stato quello di ripagare i capitali con una parte troppo grande rispetto a cosa è stato ripagato il lavoro, ovviamente a carico dell’utente finale che in maggior parte è proprio quello che in un modo o nell’altro fornisce il lavoro.
Ecco dove lo stato ( gli stati) hanno fallito, e non sto qui ad analizzarne le cause, permettendo cioè alla finanza di crescere, e superare addirittura il valore di tutto quanto viene prodotto.
Si valuta che il valore degli attivi finanziari mondiali siano circa 10 volte il prodotto lordo mondiale, il che significa che per ogni pagnotta di pane ci sono in circolazione valori per un ammontare 10 volte il suo attuale prezzo. E così l’ora lavorata viene ripagata un decimo di cosa dovrebbe esserlo, sulla base dei mezzi globalmente circolanti.
Soluzione ? Una analisi approfondita delle cause e delle carenze che hanno portato in vita questo mostro che minaccia tutte le popolazioni del globo, leggi ad hoc per impedire che si ricrei e default totale di ogni credito, in ogni paese.
Solo con una azione di questo genere, si potrà pensare di ridare una speranza di vita all’umanità.
Vorrei far notare come fino ad ora, io abbia ragionato in termini di correttezza finanziaria, considerando l’onorare i debiti come punto d’onore.
E questo sarebbe vero se i crediti fossero generati da autentico sacrificio, ovvero accantonamento di ricchezza che avrebbe potuto invece esser trasformata in godimento immediato di beni e servizi.
Purtroppo l’eccesso di risorse destinate alla formazione dei capitali, ne hanno stravolto il significato, derubando milioni di persone del loro diritto alla loro parte di felicità e serenità, e pertanto non vedo più alternativa ad una soluzione drastica del problema, prima che esso ci annichilisca tutti, o quasi.
Andrea.Mensa
Non mi sembra che il mondo della grande finanza possa realmente affascinare. Ciò che ha sempre affascinato è stata la speranza perenne di arricchirsi senza faticare. Nel passato le dimensioni e il ruolo delle centrali finanziarie erano più contenuti. Ora sono fuori controllo.
E' rimasta in noi la mentalità che i soldi possono generare soldi e anche le grandi società preferiscono utilizzare i risultati dell'accumulazione ottenuta in attività finanziarie che con un po' di fortuna e di savoir faire permettono di drenare verso di sè le ricchezze altre: di persone, gruppi, società e Stati, grazie al consolidato sistema del debito. Questo viene denunciato ormai da da molti ma i governi non sanno o non vogliono invertire la rotta.
A proposito del debito pregresso mi sembrano sbagliati sia i suggerimenti di coloro che dicono che i debiti vanno comunque e sempre onorati, sia che è meglio il défault e azzerarli, danneggiando i creditori cattivi.
Mi sembrava interessante la proposta di Loretta Napoleoni che propone di suddividere il debito: quello interno con i privati che andrebbe onorato e il debito con l'estero. Personalmente ho una teoria astrusa, sulla quale torno a meditare, che presuppone la suddivisione del debito in tre parti che andrebbero, secondo me, governate diversamente: quello interno, quello intracomunitario e quello estero vero e proprio, che comprende i debiti con i paesi extra-europei e il FMI.
Saluti
Caro Andrea,
distinguerei il debito privato dal debito pubblico. Il debito privato è stato contratto per acquistare beni indispensabili, come la prima casa, o del tutto rinunciabili, come il motorino nuovo e alla moda al figlio o l'autovettura nuova quando la vecchia ancora camminava.
Il debito privato va pagato. Sarebbe assurdo arricchire gli indebitati, lasciando ad essi la casa, l'autovettura e il motorino e cancellando i debiti, rispetto a chi non si è indebitato (che si troverebbe senza debiti ma senza macchina o motorino nuovi e ultimo modello).
In futuro, attraverso norme specifiche che limitano l'indebitamento per consumi (30% del reddito o della rendite, compreso il quinto dello stipendio; 40% del reddito o delle rendite complessive per una famiglia) che separano banche d'affari da banche commerciali (se vai a depositare denaro o a prelevare, ai funzionari della banca deve essere vietato proporti un investimento; chi vuole investire va spontaneamente presso una banca d'affari e firma una clausola secondo la quale è consapevole del conflitto di interessi e investe a suo rischio e pericolo che la banca lo sta ingannando!; le banche d'affari potranno investire un numero limitatissimo di denaro rispetto ad ora; ecc. ecc.) il debito per finanziare il consumo dovrà essere fortemente disincentivato.
Sul debito pubblico sono d'accordo con la proposta di Loretta Napoleoni, riportata da Daniela. Non credo, invece, che noi abbiamo interesse a trattare diversamente dal debito estero il debito con gli stati europei. Al più è la Germania che ha questo interesse. Sono ormai 20 anni che noi agiamo nell'interesse della germania. Credo che sia ora di smetterla. Ognuno ha le sue caratteristiche, volontà, storia, qualità e difetti. La Germania faccia la germania. Noi siamo l'Italia. Un paese che orgogliosamente deve considerarsi più un Iraq del nord che non una Germania del sud e piano piano lottare contro i propri limiti, mantenendo i pregi.