La scuola tedesca non è per poveri
di ALESSANDRO BORSCIA
Uno degli argomenti delle numerose posizioni critiche verso il “triplice sistema” su cui si fonda la scuola tedesca si basa sul fatto che già a dieci anni i bambini sono costretti a intraprendere percorsi scolastici che non lasciano spazio, o poco, a ripensamenti. Una selezione precoce che non favorisce certamente l’inclusione e marca le differenze socioeconomiche e culturali fra la popolazione.
Hans-Werner Sinn, uno dei più importanti economisti tedeschi, scrive: “Il ‘triplice sistema’ che nel mondo caratterizza quasi soltanto la scuola tedesca, non è più adatto ai nostri tempi. Esso riflette la ‘società a tre classi’ tipica del diciannovesimo secolo. Prima c’erano le Volksschulen (scuole del popolo), le Mittelschulen (scuole medie) e le Oberschulen (scuole superiori). Con ciò si ammetteva implicitamente che si era pensato a una scuola per il popolo, a una per i ceti medi e a una per i ricchi. Oggi si parla di Hauptschule, Realschule e Gymnasium. Dare denominazioni diverse alle scuole cambia poco al fatto che nella scuola le disuguaglianze e le ingiustizie sociali si consolidano e anzi e si autoperpetuano”. E poi spiega: “La Germania seleziona i ragazzi per i tre indirizzi di formazione già all’età di dieci anni mentre tutti gli altri Paesi praticamente tengono insieme gli alunni fin oltre la pubertà, fino a 14-15 anni d’età e solo dopo c’è la selezione. La selezione così precoce massimizza l’influsso della famiglia d’origine e rende minimo il valore delle reali capacità e dei talenti individuali”.
È impressionante leggere nella stampa tedesca e in rete di come l’aver frequentato l’Hauptschule sia diventato un vero e proprio stigma sociale, un segno di discredito e inettitudine, difficile poi da togliersi. La Stifterverband, un’importante ONLUS tedesca a sostegno della scienza e della formazione, in un’intervista video pubblicata sul suo canale web, racconta del pericoloso legame che si è venuto a creare tra Hauptschule e l’Hartz IV, il sussidio sociale introdotto in Germania fra il 2003 e il 2005 con la riforma del mercato del lavoro del Cancelliere Gerhard Schröder (SPD), la cosiddetta “Agenda 2010”. Mark Honsell, questo il nome del giovane intervistato, egli stesso ex-studente dell’Hauptschule, racconta di come la professoressa di tedesco preparava i ragazzi a riempire i moduli per l’Hartz IV invece di insegnare a scrivere.
Sempre Stinn, invece, ci fa notare che trascurare la questione delle pari opportunità nella scuola ha come conseguenza che lo Stato sociale debba poi, a posteriori, occuparsi di questi cittadini penalizzati al fine di recuperare almeno un minimo di uguaglianza e giustizia sociale. Tutto ciò, afferma ancora Stinn, va contro la competitività del sistema Paese e ha un costo eccessivo per le casse dello Stato.
Com’è strutturato il sistema educativo tedesco
L’Art. 7, par. 1, della Legge fondamentale tedesca, emanata il 23 maggio 1949, afferma che “l’intera organizzazione scolastica è subordinata alla sorveglianza dello Stato”. Il fatto che i sistemi scolastici dei sedici Bundesländer siano simili, ma non omogenei, si deve all’articolo 30 della Carta Costituzionale, che rende ragione del federalismo dell’organizzazione statale tedesca. Qui, infatti, si fa riferimento alla sovranità in materia di cultura ed educazione delle singole regioni, la quale sancisce che queste, in materia di legislazione ed amministrazione delle politiche scolastiche e culturali, detengano la piena autonomia. Il risultato è che i sistemi educativi regionali sono molto differenti l’uno dall’altro, con nomi diversi per i tipi di scuole e con percorsi formativi disomogenei. La struttura di base, tuttavia, rimane valida a livello nazionale e i Länder cercano di uniformare le loro differenti linee politiche scolastiche.
Il sistema educativo nazionale tedesco è pensato per sostenere e accompagnare il cittadino in tutto l’arco della vita, nel suo percorso di crescita responsabile sancito dalla Costituzione. È un sistema verticale, a sei livelli. I primi tre (classi 1-4, 5-10 e 11-13) costituiscono il sistema scolastico. Il quarto comprende università, accademie, politecnici cui si accede attraverso il diploma di maturità. Il quinto livello riguarda tutte le forme private e pubbliche di aggiornamento, riqualificazione e perfezionamento che si svolgono in biblioteche, scuole popolari, agenzie formative, centri religiosi e culturali. Vi è anche un altro livello, che comprende le istituzioni private, gli istituti paritari e le scuole speciali per bambini con difficoltà di apprendimento.
Gesamtschule
“Noi vogliamo scuole efficienti in cui tutti gli alunni abbiano la possibilità di essere sostenuti e incoraggiati nel proprio percorso scolastico, nei difetti come nei talenti. Sappiamo che solo così i ragazzi e gli adolescenti avranno poi buone possibilità di successo professionale e di partecipazione alla vita sociale. PISA e molti altri studi dicono però che siamo lontani mille miglia da questo obiettivo. (…) Una delle cause più evidenti è sicuramente il nostro sistema scolastico troppo articolato. Non ci sono tre o quattro tipi di bambino, ogni ragazzo è unico nei suoi punti di forza e debolezze, talenti e interessi. Alcuni sono più veloci, altri hanno bisogno di più tempo e aiuto. Se bambini diversi stanno insieme, imparano di più l’uno dall’altro. Si tratta del riconoscimento delle differenze. Nei paesi di successo più avanzati c’è solo una scuola in cui ogni bambino è seguito individualmente, senza selezioni, bocciature o espulsioni”.
È la GEW (Sindacato per l’educazione e la scienza), la più grande delle sigle sindacali tedesche della scuola, a rappresentare con questo punto di vista molto chiaro ed esplicito il fronte di coloro che sono a favore di una scuola unificata, Gesamtschule (gesamt vuol dire intero, totale).
L’idea di una scuola integrata per tutti i giovani, indipendentemente dallo stato sociale, dalle capacità, dalla provenienza o dalle aspirazioni, ha lontane radici che affondano nel XVII sec. con Comenius, si rafforza poi nell’Ottocento e prende consistenza dopo il 1945 con la democratizzazione del sistema scolastico tedesco richiesta dalla Commissione alleata di controllo di USA, Francia, Regno Unito e Unione Sovietica. Nelle zone d’occupazione sovietica la scuola unica integrata prenderà il nome di Einheitsschule (scuola unitaria) e proprio per marcare la differenza con la scuola socialista, nel 1963, nella Repubblica Federale, fu coniata l’espressione Gesamtschule.
Al di là delle opinioni rimangono alcuni dati empirici che la ricerca sociologica ha fatto emergere e che si ricavano dalla dettagliatissima voce Gesamtschule della versione tedesca di Wikipedia. I più importanti sono che ai bambini che a dieci anni (a Berlino a dodici) hanno buoni risultati, viene “consigliato” il Gymnasium, agli altri la Gesamtschule. Spesso è la maestra delle elementari che indirizza la scuola da frequentare: se non vai bene per il Liceo, allora puoi andare alla Realschule, all’Hauptschule, oppure alla Gesamtschule.
Altri studi dimostrano che il livello di una Gesamtschule dipende dalla zona in cui la scuola si trova, con differenze fra aree residenziali e agglomerati urbani. Nelle aree popolate da immigrati delle periferie delle grandi città, i genitori di lingua tedesca non iscrivono i propri figli alla Gesamtschule per timore di vedere peggiorare il tedesco dei loro bambini.
Un aspetto da menzionare è poi sicuramente il fatto che una scuola unificata come la Gesamtschule necessita d’insegnanti molto preparati dal punto di vista pedagogico e metodologico, poiché, se non vi è una differenziazione “esterna”, sarà necessario individuare in ogni alunno talenti e capacità. Gli insegnanti, quindi, devono essere molti e capaci.
Helmut Fend, autorevole pedagogo e sociologo tedesco, dichiara che la Gesamtschule ha effettivamente ridotto la disuguaglianza sociale, ma per i figli dei lavoratori non è migliorato niente. Nel suo studio a lungo termine chiamato LIFE, Fend dimostra che i figli di lavoratori di una Gesamtschule di Essen non avevano migliori chance di quelli che frequentavano l’Hauptschule o la Realschule.
La svolta tedesca
Con un sistema scolastico sempre più articolato e con marcate differenze regionali, la Germania arrivava quindi alla fine dello scorso secolo all’appuntamento con le prime indagini comparative internazionali. Quei primi studi scientifici, cui la Germania iniziò a prendere parte dal 1995, mostravano la presenza di grosse sacche di svantaggio e discriminazione in molte parti del sistema educativo tedesco.
In quegli anni, il dibattito pubblico in Germania sulle politiche scolastiche si trovava ancora in una fase di stagnazione, anche per effetto delle aspre lotte ideologiche del periodo precedente. Nell’ottobre 1997 la Kultusministerkonferenz decideva ufficialmente di introdurre nel sistema scolastico la valutazione nelle e delle scuole, con la motivazione che “nelle nazioni in cui è presente un regolare sistema di monitoraggio dei risultati raggiunti – grazie sia a costanti programmi di controllo, sia all’introduzione di esami centralizzati o sia perché si ha una sistematica rete di accertamento dei meriti – gli alunni raggiungono in generale prestazioni più elevate”.
La “svolta storica” si collega quindi alla fine degli anni 2000 con la “svolta teorica”, il mutamento radicale d’impostazione nella pedagogia e nella filosofia dell’educazione. Si abbandona la vecchia tradizione della pedagogia critica, che aveva a lungo dominato, e si apre alla nuova pedagogia empirica, al Quality Management, alle indagini di assessment, diagnostic, evaluation, ai test che hanno l’obiettivo di fornire previsioni oggettive e valide sui processi educativi e formativi, ritenendo questi come misurabili. Con la nuova pedagogia empirica diventa cruciale l’esigenza di definire un modello di riferimento a livello nazionale che dia legittimità a operazioni di valutazione interna (all’interno delle singole scuole) ed esterna (controllo da parte dell’autorità centrale sulle scuole). Per questo la KMK ha reso necessario introdurre i Bildungsstandards (Content standards, Performances standards, Teaching standards), parametri formativi validi in tutto il territorio nazionale, indispensabili per monitorare i livelli di apprendimento di tutti gli alunni.
Per lo sviluppo e il controllo dei Bildungsstandards è stato creato nel 2004, all’interno della Humboldt Universität di Berlino, l’IQB, l’Institut zur Qualitätsentwicklung im Bildungswesen, l’Istituto per lo sviluppo della qualità nel sistema formativo, l’analogo del nostro Sistema Nazionale di Valutazione.
È una vera e propria rivoluzione quella che investe il sistema educativo non solo della Germania ma di molti altri Paesi, tra cui il nostro (In Italia, il percorso di valutazione interna ed esterna è iniziato nel 1997, con l’autonomia delle istituzioni scolastiche introdotta dalla riforma Bassanini e con le Indicazioni della Commissione europea). Ci troviamo di fronte ad un mutamento radicale di rotta dei meccanismi di governance delle politiche scolastiche. Gli standard formativi non descrivono più un modello input-orientiert, ossia con i piani di studio e i programmi statali (Lehrpläne, Curricola, Bildungspläne) che prescrivono quali contenuti e quali oggetti si debbano insegnare.
Gli standard formativi mostrano un modello output-orientiert, dove a essere definite sono le abilità e le competenze da acquisire in maniera duratura. Gli standard stabiliscono non tanto i contenuti da insegnare, bensì quali capacità gli alunni e le alunne devono avere appreso nelle principali materie al termine di un particolare grado di scuola. La filosofia alla base è che alunni e alunne con programmi e contenuti di apprendimento diversi, abbiano alla fine le stesse abilità e competenze, fra cui quelle trasversali e fondamentali di imparare a imparare e di sapersi orientare nella complessità sociale del mondo.
Di fronte a questa vera e propria rivoluzione copernicana pedagogica, e spinta dall’onda del moto d’isteria, com’è stato definito, che è derivato dall’effetto PISA 2000, la Germania riesce a mettere in moto un meccanismo di riforme che nel giro di pochi anni avrebbero trasformato di nuovo l’aspetto e la forma del sistema d’istruzione e formazione. Il dibattito si è concentrato ancora una volta sull’assetto fondamentale della scuola, sulla sua struttura di base.
Una vasta offerta formativa professionale
In base alla legge sull’obbligo scolastico, in Germania tutti gli adolescenti devono frequentare una scuola fino al diciottesimo anno d’età, anche se a tempo parziale e sotto forma di apprendistato. Se per esempio un alunno o un’alunna ha solo l’attestato di maturità professionale può frequentare un anno scolastico a tempo pieno in cui si apprendono le conoscenze e le competenze fondamentali in uno specifico settore professionale, oltre a nozioni generali di tedesco, materie sociali e religione. Se invece non si ha nemmeno l’attestato di maturità professionale, si può comunque riuscire ad ottenere almeno un minimo attestato di abilità professionale, frequentando istituti che offrono un periodo di preparazione e orientamento professionale della durata di un anno.
La struttura principale dell’intero Berufsbildungssystem è rappresentata dalla duale Ausbildung, la cosiddetta alternanza scuola-lavoro, che è uno dei fiori all’occhiello dell’esportazione tedesca. Oltre 40 Paesi nel mondo, tra cui Stati Uniti, Russia, Cina, India, Brasile hanno stretto con la Germania accordi di cooperazione nell’ambito della formazione professionale. Per molte nazioni nel mondo uno dei problemi per le proprie economie è la mancanza di personale adeguatamente qualificato e specializzato e il modello tedesco della formazione professionale è per molti di questi Paesi un esempio da imitare.
Duales Ausbildungssystem, duale Berufsausbildung, duales Lernen sono tutte espressioni per un solo concetto e cioè quello di una cooperazione sistematica fra scuola e mondo del lavoro. La duale Ausbildung dura fra i due e i tre anni ed è costituita da due pilastri: la scuola professionale e l’azienda. Da uno a due giorni a settimana, con la possibilità di racchiudere le ore in blocchi, i ragazzi sono a scuola a studiare le nozioni tecniche; gli altri giorni li passano in azienda e applicano queste conoscenze teoriche. In questo modo gli alunni hanno l’opportunità di vedere già come funziona concretamente il lavoro. Inoltre la combinazione di teoria e prassi prepara bene i ragazzi a fare quello che l’azienda si aspetta da loro e infatti spesso capita che poi siano assunti.
Gli Auszubildende (Azubi), così sono chiamati gli studenti che fanno un percorso di formazione professionale, ricevono dall’impresa per cui lavorano un assegno di 800 euro lordi. Considerando che in tutto il territorio nazionale ci sono circa 350 offerte di percorsi formativi riconosciuti, non sorprende sapere che circa i due terzi di tutti i giovani che abbandonano la scuola in Germania scelgono di fare una formazione professionale.
Diversa dalla duale Ausbildung è la schulische Ausbildung (formazione scolastica), in cui il tempo passato in azienda è molto meno. L’apprendimento di teoria e prassi avviene in istituti professionali a tempo pieno. I ragazzi integrano poi la formazione con lunghi periodi di attività all’interno di aziende ed enti sociali, specialmente del settore assistenziale, commerciale e in quello dei lavori più creativi. Qui, lo status degli alunni è di Schüler e non ricevono nessun compenso dallo Stato.
Ci sono poi gli istituti professionali e il liceo professionale in cui la mescolanza di teoria e pratica è variamente combinata. In queste scuole, unitamente a un tirocinio da svolgere in azienda, si possono conseguire il diploma di maturità tecnica e anche il diploma di maturità generale (Abitur), i titoli che danno l’accesso agli studi universitari. Va da sé che la fisionomia dei percorsi formativi e i presupposti necessari a svolgere i vari tipi di esami cambiano da regione a regione in virtù dell’autonomia regionale. Sempre più consenso tra i giovani sta acquisendo il liceo professionale, che accanto a una formazione ginnasiale generale offre un profilo formativo in uno specifico settore (economico, tecnico, commerciale etc.) e dura in media tre anni.
Bisogna poi ricordare che in tutte le scuole dell’istruzione generale ci sono offerte formative praxisorientiert, cioè indirizzate a fornire gli strumenti pratici utili per orientarsi verso il mercato del lavoro già durante il percorso della formazione scolastica generale. Questa forma d’istruzione è chiamata, con un’espressione generica, duales Lernen, apprendimento duale, ma ci sono progetti simili come il produktives Lernen (apprendimento produttivo), adottato dai cinque nuovi Stati dell’est. Queste attività di avviamento alla professione si svolgono in appropriati luoghi d’apprendimento che vanno dai laboratori delle scuole e delle aziende ai centri formativi privati e pubblici. E ci sono anche le Schülerfirmen, le mini imprese gestite dagli studenti.
fonte: yanezmagazine, 19.6.2018
Il liceo rimane la scuola migliore ed ogni persona ha il diritto fondamentale di decidere in maniera sovrana,anche contro la volontà della famiglia o delle istitizioni classiste,la propria formazione,di coltivare i propri interessi e di scegliere la propria scuola e,soprattutto di studiare all’Università. Soprattutto bisogna chiedersi ai bambini “figli di chi” gli insegnati consiglierebbero il liceo sin da subito. La plutocrazia in Italia vorrebbe ritornare ad una condizione post-unitaria della scuola,anche peggiore del fascismo,abbattendo gli studi umanistici,prediligendo l’ambito tecnico,gli studi professionali,ricalcando le disuguaglianze secondo una prospettiva classista.
Di sicuro non vorrei vedere un calo progressivo di studenti liceali,negando alle persone “meno importanti” di poter studiare al Liceo(al fine di serrare i ranghi alle famiglie più agiate di liberi professionisti della casta e delle caste) o addirittura abolirlo,proprio come voleva tempo fa Sua Eminenza Laura Boldrini.