Sei di destra o di sinistra?
di ANDREA ALQUATI (FSI Viterbo)
Periodicamente mi viene posta questa domanda, di fronte alla non facile ascrivibilità del piccolo partito di cui faccio parte alle due etichette politiche per eccellenza.
Per provare a rispondere, bisogna innanzitutto chiarire che si intende con destra e sinistra. Questa classificazione nasce ai tempi della Rivoluzione Francese, quando alla sinistra di chi presiedeva l’Assemblea si sedevano quelli più inclini al cambiamento e a destra quelli più restii. Quindi conservatori a destra e progressisti a sinistra.
Ovviamente i contenuti sono cambiati nel corso dei secoli.
Nell’Ottocento chi voleva il cambiamento, voleva un’economia più libera dal controllo dei Re e dei nobili che possedevano la terra, quindi la sinistra era liberale e solo parzialmente democratica, visto che voleva dare il diritto di voto solo a chi pagava un certo livello di tasse, possedendo quindi un’attività che lo portava ad identificare i suoi interessi nel liberismo economico, mentre la destra difendeva la società tradizionale coi duchi, i marchesi e le principessine.
Nel Novecento le cose cambiano perché i nuovi ricchi, banchieri e industriali, hanno praticamente tolto il potere ai Re e ai nobili, mentre si affacciano a reclamare i loro diritti, sia di votare che di vivere meglio, le classi lavoratrici fino ad allora subalterne.
A questo punto quindi chi vuole il cambiamento non è più liberale, ma socialista: non vuole più che lo Stato “lasci fare” in economia, ma che intervenga e non per garantire la conservazione del potere dei più ricchi, ma per garantire uguaglianza sostanziale. Quindi adesso è la destra ad essere liberale, per conservare il potere di chi lo ha preso nel secolo precedente: quella che era sinistra diventa destra.
Le cose cambiano ancora negli ultimi 40 anni, dopo un secolo in cui praticamente il Mondo si è spostato a sinistra, con l’estensione del diritto di voto a tutti nei Paesi democratici, l’esplosione del ruolo dello Stato nell’economia e una generale emancipazione delle classi un tempo subalterne, che accedono sia a standard di vita migliori sia alle pari opportunità di studio, professionali ecc.
Negli ultimi 40 anni si torna indietro: si rivà verso il liberismo, con la ritirata dello Stato a vantaggio dei privati e una ripresa delle disuguaglianze. Lo si fa con una novità rispetto al passato: la rimozione delle frontiere, che mette in concorrenza gli Stati nell’attirare chi investa, facendo a gara a chi è più liberista, cioè a chi disturba meno il “conducente” (cioè il capitalista), e al tempo stesso spinge i lavoratori a spostarsi da un Paese a un altro alla ricerca delle condizioni migliori per sè ma andando a indebolire le posizioni dei lavoratori che già vivono nel Paese di destinazione.
Ma chi le porta avanti queste politiche? Tutti, sia la destra che la sinistra, quindi sono due sinistre se si prende come riferimento che sono entrambe per cambiare le cose, o al contrario due destre se si prende come riferimento che sono per riportare le cose a come erano prima, fatto sta che sono la stessa cosa.
Ecco, noi come Fronte Sovranista Italiano dissentiamo da questo ritorno all’indietro, considerando sempre validi i principi espressi dalla Costituzione italiana anziché quelli dei Trattati europei (liberisti). Quindi potreste etichettarci come “destra”, perché siamo per conservare quello che era il progetto nato dopo la guerra dai partiti democratici che hanno scritto la Costituzione, o come “sinistra”, perché siamo per cambiare rispetto alla direzione degli ultimi 40 anni. Sicuramente siamo socialisti.
Ci sono poi altre distinzioni su cui si usa in genere far correre il confine fra destra e sinistra.
Una è quella secondo la quale la destra rappresenterebbe i lavoratori autonomi e la sinistra i dipendenti. Noi non possiamo accettare di rappresentare gli uni piuttosto che gli altri, visto che i loro interessi coincidono: un autonomo ha interesse che un dipendente abbia soldi in tasca da spendere, un dipendente ha interesse che un autonomo non chiuda la sua attività. Gli interessi di entrambi, dipendenti e autonomi dal reddito mediobasso (e anche dei piccoli risparmiatori), sono contrapposti a quelli di chi maneggia i grandi capitali o percepisce megastipendi.
Un’altra (che hanno sempre in bocca Berlusconi, Salvini e compagnia) sarebbe che “la sinistra è statalista”, cosa che come abbiamo visto un tempo era vera. In questa accezione noi siamo “sinistra”, in quanto vogliamo un ruolo forte dello Stato nell’economia, che investa in settori strategici (abbiamo visto di recente con la pandemia l’importanza di avere una Sanità attrezzata e anche un’industria medico-farmaceutica nazionale) o dove la libera concorrenza non sia possibile (abbiamo visto col tragico crollo del ponte di Genova cosa possa succedere a lasciare la gestione a chi deve distribuir utili agli azionisti) e possa attuare politiche di sostegno all’economia quando serve, come adesso, senza chiedere il permesso ai mercati.
Un’ulteriore differenza sarebbe nell’essere la sinistra globalista e la destra a favore dei confini. In questo caso noi saremmo “destra” perché riteniamo che i confini non siano residui del passato utili solo a far scoppiar guerre, ma strumenti per regolare e disciplinare i flussi di persone, merci e capitali in un’ottica di interesse generale e collettivo, anziché di parte. Tuttavia va sottolineato come i Paesi socialisti in realtà siano stati sempre i primi a controllare le loro frontiere sia in entrata che in uscita, in quanto se vuoi creare un’area dove le leggi del mercato siano soggette a delle regole, quest’area dev’essere necessariamente delimitata (come un campo di gioco), mentre sono i grandi capitali, che spostano sedi fiscali e stabilimenti produttivi alla ricerca delle migliori condizioni, a reclamarne la rimozione.
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