Padroni dell'universo e sovranità dei popoli: il caso BlackRock

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  1. andrea.mensa ha detto:

    Mano a mano che ci si addentra nei meandri della finanza, si tende a restare affascinati da essa, quasi come ipnotizzati, si smette di ragionare in termini assoluti e si inizia a pensare in termini finanziari, cosa sia corretto e cosa no.
    Ecco allora che si giunge all’assurdo in cui la finanza condiziona l’economia reale.
    Tornando allo scopo per cui nacque la finanza,ed i mercati finanziari, ovvero fornire i capitali all’economia reale per poter creare quei centri produttivi che avrebbero sfornato i beni atti a dare il benessere alle popolazioni e dar loro la possibilità di operare finanziando l’intero ciclo che inizia dalle materie prime e porta i beni al cliente finale.
    Pertanto la finanza è nata come supporto all’economia reale, e come tale ha operato agli inizi della propria vita.
    L’errore è stato quello di ripagare i capitali con una parte troppo grande rispetto a cosa è stato ripagato il lavoro, ovviamente a carico dell’utente finale che in maggior parte è proprio quello che in un modo o nell’altro fornisce il lavoro.
    Ecco dove lo stato ( gli stati) hanno fallito, e non sto qui ad analizzarne le cause, permettendo cioè alla finanza di crescere, e superare addirittura il valore di tutto quanto viene prodotto.
    Si valuta che il valore degli attivi finanziari mondiali siano circa 10 volte il prodotto lordo mondiale, il che significa che per ogni pagnotta di pane ci sono in circolazione valori per un ammontare 10 volte il suo attuale prezzo. E così l’ora lavorata viene ripagata un decimo di cosa dovrebbe esserlo, sulla base dei mezzi globalmente circolanti.
    Soluzione ? Una analisi approfondita delle cause e delle carenze che hanno portato in vita questo mostro che minaccia  tutte le popolazioni del globo, leggi ad hoc per impedire che si ricrei e default  totale di ogni credito, in ogni paese.
    Solo con una azione di questo genere, si potrà pensare di ridare una speranza di vita all’umanità.
    Vorrei far notare come fino ad ora, io abbia ragionato in termini di correttezza finanziaria, considerando l’onorare i debiti come punto d’onore.
    E questo sarebbe vero se i crediti fossero generati da autentico sacrificio, ovvero accantonamento di ricchezza che avrebbe potuto invece esser trasformata in godimento immediato di beni e servizi.
    Purtroppo l’eccesso di risorse destinate alla formazione dei capitali, ne hanno stravolto il significato, derubando milioni di persone del loro diritto alla loro parte di felicità e serenità, e pertanto non vedo più alternativa ad una soluzione drastica del problema, prima che esso ci annichilisca tutti, o quasi.
    Andrea.Mensa

  2. Daniela ha detto:

    Non mi sembra che il mondo della grande finanza possa realmente affascinare. Ciò che ha sempre affascinato è stata la speranza perenne di arricchirsi senza faticare. Nel passato le dimensioni e il ruolo delle centrali finanziarie erano più contenuti. Ora sono fuori controllo.
    E' rimasta in noi la mentalità che i soldi possono generare soldi e anche le grandi società preferiscono utilizzare i risultati dell'accumulazione ottenuta in attività finanziarie che con un po' di fortuna e di savoir faire permettono di drenare verso di sè le ricchezze altre: di persone, gruppi, società e Stati, grazie al consolidato sistema del debito. Questo viene denunciato ormai da da molti ma i governi non sanno o non vogliono invertire la rotta.
    A proposito del debito pregresso mi sembrano sbagliati sia i suggerimenti di coloro che dicono che i debiti vanno comunque e sempre onorati, sia che è meglio il défault e azzerarli, danneggiando i creditori cattivi.
    Mi sembrava interessante la proposta di Loretta Napoleoni che propone di suddividere il debito: quello interno con i privati che andrebbe onorato e il debito con l'estero. Personalmente ho una teoria astrusa, sulla quale torno a meditare, che presuppone la suddivisione del debito in tre parti che andrebbero, secondo me, governate diversamente: quello interno, quello intracomunitario e quello estero vero e proprio, che comprende i debiti con i paesi extra-europei e il FMI.
    Saluti

  3. stefano.dandrea ha detto:

    Caro Andrea,

    distinguerei il debito privato dal debito pubblico. Il debito privato è stato contratto per acquistare beni indispensabili, come la prima casa, o del tutto rinunciabili, come il motorino nuovo e alla moda al figlio o l'autovettura nuova quando la vecchia ancora camminava.

    Il debito privato va pagato. Sarebbe assurdo arricchire gli indebitati, lasciando ad essi la casa, l'autovettura e il motorino e cancellando i debiti, rispetto a chi non si è indebitato (che si troverebbe senza debiti ma senza macchina o motorino nuovi e ultimo modello).

    In futuro, attraverso norme specifiche che limitano l'indebitamento per consumi (30% del reddito o della rendite, compreso il quinto dello stipendio; 40% del reddito o delle rendite complessive per una famiglia) che separano banche d'affari da banche commerciali (se vai a depositare denaro o a prelevare, ai funzionari della banca deve essere vietato proporti un investimento; chi vuole investire va spontaneamente presso una banca d'affari e firma una clausola secondo la quale è consapevole del conflitto di interessi e investe a suo rischio e pericolo che la banca lo sta ingannando!; le banche d'affari potranno investire un numero limitatissimo di denaro rispetto ad ora; ecc. ecc.) il debito per finanziare il consumo dovrà essere fortemente disincentivato.

    Sul debito pubblico sono d'accordo con la proposta di Loretta Napoleoni, riportata da Daniela. Non credo, invece, che noi abbiamo interesse a trattare diversamente dal debito estero il debito con gli stati europei. Al più è la Germania che ha questo interesse. Sono ormai 20 anni che noi agiamo nell'interesse della germania. Credo che sia ora di smetterla. Ognuno ha le sue caratteristiche, volontà, storia, qualità e difetti. La Germania faccia la germania. Noi siamo l'Italia. Un paese che orgogliosamente deve considerarsi più un Iraq del nord che non una Germania del sud e piano piano lottare contro i propri limiti, mantenendo i pregi.

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