Costanzo Preve interviene sull'Assemblea nazionale "Fuori dall'euro! Fuori dal debito!"
Costanzo Preve, con un articolo che pubblichiamo, intitolato "De-globalizzazione" e recupero della sovranità nazionale, è intervenuto a proposito dell'assemblea nazionale convocata a Chianciano sul tema Fuori dall'euro! Fuori dal debito!
Sono stato tra i copromotori dell'iniziativa – ma soltanto sotto il profilo delle idee; l'organizzazione è merito escusivo degli amici di Rivoluzione Democratica; perciò mi sento toccato in prima persona dalle osservazioni che il filosofo torinese ha svolto, sia pure riferendosi esclusivamente ad altri promotori.
Se in passato Preve, per pura (mia) fortuna, si è trovato casualmente a sbirciare tra le pagine di Appello al Popolo, saprà che le mie idee non sono molto lontane dalle sue. Parlo delle idee sul che fare, naturalmente. Non delle idee sull'organizzazione dell'assemblea e sulla scelta dei relatori. Sul punto il dissenso è assoluto.
Comunque, le mie idee le ho espresse, in forma sintetica, anche in un contributo pubblicato su Comunismo e comunità – Note per un programma di politica economica e morale -, nonché in un altro che avevo inserito nel sito di Comunismo e Comunità (mi era stata data la chiave di accesso da amici che mi stimano) e che, per ragioni che non so, non è stato mai pubblicato: Gli anticapitalisti, le nazioni e l'internazionalismo.
Alcuni improrogabili impegni professionali mi impediscono di scrivere una replica immediata, la quale dovrebbe essere sufficientemente articolata ed analitica. Pertanto pubblico il contributo di Preve e rinvio alla prossima settimana, forse addirittura al prossimo fine settimana, la mia replica (SD'A).
"DE-GLOBALIZZAZIONE" E RECUPERO DELLA SOVRANITA' NAZIONALE
di Costanzo Preve
1. Un’organizzazione denominata Rivoluzione Democratica (cfr. sollevazione.blogspot.com) ha convocato a Chianciano per il 22 e 23 ottobre 2011 un incontro nazionale con parola d’ordine: Fuori dal debito! Fuori dall’Euro! Voglio qui riportare il mio contributo (sia pure non richiesto), data l’importanza del tema in questione.
2. Le possibilità concrete di ottenere a breve ed a media scadenza questi due obbiettivi (che condivido nell’essenzialità) sono pressoché nulle. E dicendo nulle intendo proprio dire nulle. In una simile situazione, non potendoci aspettare risultati anche solo parziali a scadenza ragionevole, è il come si devono impostare le rivendicazioni che diventa decisivo. Se esse infatti si impostano male o in modo inappropriato, presto o tardi se ne avranno le conseguenze. Farò fra poco il grottesco esempio del Movimento detto No Global, partito un decennio fa con grandi speranze e finito nel nulla e nel ridicolo. Le cause di questo esito poco glorioso devono essere approfondite.
3. Il settembre 2011 l’Unione Sindacale di Base (USB) è sfilata a Roma con rivendicazioni qualitativamente diverse da quelle della CGIL, Di Pietro, di Vendola, di Bersani e della stessa FIOM. E’ stato posto il problema della cancellazione del debito e della uscita dall’eurozona. Si tratta pur sempre di un’organizzazione che rivendica di avere circa 250.000 membri, e quindi di una forza piccola, ma reale. Si tratta di una relativa novità nella scena politica italiana, in cui l’Unione Europea è fino ad oggi rimasta un feticcio intoccabile, dall’estrema destra all’estrema sinistra “visibili”.
4. Nel numero di settembre 2011 di “Le Monde Diplomatique” (edizione italiana) è uscito un fondamentale articolo dell’economista francese Frèdèric Lordon intitolato “La deglobalizzazione ed i suoi nemici”. Questo testo è importante, perché pone con chiarezza i problemi fondamentali. Rimandando ad esso il lettore, ne svolgerò con autonomia un mio commento personale.
5. Così come la imposta Lordon (e la intendo io) la de globalizzazione non ha nulla a che vedere, e non è quindi una ripresa, di ciò che per un decennio è stato chiamato Movimento No Global. La debolezza strategica del Movimento No Global era di non essere affatto no global (al di là dei riti pittoreschi di piazza, dai lamenti pecoreschi ritmati alle simulazioni del black bloc), ma di essere un movimento no global di estrema sinistra, e cioè una caricatura ultra-global. La stragrande maggioranza delle sue rivendicazioni (per non cadere nell’autarchia, nel protezionismo, nello stato nazionale, eccetera, tutte cose viste a priori come di “ultradestra”) erano ricavate da una radicalizzazione di ultra-sinistra del paradigma neoliberale in politica e neoliberista in economia. Estensione in tutto il mondo dei “veri” diritti umani, abolizione delle frontiere, libera immigrazione, “superamento” del meschino orizzonte della sovranità dello stato nazionale, retorica contro i dittatori (distinti in semplicemente corrotti, ed in corrotti ed anche sanguinari), giovanilizzazione e femminilizzazione dei valori sociali, mitologia del progresso, eccetera. Un programma che sembrava stilato dalle stesse oligarchie liberali. In campo “marxista”, Negri e Hardt scrissero una trilogia che propagandava questa concezione liberista rovesciata (ma un dado rovesciato è sempre un dado), e non a caso questa trilogia divenne popolare presso i due estremi sociali apparentemente antitetici ed in realtà complementari del capitalismo, i centri sociali in basso e l’aristocrazia accademico-universitaria di sinistra in alto.
6. In Italia abbiamo vissuto una variante particolarmente pittoresca e provinciale del movimento no global, con il picconatore Bertinotti che sosteneva che con la globalizzazione spariva l’imperialismo. Il fatto che questa colossale sciocchezza potesse essere presa sul serio segnala la desertificazione del pensiero critico per opera degli apparati ideologici post-moderni mediatici ed universitari. Ed il fatto che il successore più astuto e rigoroso di Bertinotti, il poeta barese Vendola, abbia elettoralmente svuotato sia i “merli” di Ferrero sia i “passeri” di Diliberto, mostra come il non avere preso sul serio in tempo le sciocchezze porta poi a conclusioni distruttive. Quali lezioni trarre dagli esiti grotteschi del movimento no global dieci anni dopo?
7. La prima e pressoché unica lezione consiste nel capire che la sacrosanta lotta alla globalizzazione non può e non deve essere ripetuta e riproposta sulla base ideologica del movimento no global. Lordon chiarisce che i cantori del vecchio movimento no global (ad esempio l’organizzazione Attac, che ha definito la deglobalizzazione un concetto semplificato e superficiale) comincino già ad alzare le barricate, paventando poi “contaminazioni” con il protezionismo dell’eterna “destra”. Fa eccezione l’economista francese Jacques Sapir, che a mio avviso ha impostato le cose nel modo più radicale e anche meno estremistico ed avventuristico possibile: si tentino pure tutte le soluzioni possibili dentro l’euro e l’unità europea, ma se per caso fallissero, allora deve diventare “pensabile” anche l’uscita dall’euro.
8. Inutile dire che una simile prospettiva possibile, anche se posta solo come eventualità praticabile nel caso che tutte le altre opzioni “riformatrici” fallissero, viene virtuosamente rifiutata dal centro e dalla destra liberale. Il fatto è che ormai il liberalismo classico non esiste nemmeno più, divorato dal passaggio dalla sovranità politica alla governance economica. Ma anche la sinistra (con quella appendice patetica ed inutile chiamata “estrema sinistra”) la rifiuta, temendo virtuosamente che “un conflitto di classe venga trasformato in un conflitto di nazioni” (Jean Marie Harribey).
Ecco, questo è lo scoglio. Il voler negare il dato nazionale, rimuovendolo virtuosamente, aveva già portato Attac a passare dalla “anti-globalizzazione” al cosiddetto “altermondialismo”. Ma l’altermondialismo per ora non esiste, ed è una utopia futuribile come il comunismo o il comunitarismo universale. Ma il dato nazionale non significa automaticamente razzismo, protezionismo assoluto, autarchia totale o decrescita virtuosa agro-pastorale, anche se viene ovviamente così diffamato dai cantori (interessati) della cosiddetta irreversibilità della globalizzazione.
La globalizzazione è emendabile? Il futuro è ignoto, ma si può già rispondere: per ora, nelle attuali condizioni geopolitiche ed economiche, no. I quattro elementi intrecciati insieme (le sfide della globalizzazione, il giudizio dei mercati, il vincolo dei debiti, la sovranità delle agenzie di rating) ci fanno rispondere di no. E quindi bisognerebbe trarne le conseguenze.
9. Per ragioni che sarebbe lungo e noioso spiegare, mentre mi sono estraniato (e sono stato estraniato) dal dibattito italiano, sono invece attivo e presente nel dibattito greco (articoli, interviste, interventi, eccetera). Ora, tutti conoscono la situazione della Grecia, e di come il problema del debito e dell’eventuale uscita dall’euro sia in Grecia particolarmente acuto ed attuale, molto più che in Italia, dove è ancora per ora largamente “teorico” e virtuale. In Grecia è possibile studiare come in un laboratorio le conseguenze immediate del dibattito sul debito.
Il commissariamento della Grecia, che ha comportato la sua totale perdita di sovranità, ha comportato anche la completa distruzione di tutte le conquiste “socialdemocratiche” conseguite dopo la caduta della giunta dei colonnelli del 1974 (metapolitefsi), svuotando quasi quaranta anni di storia della Grecia moderna. Così come l’Italia dell’agosto 2011 è stata “commissionata” dal duopolio Draghi-Napolitano (un banchiere ed un ex-comunista riciclato), così la Grecia è stata commissionata da una “giunta economica” costituita da tutti partiti (destra, sinistra e centro) favorevoli alla sottomissione ai diktat della banca Centrale Europea e della Germania in primo luogo. A questo punto, come reagire?
Da quanto ho potuto capire partecipando al dibattito, ci sono stati fondamentalmente due modi. In primo luogo la rivendicazione di una autonomia nazionale è stato subito incorporata nel ribellismo ultra-comunista di estrema sinistra, che invita all’abbattimento del capitalismo. In secondo luogo, un modo più patriottico e nazionale, incarnato dal grande musicista Mikis Theodorakis e dal suo movimento, che non porta in piazza bandiere rosse ma soltanto bandiere azzurre greche, e lo fa per non dividere ideologicamente il popolo, che al di fuori di una ristretta oligarchia soffre indipendentemente dalle sue opinioni politiche, filosofiche o religiose.
Nonostante abbia amici soprattutto fra i “sinistri” greci, devo dire che a mio avviso la linea giusta è quella di Theodorakis. Il popolo non deve essere diviso ideologicamente, ma unito in nome della sovranità nazionale e di quella che Lordon e Sapir chiamerebbero deglobalizzazione. Cerchiamo di tirarne la conseguenze “italiane”. Anche in Grecia Theodorakis è stato accusato di essere “rosso-bruno”, di lasciare spazio alla destra, di essere ambiguo, eccetera. Accuse completamente false. Theodorakis ha le carte in regola, sia per la Resistenza (1941-1944), sia per la guerra civile (1946-1949), sia per il “lungo inverno” dell’autoritarismo successivo (1949-1967), sia per l’opposizione alla dittatura dei colonnelli (1967-1974). E’ solo la stupidità settaria che non ha le carte in regola, né in Grecia né in Italia.
10. Passiamo ora all’Italia. Se le considerazione fatte fino ad ora sul fallimento dei no global e degli altermondialisti, sulla deglobalizzazione (Lordon, Sapir), sulla corretta impostazione “nazionale” (non nazionalistica) di Theodorakis in Grecia, eccetera, sono corrette, che cosa fare in Italia?
In primo luogo, non lasciare spazio ai deliranti che dicono che “bisogna fare come in Tunisia”. Gli italiani se ne guarderebbero bene. Dalla Tunisia si scappa e si scapperà ancora a lungo, perché non c’è pane e non c’è lavoro (il che non significa che non fosse ovviamente sacrosanta la rivolta contro Ben Alì!). In questo momento una (non auspicabile) rivolta di tipo tunisino porterebbe soltanto alla fuga del puttaniere Berlusconi ed ad un governo degli “onesti”, e cioè dei funzionari del FMI e della BCE, che porterebbero a termine i programmi di liberalizzazione totale.
In secondo luogo, non bisogna in nessun modo attaccare al programma della deglobalizzazione (perché è ovvio che lo sarebbe sia l’uscita dall’euro che dal debito) i tradizionali (e deliranti) programmi di estrema sinistra, attraverso massimalistiche adunate di refrattari. Mi spiace scendere sui nominativi e sul personale, perché non sarebbe stata questa la mia intenzione. Ma che cosa ci fanno Rizzo, Ferrando e Babini dei CARC? I CARC vogliono la dittatura del proletariato. Ferrando vuole fare come in Tunisia, e lasciamo stare per carità di patria le sua posizioni sulla Libia e sulla Siria, in cui uno scontro tra masse divise da una guerra civile è stato magicamente trasformato in scontro tra le masse unite ed i dittatori burocratico-capitalisti. E Badiale? A mia conoscenza Badiale vuole la decrescita, programma del tutto legittimo, ma che è una fuga in avanti attaccare alla deglobalizzazione. Trattandosi di una sorta di “intergruppi” di estrema sinistra, il solo modo in cui molti vedono l’anticapitalismo, a mio avviso il fallimento è inevitabile. A breve scadenza, fallirebbe anche se ci fossero Gesù, Maometto, Marx e Lenin. Ma almeno porrebbe le basi per una lotta di lunga durata. Così avremo il solito intergruppi estremistico urlante.
A dire queste cose, si passa necessariamente per rompiscatole e guastafeste, ma in definitiva è meglio parlare che tacere.
Torino, settembre 2011
E questo sarebbe l'atteggiamento non-settario?
non ne posso più di queste scemenze.
Ogni giorno mi accorgo di allontanarmi sempre più da Preve.
ma no Preve , a volte tacere è meglio
Dove sta il problema? Preve non ha buttato completamente nel cesso l'assemblea, ha semplicemente messo in guardia su due fatti:
1) che bisogna essere ben consapevoli (e sono convinto che molti di coloro che urlano lo slogan "fuori dal debito!" non lo siano) che l'uscita dall'Euro non è una questione di poco conto, anzi è assolutamente irrealizzabile oggi come oggi: siamo un avamposto militare della Nato, una specie di protettorato, sarebbe possibile uscire dall'Euro senza un colpo di stato armato (vado un po' avanti con la fantasia), o comunque senza creare un enorme scompiglio a livello geopolitico? Dunque l'unica cosa che si può fare adesso è parlarne, cercare di coinvolgere più gente possibile, ricondurre quella grossa fetta di popolazione che si è allontanata dalla "politica" a discutere di temi reali. Per farlo, dice Preve e io condivido, è fondamentale il modo in cui vengono posti questi temi, che appunto non vanno assolutamente collegati all'ottica dell'estrema sinistra odierna.
2) la possibile deriva no-global-sinistra estrema (chiamiamola così per semplicità) che potrebbe prendere un'assemblea del genere con personaggi come Ferrando e i CARC; gente che oltre a non capirci un cavolo di quello che sta succedendo nel mondo (conoscete benissimo la posizione di Ferrando sulla Libia), si rivolge a una fetta del tutto minoritaria della popolazione italiana, e in più allontana il resto: per cui, perché stare a perdere tempo con loro?
Il tutto mi pare perfettamente in linea con lo stesso pensiero di questo blog, visti i vostri tentativi per costruire un fronte popolare che comprenda la maggior parte del popolo "medio" italiano. Poi, ben venga l'assemblea, anzi forse ci sarò, va benissimo cercare di aggregare, ma con un minimo di selezione. Non è settarismo, è semplicemente la volontà di superare definitivamente certi schemi dell'estrema sinistra, come l'esaltazione delle rivolte (a prescindere da cosa significhino realmente) o la dicotomia dittatura/democrazia, o ancora il globalismo, la multiculturalità forzata.
D'altro canto non mi stupisco di certe chiamate, visti gli organizzatori (non mi riferisco ovviamente a D'Andrea): anzi mi destano serie preoccupazioni le recenti posizioni del Campo Antimperialista (che altri non sono che Rivoluzione Democratica) sulla Libia e sulla Siria, in generale sulle rivolte arabe. Che ne pensate voi? Ritenete possibile costruire qualcosa con personaggi con una visione così distante dalla vostra? (domando, non per polemica). Va bene che l'assemble sarà su altri temi, ma non penso che la questione della sovranità nazionale e della liberazione dalla Nato e dall'Euro siano così distaccate dalle aggressioni imperialiste.
Forse una critica che entri nel merito ci aiuterebbe a capire, grazie.
Non vedo l'ora. Ma quale sarebbe il merito? Osservazioni sul movimento non global? Punti di vista su un anziano cantautore greco? Oppure il consiglio di ritirare l'invito a Chianciano ad alcuni personaggi i quanto "rossi"?
L'unica criticata, già espressa nel primo commento, è che Preve a questo modo assume l'attegiamento settario che pretende di colpire.
(una chiosa: la controprova non l'avremo mai, ma qualcosa mi dice che se al posto di Carc e compagnia bella, a Chianciano fossero stati invitati gruppi "rosso-bruni" o neo-postfascisti, questa critica Preve non l'avrebbe scitta)
Maurizio,
ormai ho anticipato che replicherò e quindi, appena avrò tempo, lo farò. Questi primi commenti, tuttavia, mi dimostrano che ho sbagliato a promettere una replica. Perché non c'era alcun bisogno di discutere con una persona alla quale mi sento molto vicino (per le idee su ciò che astrattamente si deve fare).
Il mancato invito di Preve può darsi che sia stato un errore. Ma certo che se una volta invitato, mi veniva a fare un intervento con i toni di questo scritto, senza rispetto per chi ha preso l'iniziativa e sta lavorando a una sua idea, senza nemmeno sapere quale sia quella idea, avrebbe meritato che gli prendessi la testa e gliela sbattessi contro il muro. Su questo punto sono certo concorderai.
Ci serve pazienza e umiltà ed è sempre importante avere a mente l'ovvio: che c'è un solo tipo di persona che, per principio naturale, osteggia l'azione di gruppo più dello stupido: il permaloso. Dobbiamo liberarci dei permalosi e degli stupidi.
Se Preve avesse letto le ultime cose che ha scritto Marino Badiale, avrebbe saputo che c'era qualcuno che a Chianciano andrà a dire cose molto simili a quelle che pensa lui. Se avesse avuto l'umiltà di interessarsi a qualche mio articolo o avesse soltanto leggiucchiato i titoli degli articoli di Appello al popolo, avrebbe saputo che uno dei promotori andrà a Chianciano a dire cose quasi coincidenti con le sue. Se si fosse parlato con i membri del gruppo di Comunismo e comunità sarebbe forse venuto a sapere che Io e Lorenzo Dorato abbiamo frequenti contatti e che ho invitato Lorenzo a venire e a intervenire. Preve sa che Danilo Zolo ha scritto le pagine più belle contro l'ideologia dei diritti umani. E sa anche Pasquinelli e Mazzei non sono lontani dalle sue posizioni. Poi ci sono Cremaschi e Sergio Cesaratto che hanno altre posizioni ancora. Quindi nell'assemblea sono rappresentate molte idee, non soltanto quelle che egli attribuisce ai comunisti che cita.
Preve non sa – e questa è un'altra ragione per la quale doveva tacere o, meglio,doveva limitarsi ad inviare un intervento scritto privo di polemiche – che abbiamo tentato di invitare anche Loretta Napoleoni (non ha risposto alla mail) e Blondet (non ci ha risposto nemmeno lui), nonché Giacchè, che aveva altri impegni (e che ha un'altra idea ancora, essendo molto scettico sull'uscita dall'euro).
Se avevamo quindici relatori e almeno cinque non sono lontani dalle idee di Preve (Io Pasquinelli, Mazzei, Badiale e Zolo) per quale ragione avremmo dovuto invitarlo? Tanto più che desideriamo che parlino molti altri, tra i quali uno di voi ma anche altri amici che mi hanno assicurato che verranno?
Pazienza umiltà e nessuna polemica. Soltanto così, forse, possiamo iniziare la nostra marcia.
Con immutata stima
Stefano D'Andrea
Anche io sono scettico che l' idea fuori dal debito fuori dall' euro passi tra la gente ma non per questo starò con le mani in mano. Il 90 % della popolazione non si pone il problema della sovranità nazionale e monetaria anche se poi pretende che la costituzione vada difesa quando Berlusconi la intralcia ( senza accorgersi però di quanto altrettanto la intralci Napolitano garantendo il nostro intervento il Libia ecc ecc ). Ma il momento della scelta arriva ora. O manovre o uscita. Bisognava svegliarsi prima ma ormai il momento è arrivato quindi a prescindere dalle previsioni di riuscita vale comunque la pena tentare. Preve è un gran pensatore, forse il suo essere isolato rispetto ad ambienti che si ritengono " rivoluzionari" Marx) lo fa essere scettico verso tutto. Non è affatto un rossobruno e chi lo segue lo sa. Sono d' accordo con la sua critica verso chi ancora crede alla " dittatura del proletariato" ma gli consiglio di approfondire Badiale perché quest' ultimo non si posiziona all' interno della " sinistra " come invece Preve erroneamente crede.
Gian Marco,
il tuo commento era rimasto pendente, perché è la prima volta che scrivi. Perciò, avendo scritto il mio come esterno, non ti ho risposto. Derive new global farebbero ridere ma non credo. Gli oratori sono tanti e anche coloro che fino a qualche tempo fa avrebbero potuto averle, avendo proposto l'uscita dall'euro, saranno chiamati alla coerenza. Quanto a Ferrando, i suoi omologhi greci sono per l'uscita dall'euro (anche se, come precisa Preve, sono per il socialismo; in realtà anche io lo sono; ma forse chiamiamo socialismo due realtà diverse); quindi è sembrato interessante chiamarlo.
In ogni caso, io confido anche nelle persone comuni; che ve ne siano un gruppo preparato e agguerrito. Anzi confido soprattutto in quelle. Non è detto che i capi dei piccoli partiti comunisti portino un certo numero di persone al seguito (ovviamente mi auguro di si). E in ogni caso, i relatori sono più diversi di quanto sembri. Comunque ti risponderò quando replicherò a Preve. Spero che tu venga. Perciò ti dico a presto.
Frente amplio, victoria segura!
…Marino Badiale non appartiene alla sinistra, ne al suo estremo. E'una forzatura che va corretta.
Mi sono permesso di cancellare il commento di un certo Maurizio Neri per il suo linguaggio offensivo nei miei confronti. Qui finora non s'era mai visto turpiloquio, e non vedo perché cominciare adesso. Se il Neri è in grado di argomentare senza violenza e volgarità, ben venga.
Quale sarebbe il linguaggio offensivo e la violenza, solo perchè ho scritto che non meriti una risposta per le "stronzate" che hai scritto? Rileggi cosa hai scritto di Preve, a presto e stammi bene!!!
L'errore l'ho commesso io a pubblicare l'articolo di Preve. Era chiaro che finiva così. In questi due anni ho cercato di essere sempre attento Ma stavolta ho commesso l'errore. Comunque,
Maurizio,
non pretendo che tu svolga osservazioni critiche nei confronti di Preve. L'amicizia è il supremo valore. Poi se l'amicizia è con il Maestro, il legame è filiale.
Capisco anche la difesa di Preve con l'offesa a Claudio. Proprio perché in lui vedi il maestro il tuo era un atto dovuto. Soprattutto non credi che ognuno possa utilizzare il medesimo linguaggio e la medesima ironia che utilizza normalmente quando parla di Preve, perché noi siamo comuni mortali e lui è il Maestro. E' un atteggiamento psicologico che conosco e che ha i suoi lati positivi e la sua ragion d'essere. Il problema, però, è che Preve non si limita a pubblicare libri su case editrici più o meno importanti; ma scende nelle catacombe di internet, sottoponendosi alle regole delle catacombe.
In ogni caso, il fatto che una mente come la sua, in tanti anni, non sia riuscita a conquistarsi l'amicizia e la fiducia di qualche editore di rilievo; e il fatto che sia emarginato anche da piccoli settori della comunità accademica; e le polemiche con suoi amici come Bontempelli e La Grassa; e l'oggettiva inopportunità della forma dell'intervento dal quale abbiamo preso le mosse, dimostrano che ha un caratteraccio. Ad un amico o un conoscente si scrive una email, anticipandogli che le cose andranno in un certo modo. Prima magari ci si informa meglio e quindi si chiede qual è l'obiettivo. Oppure si resta semplicemente ad assistere. Oppure si scrive semplicemente il contributo e lo si invia. Insomma, tra tutte le forme pensabili ha scelto la peggiore.
Quanto a Badiale, credo che le sue idee, in questo momento, non siano tanto lontane da quelle di Preve (sui temi che saranno oggetto dell'assemblea). Soltanto che Badiale appartiene a una piccola formazione politica o laboratorio e ne è segretario. Essendoci anche un presidente, può darsi che le idee che esprime siano in qualche misura mediate. Quanto a Mazzei e Pasquinelli, nei contatti che ho avuto, mi sembra che, a prescindere dalla loro storia politica che non conosco a fondo, in questo momento diano un certo valore ai concetti di Stato e (almeno uno dei due) persino di Patria (ciò deriva dal loro antimperialismo); e che siano ben in grado di comprendere che il popolo italiano è fatto anche di liberi professionisti, di commercianti e di piccoli imprenditori. Non so se è una maturazione o se già da tempo avevano queste posizioni. Complessivamente mi sembrano equilibrati e capaci di dialogo. Insomma totalmente purificati dal settarismo, malattia della sinistra estrema.
Claudio,
tu hai venti anni o poco più e sei brillante. Il mio consiglio è che non devi essere permaloso.
In ogni caso, l'offesa c'era ma poi ne hai inserita una tu nel successivo commento. Se non altro per il dubbio che, nell'intenzione di Maurizio, le virgolette avessero la funzione di evidenziare l'unica parola che poteva essere offensiva – e non quella di attenuare il valore offensivo di ciò che prima aveva scritto -, credo che dovresti eliminare anche il tuo commento.
Adesso la finisco qua e prometto di non intervenire più sull'argomento. Anzi mi riservo di non scrivere il post di replica a Preve. Se e quando avrò uno scambio di battute con lui, mi piacerebbe parlare di contenuti.
In effetti Preve a volte è un po' eccessivo nei toni e nei modi. E' chiaro che non ci si dovrebbe porre in questo modo quando si pensa di essere dalla stessa parte, soprattutto in questo momento di confusione totale nelle forze anticapitaliste. Il rischio è, come è successo in effetti, di suscitare reazioni solo per il tono polemico e non sui contenuti. Per questo il mio intervento era diretto a sottolineare due punti a mio parere importanti messi in luce da Preve (in un articolo in realtà un po' confusionario per quanto riguarda il tema – il debito? l'assemblea di Chianciano? i no global?), anche per evitare che la discussione degenerasse nella solita guerra tra poveri (subito è stata tirata fuori la storia dei rossobruni, di cui sinceramente non se ne può più).
Detto questo, i problemi per quanto riguarda quest'assemblea e in generale altre iniziative che si stanno organizzando a ottobre ci sono, perché c'è più di una possibilità di fare la fine degli indignados spagnoli, ma basta esserne consapevoli, per il resto credo anch'io che siano le uniche possibilità ora come ora.
Credo che non mancheranno occasioni di incontrarci, caro Claudio, quando accadrà spero che trovi il coraggio di ripetermi il vile, ci vediamo.
Stefano, sei fuori strada, io non difendo nessuno, e non ho mai riconosciuto nessuno come capo o maestro, sai le volte che ho criticato il suo modo di esprimersi, comunque, spero di incontrarti per poterne parlare di persona., ciao.
"Credo che non mancheranno occasioni di incontrarci, caro Claudio, quando accadrà spero che trovi il coraggio di ripetermi il vile, ci vediamo."
Oddio, sto tremando.
Per quanto riguarda la possibilità di incontrarci, be', mi devi proprio venire a cercare . Io non ho molto tempo a disposizione, e non mi posso permettere di sprecarlo.
p.s. ho cancellato il mio commento, come da disposizioni di Stefano. Qui siamo in casa sua, e in casa sua comanda lui. Gli chiedo solo di essere più solerte nella moderazione dei commenti.
Scrive Stefano:
"L'errore l'ho commesso io a pubblicare l'articolo di Preve. Era chiaro che finiva così."
Sono in totale disaccordo. E' stato un bene. La provocazione andava accettata come segno di maturità. Facile parlarsi addosso senza contenzioso, molto più difficile tirare fuori le armi della dialettica per difendere le proprie proposte.
Se vogliamo crescere questo rappresenta solo l'inizio di un lungo e faticoso percorso.
Ci saranno tanti Preve, e sarà giusto confrontarsi con loro. Per noi, per il nostro sentire, per il nostro operare. Per capire quanto possiamo sperare.
E vorrei che la censura fosse un'arma condivisa, non un diritto individuale.
Non so quale sia stata la frase infelice, so che avrei voluto leggerla per farmi un'idea.
Dirò subito che non mi piacciono alcuni toni assunti dalla polemica su "Appello al Popolo" riguardo la conferenza di Chianciano. Non mi piacciono certe botte e non mi piacciono certe risposte.
Claudio Martini, giovane appassionato, brillante e che io stimo, è partito nella polemica di gran carriera toccando un tasto falso, precisamente quando ha tirato in ballo i "rossobruni", che secondo lui starebbero particolarmente a cuore a Costanzo Preve. Le cose non stanno così, a dispetto di ogni provocazione previana. Ne possiamo discutere, ma non in questa sede.
Io, con Stefano D'Andrea, immagino che questo errore di parallasse sia dovuto a inesperienza, inconsciamente alimentata da una pubblicistica di seconda scelta che da un anno a questa parte ha incominciato a dare la caccia ai rossobruni. Che esistono, come no. Ma non stanno lì dove Claudio pensa di intravvederli. Anche perché, ricordo a Claudio, la qualifica di "rossobrunismo" ormai è stata talmente estesa che dai vecchi gruppi che esistevano ai miei tempi (e credo non ci siano più, ma confesso che poco mi importa avere la mappa del rossobrunismo minore quando l'aggressione alla Libia ha ampiamente messo in evidenza il rossobrunismo maggiore), oggi copre Costanzo Preve, Fulvio Grimaldi e persino Giulietto Chiesa. Cioè chiunque sia fuori dal coro del mainstream tradizionale di sinistra, sia essa moderata, radicale, di classe o immaginifica.
Detto questo, informo che all'interno di Alternativa è già iniziato un dibattito per capire se certi scenari – che sono esercizi di prospettiva e non sparate pubblicitarie – configurino i meno "fughe in avanti".
Spesso occorre fare delle fughe in avanti per non rimanere incastrati nel presente. Bisogna poi essere in grado di immergerle nello stato di cose presenti e, soprattutto, nelle dinamiche che, auspicabilmente, sono in grado di cambiare lo stato di cose presenti.
Quindi Costanzo Preve ha ragione ad affermare che adesso come adesso certi scenari sono implausibili. Ma il nostro compito è capire il percorso politico per renderli plausibili se pensiamo che essi siano la migliore, per adesso, soluzione alla certezza – e non prospettiva – di un massacro sociale epocale.
In questo spirito auguro buon lavoro al convegno di Chianciano, ben sapendo che non produrrà nulla di risolutivo, anche perché è la drammatica accelerazione della crisi che rende tutto instabile.
In una dinamica così drammatica, dove arranchiamo sempre dietro alla crisi, una "fuga in avanti" può provocare riflessioni molto concrete.
Piero Pagliani
Condivido pienamente la lettera e lo spirito dell'intervento di Piero Pagliani.
Sara meglio che mi spieghi. Devo essermi espresso male.
I rossobruni con questa discussione non c'entrano nulla. Non ho accusato né Preve né altri di esserlo. Sull'uso di questa categoria si potrebbe discutere, anche accogliendo i suggerimenti di Pagliani, la cui stima per me e' ben inferiore a quello che ho io per lui (in effetti, la logica e' implacabile: oggi gli eredi di Mussolini e Graziani si chiamano Bersani, Napolitano, Casini e altri Bissolati).
Ammetto di aver scritto il primo commento in unattimo di rabbia, e non riutilizzerei il termine "scemenze". Ma alla chiosa non rinuncio. E la chiosa consisteva nel supporre che un convegno ideologicamente "borderline", magari con un'accentuata presenza di estrema destra, non si sarebbe attirato gli strali di Preve. Ipotesi balzana? Può darsi. Intanto però e' stato Preve a proporre l'esclusione di alcuni personaggi in quanto "comunisti". E questo, abbiate tanta pazienza, mi ha dato di che riflettere.
Che razza di "casino" è successo?
Scusate l'avvio del commento, che è particolarmente prosaico, ma leggo soltanto ora.
Dall'idea che mi sono fatto della situazione italiana – non voglio intromettermi in questa piccola polemica fra voi e Costanzo – è che la frantumazione, anzi, l'atomizzazione delle forze con qualche lineamento anticapitalista, scarse e disperse, sta raggiungendo i livelli massimi, mentre il potere della classe globale, come testimonia il diktat Trichet-Draghi al governo italiano, con lettera del 5 agosto u.s., si consolida.
Il quadro si completa con lo scadimento della "qualità umana" in Italia, a fronte di una popolazione sempre più idiotizzata, colpita dai mali del berlusconismo e del leghismo, insensibile alle vere questioni sociali e politiche che stanno per "mordergli il culo" come non accadeva da decenni.
A questo punto, ritengo che nel breve-medio periodo la partita si può considerare persa, a meno di miracoli o di eventi insperati che potranno improvvisamente spostare il corso della storia in una direzione rivoluzionaria, e ciò nonostante i tentativi di organizzare ed aggregare la protesta di pochi volenterosi.
Resta la speranza che pochi eletti anticapitalisti, antropologicamente e culturalmente superiori alle masse idiotizzate e fra poco schiavizzate, riescano a sopravvivere per uscire dalle catacombe (virtuali o reali) quando la situazione giungerà al limite, e si raggiungeranno i limiti fisici e psicologici della "compressione" di massa …
Nel frattempo, saluti
Eugenio Orso
Caro Eugenio,
la situazione così come la dipingi non è esattamente reale. La Marcegaglia, nella sua illuminata visione, ha deciso che questo governo non sta facendo abbastanza (si dimendica che la crisi che vive anche la confindustria è causata dal capitale speculativo che sta letteralmente togliendo la terra da sotto i piedi a tutti, industriali compresi) giungendo a porre un ultimatum al nano. Mai successa una cosa del genere. Si stanno scannando, e questo è il periodo migliore per portare un affondo. Il divide et impera funziona. Vero che abbiamo sofferto di una parcellzzazione delle forze, ma adesso sta toccando anche a LORO. Intanto cerchiamo di trovare dei punti in comune. Il che significa tentare di ricostruire un fronte, mentre il loro si sgretola e si assottiglia sempre più. In tal senso l'intervento di Preve tenta di riportare disunione e confusione nel momento in cui si sta tentando un primo passo. Non era veramente necessario. Perde solo chi non tenta. Meglio tentare, magari goffamente, che starsene a digitare frasi antimperialiste al pc, no?
Caro Tonguessy, intervengo non polemizzare, forse Preve di tentativi simili ne ha fatti più di uno, e con le stesse persone e per questo sa di cosa parla, le cose bisogna conoscerle, non credo sia andato fuori di testa e parla a vanvera, detto questo concordo con Te, bisogna tentare aggregazioni e fare, ma un minimo di selezione dei compagni di strada è necessaria, saluti.
p.s.
Preve scrive a macchina, non possiede il pc.
Per Tonguessy.
Pubblico oggi in Pauperclass (il mio modesto blog) un lungo post dal titolo "Globalizzazione, de-globalizzazione e Rivoluzione", in cui spiego quello che penso in proposito (un parto dell'Orso-pensiero, direbbero i miei molti detrattori), ma senza criticare l'intervento di Costanzo che avete riportato in Appello al Popolo.
Con questo scritto, forse posso rispondere alle tue osservazioni, che mi sembrano un po' ottimistiche per come è ridotta la grande maggioranza della popolazione italiana (dal punto di vista culturale, dell'autonomia di giudizio, della combattività, più che da quello economico) e vista la potenza del nemico.
Non è per farmi subdolamente pubblicità (lungi da me l'idea!) ma soltanto per dire che se ti interessa puoi consultarlo.
Cari saluti
Eugenio Orso