Craxi, padre degli avanzi primari e della convergenza verso Maastricht
di LORENZO D’ONOFRIO (FSI Pescara)
Due grosse balle girano su Craxi:
– che fu oppositore del progetto europeo e in particolare di Maastricht;
– che fu alfiere della spesa pubblica.
Craxi fu capo di due governi dal 1983 al 1987. Salvo la breve parentesi di aprile 1987 di un abortito governo Fanfani VI (monocolore DC), il suo PSI rimase al governo fino all’avvento di Berlusconi nel 1994, quindi anche:
– nel governo Andreotti VII che ci portò in Maastricht, trattato firmato dal ministro De Michelis (PSI);
– nel governo “lacrime e sangue” di Amato (PSI);
– nel governo Ciampi.
Che Maastricht sarebbe stato un inferno Craxi lo disse, è vero… e grazie al ca…! Bastava leggere un qualsiasi libro di macroeconomia per saperlo: Maastricht vietava la nostra Costituzione economica e ci imponeva quella tedesca. Cosa fece Craxi per opporsi al processo che ci ha portato all’Unione Europea e alla moneta unica, quindi allo smantellamento del nostro impianto costituzionale, ancora mi è oscuro.
In compenso Craxi fu il primo vero stabilizzatore della spesa pubblica, quella primaria (cioè al netto degli interessi sul debito pubblico), ed è qui che cade la seconda balla: il debito pubblico si è raddoppiato negli anni ’80, è vero, ma a causa della componente interessi, conseguenza di almeno un paio di scelte di politica monetaria adottate a cavallo degli anni ’70-’80, che non mi risulta Craxi abbia contrastato. Anzi, proprio Craxi ha sposato il delirio antinflazionistico.
La componente spesa primaria, invece, proprio con Craxi si è stabilizzata: basti guardare il grafico sotto, a molti noto più per la parte destra, ovvero quella dei nostri avanzi primari che partono dal 1992. La parte a sinistra in rosso, tuttavia, è altrettanto interessante, perché mostra come i famosi parametri di Maastricht furono la cristallizzazione di un processo di convergenza e di drastica riduzione dei deficit primari, che stava già avvenendo dall’inizio degli anni ’80.
Contemporaneamente si avviava quel meccanismo di trasferimento della ricchezza dal basso verso l’alto, attraverso una frenata della spesa pubblica primaria (cioè dei servizi ai cittadini) e un aumento vertiginoso della spesa per interessi (più soldi ai detentori del debito).
Contemporaneamente si assisteva anche a una progressiva crescita (con un picco dalla metà degli anni 80) della pressione fiscale a danno dei ceti medio-bassi (aumenti IVA, meno progressività nell’IRPEF)… ma tanto le TV commerciali del compare di Arcore ci illudevano che saremmo diventati tutti ricchi come lui.
Contemporaneamente iniziava la stretta sui salari dei lavoratori italiani (fino ad allora costantemente in crescita) con l’attacco craxiano alla Scala Mobile, applaudito dalla Commissione CEE.
Contemporaneamente Craxi, nel 1985 anche Presidente del Consiglio Europeo, a giugno di quell’anno chiudeva a Milano il semestre europeo a guida italiana, con un vertice dei leader europei al Castello Sforzesco, nel quale dava avvio al processo di modifica dei Trattati di Roma che avrebbe portato all’Atto unico europeo, che avrebbe sancito il completamento del mercato interno – con la libera circolazione di persone, merci, capitali e servizi (“le quattro libertà”) – a partire dal 1° gennaio 1993. L’Altra Europa ante litteram…
In tutto questo, fra il 1982 e il 1989, un Romano Prodi mai messo in discussione dai governi craxiani iniziava lo smantellamento dell’IRI…
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