Sentimenti e materialismo
di Luca Mancini, ARS Lazio
Viviamo in una triste società materialista che ha ridimensionato all’inverosimile il ruolo delle emozioni umane in nome di un presunto benessere. Una società neopositivista che è fermamente convinta che il progresso scientifico e materiale coincida con il progresso umano. Chi è convinto di questo, dovrebbe allora degnarsi di spiegare come sia possibile che nonostante l’enorme sviluppo tecnologico degli ultimi trent’anni, le condizioni di vita degli uomini occidentali siano nettamente peggiorate. Non solo siamo più poveri dal punto di vista prettamente economico, ma anche dal punto di vista artistico, letterario e filosofico eppure queste cose fanno parte del progresso umano. La verità è che l’Occidente non riesce più a produrre alcuno spirito critico, ma soltanto omologazione a bassissimi standard culturali. Cosa ci è successo?
La risposta si potrebbe trovare nel paradigma culturale dominante, ossia dal momento che si accetta una logica neopositivista, si decide che l’uomo marcia inesorabilmente verso il progresso, inteso come sviluppo scientifico e materiale, pertanto si finisce con confondere la ricerca del benessere con la ricerca della felicità. Il materialismo di cui è intrisa questa società sta distruggendo gradualmente il ruolo delle emozioni nella vita dell’uomo, di conseguenza l’arte, la letteratura, la poesia e la filosofia, che nascono dai sentimenti, vengono distrutte. Tuttavia per la società neopositivista ciò non è considerato necessariamente un male. In fondo, da quelle arti non si ricava alcun profitto, anzi sono pericolose perchè spesso esaltano gli spiriti degli uomini, pertanto possono anche morire, anzi sono meritevoli di morte. La logica neopositivista non vuole uomini critici, ma meri consumatori o automi, privi di slancio ideale e spirito critico, tutti omologati nei gusti e nelle passioni.
Ne possiamo dedurre che un conflitto portante della contemporaneità è quello tra sentimenti e materialismo o meglio tra il calore umano e la freddezza materiale. L’amore e le passioni umane sono il motore della Storia, non il grigio laboratorio dove vengono elaborate macchine sempre più complesse. Chiunque impari a vivere di passioni è un rivoluzionario e deve avere come unico obiettivo l’uomo e il progresso umano. Questa è la via da seguire se non vogliamo che l’uomo perisca in questo conflitto e con esso tutta l’arte.
“Però non maledite l’arte ch’è la manifestazione dei vostri gusti. I greci innamorati ci lasciarono la statua di Venere; noi lasceremo il cancan litografato sugli scatolini da fiammiferi. Non discutiamo nemmeno sulle proporzioni; l’arte allora era una civiltà, oggi è un lusso: anzi un lusso da scioperati. La civiltà è il benessere, e in fondo ad esso, quand’è esclusivo come oggi, non ci troverete altro, se avete il coraggio e la buona fede di seguire la logica, che il godimento materiale. In tutta la serietà di cui siamo invasi, e nell’antipatia per tutto ciò che non è positivo – mettiamo pure l’arte scioperata – non c’è infine che la tavola e la donna. Viviamo in un’atmosfera di banche e di imprese industriali, e la febbre dei piaceri è la esuberanza di tal vita.
Non accusate l’arte che ha il solo torto di aver più cuore di voi, e di piangere per voi i dolori dei vostri piaceri. Non predicate la moralità, voi che ne avete soltanto per chiudere gli occhi sullo spettacolo delle miserie che create. Voi che vi meravigliate come altri possa lasciare il cuore e l’onore là dove voi non lasciate che la borsa.”
G. Verga Introduzione a “Eva”.
Viva la Repubblica Sovrana!
non sono molto in accordo con questo articolo, viviamo nella società della pubblicità e del marketing, ora come non mai, precisamente la società dove le emozioni hanno ucciso la logica. la manipolazione emozionale (e l esaltazione dell’ importanza delle emozioni) consentono l imbarbarimento prima di tutto culturale dei popoli..
la società individualista e atomizzata che l ars combatte è stata creata precisamente tramite messaggi emozionali che bypassano la razionalità. poi diventa dura spiegare che la repubblica è meglio fondarla sul lavoro che sulla felicità.