Avanguardia e rivoluzione
di STEFANO D’ANDREA
È avanguardia chi assume posizioni che per i più sono incomprensibili, fastidiose, ridicole, eccentriche, estremiste, fuori dal tempo, fanatiche, sospette, insopportabili, e poi, restando seduto per anni sotto l’albero dove ha elaborato le sue idee, vede ogni anno e poi ogni mese e infine ogni settimana e ogni giorno una rilevante parte della collettività nazionale avvicinarsi all’albero e alle idee, provare per esse meno fastidio o sopportarle, lasciar cadere i sospetti e scoprire realismo in luogo dell’apparente fanatismo, attribuire ad esse il polso del tempo e profondo buon senso, e infine appropriarsene in tutto o in parte.
Mentre la rimanente parte della collettività nazionale, lungi dal deridere, ignorare, sdegnare le idee che prima derideva, ignorava o sdegnava, ora le teme, le odia, le storpia e le offende, e si organizza contro di esse.
Solo quando si verificano i due fenomeni c’è davvero avanguardia, perché qualcuno è andato veramente avanti e poi è stato seguito ed inseguito, non è semplicemente scappato di casa e dagli altri cercato o lasciato al suo destino.
Ogni volta che c’è un’avanguardia, poi c’è una rivoluzione, o meglio un tentativo di rivoluzione, talvolta spontanea e pacifica (quando il fenomeno riguarda i costumi o quando la politica segue la folla pacifica), spesso democratico-istituzionale ossia politica e pacifica, talvolta violenta (quando la politica segue la sommossa o la rivolta), ma comunque, dopo l’avanguardia segue la rivoluzione.
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