Restaurazione o rivoluzione?
di RAFFAELE VARVARA (FSI Milano)
Il vuoto politico del blocco socialista e la restaurazione del finto bipolarismo del partito unico neoliberale fanno crescere la voglia di chi crede che alla restaurazione bisogna rispondere con la rivoluzione. Il concetto di “rivoluzione” sta tornando sempre più attuale, infatti ricorre frequentemente nei nostri dibattiti e, non a caso, a vari livelli sociali, sono indetti gli “Stati Generali”, della medicina, del M5S. Proprio come gli stati generali furono precursori della rivoluzione francese, gli attuali stati generali sono il segno di una latente quanto forte e magmatica voglia di riscatto che aspetta soltanto di essere teorizzata, organizzata e incanalata in un percorso di rivoluzione culturale.
La rivoluzione contemporanea si conduce su un piano culturale poiché lo strapotere neo-liberista, con la sua sovrastruttura culturale, ha occupato l’inconscio di ciascuno di noi ed ha invaso il nostro pensiero che risulta sbriciolato, frammentato in una visione egoica ed individualistica fondata sulla competizione. La rivoluzione contemporanea deve prima di tutto disinnescare queste forme di pensiero suicidario con un pensiero nuovo, rivoluzionario fondato su solide basi etiche e valoriali, che persegua l’interesse collettivo in luogo del mero interesse individuale, che inauguri un nuovo umanesimo.
Urge l’energia travolgente di nuova cultura per far uscire un popolo dall’anestesia, per costruire la coscienza di classe, per formare il soggetto rivoluzionario che ad oggi non c’è o fa fatica ad esprimersi in modo adeguato; una rivoluzione culturale allo scopo di aumentare la massa critica, che ci darà la forza necessaria, in termini di consenso, per attuare la rivoluzione sul piano politico.
La rivoluzione contemporanea è allegra e non violenta poiché si gioca su un piano culturale, sostenuta da un uomo non bellico; la rivoluzione non è qualcosa che si “combatte” al di fuori di noi ma è straordinariamente connesso a un livello interiore, profondo, spirituale oserei dire perché è lì che il dominio ultra-liberale si è imposto ed è a partire da lì che “ci libereremo”!
Infine, ringraziando il maestro Marco Guzzi, filosofo e teorico della rivoluzione culturale, aggiungo che, come un fuoco ha sempre bisogno di legna per essere alimentato, la rivoluzione sul piano politico deve essere alimentata ripercorrendo costantemente e incessantemente i processi rivoluzionari che si verificano a livello interiore e a livello culturale. Abbandoniamo la panchina, prepariamoci e cominciamo il riscaldamento: tra un po’ si scende in campo!
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