L’Eurogruppo decisivo
di SIMONE GARILLI (FSI-Riconquistare l’Italia Mantova)
La sostanza è chiara: stanno apparecchiando il MES per l’Italia, adescandola con una linea di credito sanitaria senza condizioni.
La trappola è prima di tutto mentale: “come potete rifiutare 37 miliardi per la nostra martoriata sanità pubblica, a tassi di interesse bassissimi, irresponsabili!”
A parte il fatto che questa propaganda emozionale proviene proprio da coloro che la sanità pubblica l’hanno massacrata di tagli nell’ultimo decennio (ironicamente: proprio 37 miliardi di minore finanziamento dal 2009 ad oggi), il punto è un altro: all’Italia, nel 2020, non serviranno 37 miliardi di euro, ma circa 300, considerando che deve emettere almeno 500 miliardi di debito pubblico tra maggior deficit e rifinanziamento del debito in scadenza, e che la BCE ne coprirà minimo 195 e massimo 223 (sono stime freschissime dell’Ufficio Parlamentare di Bilancio, organo legato a doppio filo con l’Unione Europea).
Tutto ciò al Ministero dell’Economia lo sanno benissimo e non ci dicono come pensano di finanziare i 300 miliardi che la BCE non coprirà, soprattutto dopo che la Corte federale tedesca ha nei fatti vincolato la partecipazione della Germania all’euro al contenimento temporale e quantitativo del QE e dello stesso PEPP (il nuovo programma da 750 miliardi di euro di acquisti di titoli pubblici per il 2020 lanciato dalla BCE il 18 marzo).
In definitiva: all’Italia mancano 300 miliardi, o poco meno, e non sarà né la BCE, né evidentemente una linea di credito sanitaria da massimo 37 miliardi, a coprirli (neanche vale la pena di parlare del SURE, del piano BEI per le imprese e dell’immaginifico Recovery Fund, che in ogni caso partirebbe nella migliore delle ipotesi dal 1° gennaio 2021, a babbo morto).
Potrà essere solo, a questo punto, una linea di credito del MES comprensiva di un programma di aggiustamento macroeconomico, ciò che l’Eurogruppo di ieri non ha voluto, né poteva, escludere.
Perché non poteva? Per la semplice ragione che le conclusioni di una riunione informale di Ministri delle Finanze non può prevalere giuridicamente su due Trattati europei (TFUE e MES) e su un regolamento che dettaglia il secondo di quei Trattati (regolamento UU 472/2013, ai più noto come Two Pack). Neanche il prossimo Consiglio Europeo potrà riuscirci, salvo che non si decida all’unanimità di cambiare i due Trattati e il regolamento (buonanotte sognatori…).
Bene. E allora perché ci dicono che non ci sono più rischi di sorta, che Gualtieri ha vinto, che ci regaleranno 37 miliardi e poi amici come prima? Per sviarci, ovviamente, per farci sentire in colpa di aver anche solo pensato di rifiutare quei soldi facili durante una pandemia globale che ha messo a dura prova il nostro sistema sanitario. Giocano, come sempre, sul senso di colpa per imporci scelte che vanno contro i nostri interessi.
È il caso di spaccare il capello in quattro.
Nell’Eurogruppo di ieri si è deciso che il MES sanitario sarà senza condizioni se non quella di spendere in salute pubblica un prestito che potrà arrivare fino al 2% del Pil: non ci sarà il classico programma di aggiustamento macroeconomico cui abbiamo assistito in Grecia e altrove. Nessuna novità rispetto alle settimane passate.
Ciò che continuano a non dirci è che la trappola scatterà una volta entrati nella linea sanitaria, e ieri l’Eurogruppo lo ha scritto nero su bianco. Qui sta la novità rispetto alle riunioni precedenti.
In particolare, al punto 3 del comunicato finale dell’Eurogruppo si legge:
“The provisions of the ESM Treaty will be followed”.
Tradotto: “Saranno seguite le disposizioni del Trattato MES“.
Al punto 5 si legge:
“The ESM will also implement its Early Warning System to ensure timely repayment of the Pandemic Crisis Support“.
Tradotto: “Il MES implementerà inoltre il suo sistema di allarme rapido per garantire il rimborso tempestivo del sostegno alla crisi pandemica“.
Infine al punto 6:
“This includes a maximum average maturity of 10 years for the loans and favourable pricing modalities adapted to the exceptional nature of this crisis“.
Tradotto: “Ciò include una scadenza media massima di 10 anni per i prestiti e modalità di prezzo favorevoli adattate alla natura eccezionale di questa crisi“.
Partiamo dalla fine. Il prestito durerà 10 anni, legando per molto tempo mani e piedi della politica economica italiana ad una “sorveglianza rafforzata“, ancora più stringente della già inaccettabile morsa del Patto di Stabilità e Crescita e del Semestre Europeo.
Ma la trappola risiede altrove, nei due punti precedenti. Il primo chiarisce fuori da ogni dubbio che non c’è promessa che tenga: la pietra d’angolo di tutta l’operazione, ovviamente, è il trattato MES.
Mentre il secondo afferma che, facendo leva sul trattato stesso, il MES attiverà un “sistema di allarme rapido“, vale a dire un monitoraggio strettissimo sulla dinamica di breve e medio-lungo periodo della nostra finanza pubblica, e in particolare del rapporto debito/Pil.
Siamo nel cuore della trappola: se l’Italia entrerà nel MES riceverà i 37 miliardi senza piano di aggiustamento macro, ma poi scatterà immediatamente il monitoraggio sul debito pubblico e, quando lo vorrà, cioè quando sarà finanziariamente e politicamente inevitabile, il MES farà leva sull’articolo 14 comma 6 del Trattato, che recita testualmente:
“6. Dopo che un membro del MES abbia già ottenuto fondi una prima volta (per mezzo di un prestito o di un acquisto sul mercato primario), il consiglio di amministrazione decide di comune accordo su proposta del direttore generale e sulla base di una valutazione condotta dalla Commissione europea, di concerto con la BCE, se la linea di credito è ancora adeguata o se sia necessaria un’ALTRA forma di assistenza finanziaria“.
A quel punto, quando l’Italia della linea sanitaria non saprà che farsene, perché il crollo del Pil si sarà portato dietro l’esplosione del debito pubblico oltre il 150%, sarà un gioco da ragazzi metterci di fronte al bivio tra la perdita dell’accesso al mercato per i nostri titoli pubblici (pensioni, stipendi e ammortizzatori sociali a rischio) e una seconda linea di credito, questa volta necessariamente affiancata da un rigido programma di aggiustamento macro, date le dimensioni del salvataggio (a cui probabilmente parteciperà la stessa BCE attivando quel che rimane del programma OMT).
Tutto perché la Banca Centrale Europea, per Statuto e secondo i Trattati fondativi dell’Unione, non può acquistare i titoli pubblici degli Stati secondo necessità, come succede nel resto del mondo. Il benessere e la democrazia sacrificati sull’altare della scarsità indotta di moneta.
Stò chiedendo in giro tendando di capire come sia stato possibile per Spagna, Porogallo e Irlanda utilizzare la linea MES senza tutti i disastri Greci, saprebbespigarmelo?