Lo “Spirito della Resistenza” nel 2019
di SALVATORE SCRASCIA (FSI Lecce)
La lunga notte fascista aveva reso impossibile in Italia una continuità di pensiero democratico, sicché le nuove generazioni della Resistenza si trovarono praticamente tagliate fuori dallo sviluppo del pensiero e delle esperienze internazionali. In poche parole, per i giovanissimi la società fascista era l’unico modello di società conosciuto. La testimonianza dei partiti avrebbe potuto svolgere un ruolo molto importante nel delineare un filo conduttore tra il disorientamento delle masse e l’ideologo politico; anche questo però non fu possibile a causa del vuoto che si era creato in quei decenni, visto che i partiti si ricostituirono solo nel ’42-’43.
Nonostante queste premesse, il popolo italiano, di fronte alla tragedia della guerra e alla caduta del fascismo, non mancò di interrogarsi sulle cause e sui rimedi di tale sciagura e si diede delle risposte che orientarono le sue decisioni e le sue scelte.
Impossibile dare a queste risposte una formulazione organica e precisa e proprio per questo in Italia è più opportuno parlare di “SPIRITO DELLA RESISTENZA” piuttosto che di un vero e proprio “pensiero della Resistenza”. Senza dubbio, questo “Spirito della Resistenza” dell’antifascismo italiano si concretizzò nella stesura da parte dei Costituenti della Carta Costituzionale, con l’intento di NON TORNARE AL REGIME PRE-FASCISTA, DEMOCRATICO-LIBERALE, da cui il fascismo aveva potuto sorgere, in modo da rendere così, impossibile il suo ritorno.
Come spiegato prima però, questa consapevolezza a livello di popolo e soprattutto nelle nuove generazioni, era flebile perché la società pre-fascista era lontana ed in questo arco temporale neanche i partiti avevano potuto fungere da testimoni perché aboliti. In cosa consisteva quindi a livello popolare e soprattutto nell’ambito delle nuove generazioni questo “Spirito della Resistenza”?
Il giovane era stato vittima di propaganda di regime ed era convinto di una saldatura tra classe dirigente e popolo, incarnata dalla dittatura che, mascherava invece le vecchie scollature della società pre-fascista. La seconda guerra mondiale, la caduta del fascismo e la fuga della monarchia l’8 settembre, lasciarono il popolo drammaticamente solo, con la propria coscienza.
Un valore molto profondo fu conquistato quasi d’impeto in quei mesi: il senso della responsabilità personale, principio o fondamento di ogni vita democratica. Il fascismo infatti, oltre ad aver soffocato ogni forma democratica, aveva cercato di spegnere nel conformismo, nell’indifferentismo e nell’ipocrisia, il senso di autonomia e della dignità individuali, la coscienza che ciascuno deve avere del proprio diritto e dovere di scegliere, di decidere, di assumersi delle responsabilità.
In quelle difficili settimane che segnarono la caduta del fascismo e l’armistizio, la fuga della monarchia e la dissolvenza dei vecchi poteri, il popolo sentì che NESSUNO POTEVA RIMANERE ESTRANEO O INDIFFERENTE; sentì il dovere di impegnarsi per sé e per i propri figli, per i vicini ed i lontani, per il presente ed il futuro.
Se la democrazia è la maturità dei popoli, la Resistenza è stata una vera scuola di democrazia, perché ha compiuto il miracolo di dare una precoce maturità anche ai giovanissimi. Il fascismo aveva favorito i grandi magnati dell’industria e della finanza, ne aveva moltiplicato i profitti a detrimento della condizione operaia. L’Italia di domani avrebbe dovuto assicurare a tutti nuove condizioni di vita, dare piena attuazione alle esigenze sociali dei tempi nuovi, spezzando la prepotenza delle oligarchie finanziarie favoreggiatrici del fascismo e da esso favoreggiate.
Su questi punti essenziali, SOVRANITA’ E RESPONSABILITA’ DIRETTA DEL POPOLO, VASTE RIFORME SOCIALI, si può dire quindi che ci fosse un orientamento comune delle più varie correnti ed esso formava il contenuto di quella RIVOLUZIONE DAL BASSO che era nell’animo di tutti (fino a qui, liberamente tratto da Il principe senza scettro scritto nel 1958 dal padre costituente Lelio Basso, ispiratore del secondo comma dell’art. 3 della Costituzione Italiana).
Quali analogie potremmo trovare quindi tra lo “Spirito della Resistenza” di allora e quello del 2019, analizzandone il contesto storico-politico-sociale?
1. CONSAPEVOLEZZA DELLE NUOVE GENERAZIONI
Sicuramente le nuove generazioni di oggi non hanno cognizione della società in cui si dava concreta applicazione di quello “Spirito della Resistenza”, il cosiddetto TRENTENNIO GLORIOSO (48-78), caratterizzato da rivoluzionarie riforme e conquiste sociali. Come per i giovani di allora la società di riferimento era esclusivamente quella fascista, così, per i giovani di oggi, la società di riferimento è solo quella fondata sul mercato e sulla concorrenza, tragicamente simile a quella pre-fascista, che i resistenti dell’epoca volevano archiviare definitivamente.
2. VUOTO DELLA POLITICA
Anche i nostri giovani sono orfani della politica. Quelli di allora lo furono perché i partiti politici furono aboliti mentre quelli di oggi lo sono perché gli ultimi grandi partiti popolari sono stati estinti negli anni 90. La grande assenza dei grandi partiti popolari, non può fornire ai giovani adeguata formazione politica né testimonianza storica. Inutile che mi dilunghi sull’assoluta inconsistenza dei partiti attuali, tesi a pilotare le masse verso ideali vuoti come l’europeismo liberalista, la democrazia diretta volta alla mortificazione stessa della politica e della rappresentanza popolare, la retorica nazionalista ammantata però di riformismo europeista, la propaganda tesa a mettere contro le generazioni dei giovani con quelle degli anziani o ad alimentare la guerra tra poveri; un linguaggio ed una comunicazione di bassissimo livello, offensiva dell’intelligenza dell’elettore, nessun riferimento ai principi costituzionali, salvo la sporadica estrapolazione di alcuni articoli, avulsi dal contesto, al fine di avallare istanze che con il messaggio e la società cui la costituzione fa riferimento hanno ben poco nesso.
3. SOGGIACENZA ALLO STRAPOTERE DELLE OLIGARCHIE FINANZIARIE
Sono ormai decenni che le oligarchie finanziarie hanno ristabilito il proprio potere sulle masse. Ponendosi financo al riparo dal processo democratico, con la stampella di una classe dirigente servile e tramite costruzioni giuridiche sovranazionali (non internazionali quindi), eludono i bisogni e le priorità della stragrande maggioranza del popolo, proponendo la loro agenda di governo ai politici che, sono poco più che dei figuranti che fingono di azzuffarsi su questioni insulse o di secondo piano, tenendo in tal modo occultate le vere problematiche del Paese.
Per tutte queste ragioni e per altre, il 25 APRILE non deve essere offuscato o sminuito come ricorrenza anzi, occorrerebbe donargli nuova linfa cercando di ritrovare e risvegliare, oggi come allora, un nuovo senso di responsabilità, una nuova volontà di partecipazione, la continuazione della testimonianza di “un’accozzaglia di umori disorientati” che seppe però fare FRONTE COMUNE dinanzi all’improvviso vuoto delle istituzioni e di valori, con l’intento di costruire una società moderna, democratica e giusta, per sé e per i propri figli.
Ci libereremo… di nuovo.
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