Un confronto fra Italia e Olanda
di ALEXANDRE AFONSO (Università di Leida)
Dal 1995 l’Italia non ha mai avuto un bilancio in pareggio. Anche i Paesi Bassi hanno registrato deficit per la maggior parte degli anni, ma in generale un po’ più bassi e con sporadici surplus (grafico 1, dati Eurostat).
Una grande differenza tra Italia e Paesi Bassi è che la situazione italiana è stata aggravata da un debito costruito principalmente negli anni ’80 (dopo cioè il divorzio Banca d’Italia/Tesoro, NdT). Negli anni ’90 è riuscita a ridurlo in modo massiccio. Questo grafico mostra la spesa pubblica con e senza gli interessi passivi sul debito. Una differenza enorme per l’Italia, piccola per l’Olanda (grafico 2).
Se si eliminano i pagamenti degli interessi e si considera solo la spesa pubblica destinata alla popolazione (sanità, strade, pensioni, ecc.), cioè il saldo primario, dal 1990 l’Italia ha registrato un deficit solo in 3 anni, mentre i Paesi Bassi per 11 (grafico 3).
Un interessante paper (di un accademico olandese) mostra come il problema dell’Italia non sia stata chiaramente la dissolutezza nella gestione dei conti pubblici, ma il suo contrario.
«Dopo il 1992, l’Italia ha fatto più della maggior parte degli altri membri dell’Eurozona per soddisfare i vincoli europei in termini di consolidamento fiscale autoimposto, riforme strutturali e contenimento dei salari reali. Ma la sua stretta osservanza di tali vincoli ha ammazzato la domanda interna e le esportazioni italiane».
Quindi, a tutti coloro che pensano che l’Italia debba semplicemente spendere meno e tassare di più (foto 1) per ridurre il suo debito: è esattamente quello che ha fatto e, molto semplicemente, non funziona!
Ciò che è notevole del costante saldo primario dell’Italia a partire dagli anni ’90 è che sia stato fatto durante un periodo di lunghissima stagnazione, quando i ricavi sono bassi e le spese elevate. Questo grafico (4) mostra la crescita del PIL in Italia e nei Paesi Bassi (base 1990 = 100).
Questo è lo stesso grafico (5) per il periodo successivo al 2000, prendendo il 2000 come base. Dal 2000 l’economia olandese è cresciuta del 30%, mentre quella italiana è cresciuta del 3%. A ben guardare, il PIL è persino minore a quello di 10 anni fa.
L’Olanda si può finanziare a tassi molto più convenienti dell’Italia. Questa è la spesa per interessi in rapporto al PIL che Italia e Olanda pagano ogni anno per coprire il proprio debito. Dal 2010 l’Italia ha pagato in media il 4% del PIL l’anno di interessi, mentre l’Olanda meno dell’1% (grafico 6).
Raggiungere il pareggio di bilancio in queste condizioni è come pretendere di nuotare con un masso legato.
Quest’articolo è un buon esempio delle origini del debito italiano.
Qualcuno potrebbe credere che non sia colpa dell’Olanda se l’Italia deve pagare tassi di interesse così elevati. In realtà, all’interno di un’unione monetaria, i soldi fluiscono dai Paesi considerati più a rischio (come l’Italia), spingendo i loro tassi di interesse verso l’alto, verso quelli “sicuri” (come l’Olanda), abbassando di contro i loro (foto 2).
Che poi è proprio quello che è successo da quando la pandemia ha colpito l’Italia.
In teoria i rendimenti obbligazionari dovrebbero riflettere il rischio effettivo di un default del Paese. Ma lo studio di De Grauwe et al (foto 3) mostra che sono guidati principalmente da “sentimenti di mercato” (erratici) piuttosto che dai fondamentali economici.
E comunque, al giorno di oggi, i default non capitano praticamente mai: i Paesi pagano sempre i loro creditori. Nel suo ottimo libro, Jerome Roos ha dimostrato come la quota totale del debito pubblico mondiale in stato di default fosse dello 0,2%. Il restante 99,8% è stato normalmente rimborsato.
Persino il Wall Street Journal – non esattamente una testata marxista-leninista – riconosce come la supposta dissolutezza fiscale degli ultimi anni non sia stata la causa del problema del debito italiano, ma piuttosto sia stato causato da un insieme di pessime scelte politiche legate a UE ed euro e iniziate una quarantina di anni fa (foto 4).
Questo è un altro esempio per comprendere come gli interessi che i diversi Paesi debbono pagare per finanziarsi non siano un riflesso dei fondamentali economici: i rendimenti obbligazionari olandesi e italiani sono stati fortemente convergenti tra il 2000 e lo scoppio della cosiddetta crisi dei debiti sovrani, prima di tornare a divergere (grafico 7)
mentre le differenze nel rapporto debito/PIL sono rimaste pressoché invariate (grafico 8).
Quello che “i mercati credono” e determina l’andamento dei tassi di interesse è guidato da altre cose, spesso irrazionali.
Per capire meglio come i costi olandesi siano diminuiti proprio perché i costi italiani sono aumentati: ecco un grafico dei rendimenti obbligazionari tra l’inizio della crisi finanziaria nel 2008 e il “whatever it takes” di Mario Draghi a metà 2012: sono praticamente speculari (grafico 9).
Ciò è dovuto al modello individuato da De Grauwe: poiché il denaro è “intrappolato” nell’euro, il capitale è fuggito da Sud (spingendo gli interessi verso l’alto) a Nord (spingendo gli interessi verso il basso) all’interno dell’Eurozona.
Non so davvero cosa dire (foto 5).
Ho vissuto in italia. Le infrastrutture si stanno sgretolando. Basti vedere le ferrovie e le autostrade.
Quattro giorni fa è crollato un ponte. In quale altro Paese dell’Europa occidentale accadono questo genere di cose?
L’anno scorso è crollato un altro ponte, uccidendo 43 persone.
E se pensate che l’Italia dovrebbe semplicemente tassare la sua economia informale (l’insieme di transazioni di beni e servizi non inclusi nella contabilità nazionale, NdT): le persone che hanno un lavoro informale a basso salario potrebbero non pagare l’imposta sul reddito, ma non ricevono neanche benefici sociali (grafico 10).
Di conseguenza la percentuale di disoccupati in Italia che riceve effettivamente sussidi di disoccupazione è particolarmente bassa.
Di solito le persone all’estremità inferiore del mercato del lavoro ricevono più sussidi di quante tasse paghino. E l’occupazione informale è prevalentemente a basso reddito. I dati sopra riportati provengono dai prospetti occupazionali dell’OCSE.
Quindi è tutto tranne che certo che comprendere il settore informale a basso salario migliorerebbe la situazione fiscale se si considerano sia le entrate che le uscite.
E guardando ancora più indietro nel tempo, le finanze pubbliche olandesi non sembrano esattamente strabilianti (grafico 11)…
L’Italia ha uno dei livelli più bassi di investimenti pubblici (in strade, scuole, ecc.) della UE (grafico 12).
Negli ultimi anni non ha investito abbastanza neanche per compensare il deterioramento della sue infrastrutture.
traduzione di Gilberto Trombetta (FSI Roma)
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