La quota 100? Solo il 60-70% dei lavoratori interessati andrà in pensione beneficiando della nuova normativa. Il “tiraggio”, insomma, sarà inferiore alle attese della prima ora. Questo almeno è l’auspicio del governo, secondo quanto riferito al Corriere della Sera dal sottosegretario al Lavoro Claudio Durigon. L’esecutivo spera così di risparmiare almeno due miliardi di euro, che potrebbero servire ad abbassare il deficit nel caso le cose si dovessero mettere male.
Com’è noto per la quota 100 (con 38 anni di contributi versati e 62 anni di età come soglia minima) sono stati stanziati sette miliardi di euro. Ma qualcosa potrebbe rimanere nelle casse dello Stato. “Quella misura nei fatti costerà meno del previsto – dice Durigon -, perché non tutti i 400 mila lavoratori interessati” la utilizzeranno. Dalle prime stime, insiste il leghista, “è ragionevole che con il blocco del cumulo solo il 60-70% degli interessati andrà in pensione, vuol dire che la misura costerà 2 miliardi in meno”.
Pensioni, le stime dell’esecutivo
In sostanza l’introduzione del divieto di cumulo (ovvero l’impossibilità di fare lavori extra per arrotondare la pensione) potrebbe convincere molti futuri pensionati a lavorare ancora qualche anno. Anche perché chi deciderà di usufruire della quota 100 riceverà giocoforza un assegno più basso rispetto all’importo a cui avrebbe diritto andando in pensione a 67 anni. La platea dei beneficiari reali dovrebbe essere pertanto compresa tra i 240mila e i 280mila lavoratori. Questo ovviamente stando a quanto dichiarato dal sottosegretario. Ma le dichiarazioni di Durigon, sia detto per inciso, potrebbero anche servire rassicurare gli investitori internazionali che a consuntivo il deficit sarà inferiore alle attese. Si tratta di una ipotesi piuttosto improbabile, ma tant’è.
Le incognite sulla riforma previdenziale
Ciò però vorrebbe dire che anche i posti di lavoro che il governo sperava di liberare per far ripartire l’economia (questa è la tesi dell’esecutivo) saranno in numero inferiore. Ad ogni modo sul destino della riforma (la cui approvazione è ad oggi tutt’altro che scontata) pesa come un macigno l’incertezza sui mercati internazionali, nonché la possibile bocciatura dell’Ue. Per ora il governo appare deciso a tenere la barra dritta, ma qualche crepa nella maggioranza inizia ad esserci.
Pensioni, il governo ha un piano B?
Ieri, in un’intervista al Messaggero, il plenipotenziario della Lega Giancarlo Giorgetti ha affermato che “il 2,4% è un tetto massimo per tutte le misure” contenute nella manovra, “ma non è detto che questo accada perché potrebbero esserci delle difficoltà anche operative”. A giudizio di Giorgetti “il ministro dell’Economia deve avere anche la possibilità di calibrare i flussi di uscita e, come ha detto il ministro Savona, fare il punto trimestralmente o anche in tempi più ristretti. Siamo gente responsabile e faremo le cose responsabilmente, Non possiamo tenere sempre il piede sull’acceleratore. Se vediamo una curva dovremmo frenare e scalare di marcia e poi accelerare”.
Che tradotto vuol dire: se le cose si mettono male, possiamo anche cambiare strada in corsa.
Pensioni e reddito, i dubbi sulla manovra
Un’ipotesi a cui non crede l’economista Mario Seminerio, che sul suo blog scrive:
“Provate ad immaginare: ad un certo punto, tra qualche settimana o mese, la congiuntura rallenta; la disoccupazione aumenta, il Pil flette. Il gettito fiscale, di conseguenza, cala e le spese per disoccupazione ed altri sussidi aumentano. Il deficit, quindi, aumenta spontaneamente. Davvero Giorgetti, Savona e gli altri pensano che, in sede di ‘revisione trimestrale’, a quel punto verrebbero bloccati i provvedimenti della legge di Bilancio, per non farlo crescere oltre?
‘Ehi, c’è recessione! Presto, bloccate il reddito di cittadinanza, le pensioni di anzianità e gli investimenti, altrimenti il deficit-Pil arriva al 5%!”‘.
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