Le parole e la storia
di LUCIANO DEL VECCHIO (FSI Bologna)
Nel vertice europeo di Fontainebleau del 1984 la signora Margaret Thatcher, conservatrice, monetarista e ultraliberista, batté i pugni sul tavolo urlando: “I want my money back!” (Voglio indietro i miei soldi!). I suoi soldi erano il contributo penalizzante che il Regno Unito versava alla CEE e che finivano per sovvenzionare l’agricoltura francese. Pochi anni più tardi la reaganiana figlia del droghiere fiutò la minaccia della moneta unica per la democrazia prima ancora che per la sovranità monetaria e nel 1993 aggiunse profetizzando: “La Germania si ritroverà la sua naturale fobia dell’inflazione, mentre l’euro risulterà fatale per i paesi più poveri perché devasterà le loro economie inefficienti”. La visione dellaLady di ferro suggerì allora una politica lungimirante che gli Inglesi hanno messo a frutto in questi anni.
I parlamentari britannici se ne sono andati da Bruxelles, guidati dal signor Nigel Farage, fondatore del Partito per l’Indipendenza (UKIP) poi del Brexit Party, promotore e artefice della storica rivolta contro l’eurocrazia francotedesca. Tutti coloro che apprezzano in politica la coerenza e la perseveranza non possono non condividere l’ultimo suo discorso al parlamento europeo. “Un esperimento politico durato 47 anni (dal 1973) di cui francamente i Britannici non sono mai stati contenti”. “Per me sono stati 27 anni di campagna e 27 anni di lavoro in questo Parlamento”.
Il signor Farage potrà non piacere, e sicuramente è antipatico a molti, ma a lui va riconosciuto il merito di aver difeso, solo in quell’aula, la Grecia fiaccata dalla Troika e da Berlino, che voleva insediare un commissario e una squadra tedesca in un edificio di Atene per prendere le redini del paese. Fu sempre egli, unico in quell’aula, a denunciare il furto di sovranità e di democrazia quando nel dicembre 2011 il già commissario europeo Monti divenne, tramite porta girevole, capo del governo italiano, mentre i parlamentari italiani giravano la faccia dall’altra parte e fingevano di non vedere. Ma il signor Farage vedeva.
“Nel 2005 ho visto la Costituzione scritta da Giscard (d’Estaing) e altri, l’ho vista bocciata dai Francesi in un referendum e poi l’ho vista bocciata dagli Olandesi in un referendum, e ho visto voi in queste istituzioni ignorarli! Riportarla nella forma del Trattato di Lisbona e vantarvi di averla fatta passare senza referendum! Gli Irlandesi hanno detto NO a un referendum, ma sono stati costretti a rivotare. Siete molto bravi a far rivotare la gente, ma quello che vi stiamo dimostrando è che i Britannici sono molto grandi per essere presi in giro, grazie a Dio!”
“Voglio che la Brexit sia discussa in tutta l’Unione”. Il generoso invito del politico inglese rischia di essere incompreso e ignorato dai sovranisti al di qua della Manica, mentre sarà sicuramente esorcizzato dai mass media continentali, che hanno già calato un pesante silenzio sulla Brexit o, se ne parlano, è manovra per diffondere servizi allarmistici sul tragico destino che attende il Regno Unito. Non diversamente dai trascorsi due anni in cui i nostri giornaloni dipingevano un quadro di caos totale, di mancanza di cibo e di medicinali e di altri terribili strascichi cui sarebbero incorsi gli indocili Inglesi. Altre menzogne confezioneranno per scongiurare l’effetto domino.
“Sia nell’UKIP che nel partito della Brexit amiamo l’Europa!… Ma detestiamo l’Unione Europea!”. Gli Inglesi hanno frantumato il tabù, hanno dimostrato che l’Unione con ipoteca franco-tedesca non è il bene assoluto e che il processo è reversibilissimo, costi quel che costi, pur che politicamente lo si voglia. E su questa determinazione il signor Boris Johnson, protagonista anch’egli di un vicenda che assume fin d’ora rilevanza storica, non ha avuto tentennamenti, come Nigel gli ha riconosciuto: “Boris è stato particolarmente coraggioso negli ultimi mesi e ci ha promesso chiaramente, signora Von der Leyen, che non ci sarà una situazione pari per tutti, e su questo punto gli auguro il massimo successo nelle prossime tornate negoziali, veramente!”
Noi ormai, come popolo, – guardiamoci pure allo specchio – possiamo dire d’essere mancati all’appuntamento con la grande storia, ma siamo ancora in tempo per assolvere il dovere di insegnare ai nostri figli di cosa non hanno bisogno e a che cosa dovranno dire basta. “Cosa vogliamo dall’Europa? Se vogliamo commercio, amicizia, collaborazione, reciprocità, non abbiamo bisogno di una Commissione Europea, non abbiamo bisogno della Corte Europea di Giustizia, non abbiamo bisogno di queste istituzioni e tutto questo potere”. “Basta con i contributi europei! Basta con la Corte di Giustizia! Basta con la politica comune della pesca! Basta col farci dire dall’alto in basso cosa dobbiamo fare! Basta con il bullismo! E basta con Guy Verhofstadt!”
Oggi sono ancora molti quelli disposti a sostenere un apparato di burocrati, finanzieri e lobbisti, eletti da nessuno, giudicati da nessuno, indisturbati accaparratori di ogni indipendenza economica e politica degli Stati e dei Popoli. “Io spero che questo sia l’inizio della fine di questo progetto. Non è un buon progetto, […] ma è nemico e antidemocratico e mette in primo piano persone al potere senza rappresentatività, persone che non possono rappresentare gli elettori in una struttura inaccettabile! Ed è in atto una battaglia storica in Europa, in America e altrove: è il globalismo contro il populismo e magari disprezzate il populismo ma, ironia della sorte… sta diventando molto popolare! E presenta grossi vantaggi”.
Il microfono viene silenziato sugli ultimi trenta secondi di diritto di parola. La signora McGuinness, vice presidente dell’eurocamera, chiede di rimuovere le bandierine degli “exituri”. È ammessa dunque una sola lugubre bandiera per una sola visione del mondo e dell’Europa, e per una sola categoria di elettori: quelli presunti istruiti e illuminati, cosmopoliti fatui e giovanilisti che votano per loro.
Purtroppo, in previsione, il distacco britannico non comporterà un’automatica liberazione degli Italiani, che attenderanno fiacchi una qualche provvidenziale situazione politico-diplomatica internazionale che induca i padroni a lasciarli liberi perché inutili, dopo averli spolpati. La quasi totalità dei parlamentari italiani sembra non aver compreso l’entità e il valore dell’evento Brexit, ma ostinarsi a collaborare per riformare dall’interno l’irriformabile, a conferma che il collaborazionismo è storicamente un’idra le cui molte teste sono difficili da tagliare. Queste quinte colonne, giunte al potere con colpi di mano e di Stato, lo esercitano convinti che sia normale la vile pratica del piegarsi, subire, lavorare e vivere per la Banca Centrale Europea, per la Commissione Europea, per un cartello di interessi finanziari e monopolistici sovranazionali, in breve per una dittatura che, come tutte le dittature, trova sempre e ovunque aguzzini disposti a servire e bargelli allineati per sorvegliare.
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