Una Germania, anzi due
di LIMES (Lucio Caracciolo)
Il caos scatenato dall’accordo tra CDU e destra nazionalista in Turingia, con successiva rinuncia dell’erede designata di Angela Merkel, dimostra che trent’anni dopo essersi riunita la Germania è più divisa che mai.
Trent’anni dopo essersi riunita, la Germania è più divisa che mai.
Chi pensava che nel tempo le due Germanie sarebbero diventate una sola, via assimilazione della DDR nella Bundesrepublik, deve constatare che il boccone da digerire era troppo grande e troppo aspro. Impensabile che l’ex satellite sovietico si adeguasse serenamente agli standard occidentali.
Vero il contrario: è l’ex Germania Ovest che non riesce a metabolizzare e infine neutralizzare orientamenti culturali, politici e geopolitici maturati per decenni fra i confratelli già incardinati nell’impero di Mosca.
La rinuncia di Annegret Kramp-Karrenbauer (AKK), pallida candidata voluta da Angela Merkel perché le succedesse alla cancelleria nelle elezioni dell’anno prossimo, è il simbolo di questo dilemma identitario. Liquidarla come il passo indietro di una leader debole e impacciata, capace di produrre gaffe in serie e totalmente priva di autorità, significa non cogliere la profondità della crisi tedesca.
Nata protettorato statunitense, rieducata all’occidentalismo e al ripudio degli orrori nazionalsocialisti, europeista fino al midollo – tanto da proibirsi di parlare, fino a pochi anni fa, di interessi nazionali, salvo praticarli in veste europea – la Repubblica Federale Germania deve fare i conti con il nazionalismo a tinte xenofobe che alligna soprattutto nell’ex Est. Dove la nostalgia per il passato regime (Ostalgie), ovvero la diffidenza per l’attuale, non cessa di progredire.
Non per caso a Est dell’Elba i neonazionalisti sono partito di massa – come pure la Sinistra (Die Linke), più o meno comunista. Sicché i centristi cristiano-democratici vi sono spinti a destra dalla necessità di non perdere contatto con il proprio elettorato, già alquanto ridotto.
La crisi che ha costretto AKK al getto della spugna è illustrativa dello scarrellare dei moderati verso i neonazionalisti, che investe non solo i Länder orientali. A scatenarla, la scelta della CDU in Turingia di schierarsi con l’AfD, partito della destra nazionalista con il quale i cristiano-democratici avevano giurato di non volersi alleare, nell’elezione del nuovo ministro-presidente. C’è voluto l’intervento di Angela Merkel per revocare la “imperdonabile” derapata dei leader del proprio partito in uno Stato dove, fra l’altro, è radicata l’ala più radicale dell’AfD. Non si è trattato di un infortunio, ma della constatazione da parte dei capi locali che nei Länder dell’Est l’approccio di centro-sinistra tipico della CDU di Merkel non consente di governare.
Più in generale, la conventio ad excludendum sostenuta non sempre convintamente dai quattro partiti autolegittimati a governare – CDU, FdP, SPD e Verdi – ossia il rifiuto di ogni coalizione con la destra estrema (AfD), mostra la corda. Nella CDU e nella sua consorella bavarese (CSU), ma anche fra i liberali (FdP), montano le componenti conservatrici e nazionaliste. Il più profilato aspirante cristiano-democratico alla cancelleria, Friedrich Merz – che si è appena dimesso dal Consiglio di amministrazione della BlackRock tedesca – esprime tale inclinazione.
Sullo sfondo, la crisi delle istituzioni comunitarie, accentuata dall’addio britannico che “meridionalizza” l’Ue, insieme all’antiamericanismo che serpeggia nell’opinione pubblica tedesca, rivelano il tramonto di un’epoca. Quella in cui si poteva usare l’Europa per proteggere i propri interessi e confidare negli Stati Uniti per garantirsi la sicurezza strategica. E in cui i partiti di governo erano europeisti e atlantisti.
Resta ancora Angela Merkel. Ma da monumento a sé stessa.
FONTE: https://www.limesonline.com/rubrica/turingia-germania-merkel-lucio-caracciolo
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