Nomina si nescis, perit et cognitio rerum
di STEFANO ROSATI (FSI Rieti)
È vero, l’espressione del Migliore liberale reazionario al sentire le parole “nazionalizzazione” o “bisogna cambiare le leggi DELLO STATO che consentono alle imprese di liberalizzare è uno spasso. Certo, possiamo anche dire che il fatto che i lavoratori chiedano nazionalizzazioni o di fare leggi contro le delocalizzazioni sia cosa buona.
Tuttavia, una richiesta generica di nazionalizzazione a cosa serve? Con tutto il rispetto e la massima solidarietà ai lavoratori. All’interno dell’UE non si possono fare nazionalizzazioni perché i vincoli all’indebitamento pubblico non consentono, di fatto, allo Stato né di indebitarsi per comprarle né di indebitarsi per ripianare eventuali perdite.Un richiamo generico alle nazionalizzazioni mette d’accordo tutti perché sembra “gratis”, qualcosa che risolve il problema e fa tutti felici, senza lottare, senza divisioni o rotture.
L’appello alla nazionalizzazione, senza fare riferimento alla rottura dei trattati non serve a niente.Anzi testimonia che c’è un grandissimo ritardo nella percezione dei lavoratori su quale sia l’unica strada possibile per la loro sopravvivenza. Il richiamo neutro alla nazionalizzazione, senza lotta, è solo un desiderio irrealizzabile.Prima devono sconfiggere la paura di dire l’indicibile: bisogna recedere dai Trattati. I Trattati sono la tomba del lavoro. L’indegna sepoltura di secoli di lotta. La fine ingloriosa delle conquiste dei lavoratori. Ancora più grave è che un sindacalista esperto parli di leggi che andrebbero cambiate per impedire che le imprese facciano come gli pare. Nel 2019 questo non può essere ammesso.
Non sono le leggi dello STATO che vanno cambiate, sono i Trattati che vanno distrutti.Non è lo STATO il nemico. Finché i sindacalisti continueranno a pensare che è nell’interesse dei lavoratori stare in un sistema che PROMUOVE la concorrenza tra aree dove un’ora di lavoro costa 12 euro l’ora e un’area dove costa 4 euro l’ora non ci sarà un reale progresso. Niente può impedire le delocalizzazioni, se non il recesso dai Trattati.Lo “strumento per impedire le delocalizzazioni” sbandierato dal presidente Conte altro non è che la decontribuzione a carico del bilancio pubblico per 17 miliardi (ossia si massimizza il profitto e si collettivizzano le perdite).
Alla grande impresa non è bastato e ha portato via l’azienda.Da questo cortocircuito non si esce. Né i lavoratori né i sindcalisti riescono a pronunciare le uniche parole vere.“Ma se non conosci il nome, muore anche la conoscenza delle cose” diceva Linneo e quindi non potremo mai salvarci se non pronunciamo le uniche parole che ci servono.Recesso dai Trattati dell’Unione Europea.
Queste parole qua devono dire i lavoratori e i sindacalisti.
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