Abbattere il muro delle disparità sociali
1)NON PASSERANNO!
Confondere i piani, ovvero concentrare l’attenzione delle masse su una presunta deriva autoritaria/fascista, è una precisa strategia della morente coalizione italiota ed europoide LIBERAL-PROGRESSISTA alla base della fantomatica economia “sociale” di mercato di marca ordoliberista teutonica.
Economia che fa leva sulla stabilità monetaria per disintegrare con la deflazione salariale il LAVORO e i LAVORATORI, che dovrebbero essere i poli che la Costituzione è chiamata a difendere.
Prova ne è il fatto che il soggetto politico catalizzatore di questa presunta deriva autoritaria/fascista è Salvini, un perfetto liberista autonomista pro DRAGHI e, quindi, i voti che raccoglie grazie ai suddetti appelli, non fanno altro che difendere e proteggere gli interessi dei LIBERAL-PROGRESSISTI contro la Costituzione Repubblicana e, quindi, contro il lavoro e i lavoratori.
È la logica dello sfascio definitivo dell’Italia, che si vuole guidare per mano verso la completa rottura del patto costituzionale e dell’unità nazionale. Insomma il solito gioco delle tre carte della destra apolide finanziaria, sostenuto dalla “sinistra” LIBERAL-PROGRESSISTA!
NON PASSERANNO.
CI LIBEREREMO!
ANDREA D’AGOSTO (FSI Bari)
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2) I MURI DA ABBATTERE
Si festeggia il crollo di un muro. Ma ci sono muri che sono sempre più alti. Oggi è sempre più alto il muro delle disparità economiche, in Germania come in Europa. Ci dicono che ora dobbiamo abbattere il muro dell’odio, ma non si fa nulla per rimuoverne le cause economiche: anzi si fa in modo che esse si aggravino sempre di più.
E così oggi vediamo, sia nella parte orientale della Germania, come in altre parti d’Europa, avanzare estremisti e nostalgici. Se vogliamo tenerli a freno, non servono discorsi moralistici o generiche commissioni contro l’odio. Non fermerete la xenofobia o l’odio di classe con questi sistemi.
Solo ridurre le disparità economiche, fermare l’austerità, dare a tutti un lavoro e un salario dignitosi, tornare ad affermare il ruolo dello stato in economia serve. E ripudiare tutte le strutture sovranazionali che impediscono queste riforme.
PAOLO BILLI (FSI Pisa)
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3) “IO SO’ IO E VOI …”
Mi alzo e accendo la TV. Bevo il mio caffè mattutino e mentre mi accingo a farlo questo tizio dice “il problema in Italia non è che manca lo Stato ma bensì che c’è troppo Stato!”. Il caffè ovviamente mi è andato di traverso, questo tizio è dell’Adam Smith istituite e pensa che in Italia ci sia troppo Stato. Se invece si attuassero veramente le privatizzazioni e liberalizzazioni allora sì che l’Italia volerebbe!
I neoliberali sono come i comunisti: credono in qualcosa che non è di questo mondo, i comunisti credevano nell’uguaglianza assoluta e questi neoliberali nella concorrenza e nei mercati perfetti e nella distruzione creativa. Il problema è che se il comunismo è stato seppellito dalla storia per la sua impossibilità di applicazione, il neoliberalismo invece cavalca alla grande la narrazione odierna e viene visto come progresso come futuro come optimum. Pagheremo caro questo abbaglio.
Queste trasmissioni (perché anche gli altri interlocutori) andrebbero prese per quello che sono, cioè manifestazioni di propaganda del regime liberale. Per il conduttore (che cita De Nicola) le aziende improduttive devono chiudere perché non sono efficienti. A questi signori non tange che chiudendo queste aziende “non competitive” migliaia di famiglie perderebbero la casa e non avrebbero più un pasto a tavola.
Mi viene in mente ascoltando questi signori una vecchia battuta di un film di Alberto Sordi, Il Marchese Del Grillo, che diceva dopo essere stato salvato dal suo status nobiliare dall’essere arrestato, rivolgendosi ai non nobili (tutti arrestati per rissa) affermava serafico “mi dispiace signori, ma io so’ io e voi nun sete un cazzo!”.
Ecco, per questi signori amanti della competizione e delle privatizzazioni il cittadino non vale un cazzo. Esso è soltanto forza lavoro da cui sfruttare il plusvalore quando la congiuntura è positiva, e da mandare su una strada e far morire di fame quando su di esso non si può più lucrare.
Il bello è che la narrazione neoliberale approfitta dell’ignoranza generale e fa sembrare giusta e razionale una visione che ogni lavoratore dovrebbe considerare dannosa per la propria condizione.
MICHELE PICCOLI (FSI Brindisi)
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