Nostra Valutazione dei risultati delle elezioni europee.
La Redazione
Il primo dato significativo che emerge dalla lettura dei risultati delle votazioni per il parlamento europeo è l’elevata percentuale degli astenuti.
Si tratta di un dato da valutare positivamente. Pur non avendo la certezza che l’elevata percentuale di astenuti stia ad indicare un aumento degli antieuropeisti tra i cittadini italiani, vi è comunque la possibilità che tra le cause dell’astensionismo – che è stato maggiore rispetto a quello delle precedenti politiche e a quello delle amministrative – vi sia una maturata consapevolezza antieuropeista.
Qui è appena il caso di ribadire che l’europeismo e l’antieuropeismo vanno misurati e valutati soltanto con riguardo all’Europa così come essa è configurata nei Trattati europei e che non ha alcun senso, sotto il profilo giuridico, politico e più in generale pratico, dirsi europeisti ma contrari ai Trattati europei. L’Europa da giudicare – rispetto alla quale si è favorevoli o sfavorevoli – è l’Europa esistente: quella configurata e progettata dai Trattati europei. Chi è per un Europa diversa da quella configurata e progettata dai Trattati è antieuropeista, anche se non possiede l’intelligenza per capirlo o il coraggio per affermarlo.
Peraltro, è più probabile che l’astensionismo sia dipeso non tanto da un sia pur modesto aumento della coscienza antieuropea, quanto dalla consapevole, o meno, distanza dell'italiano dall'Europa. Eleggere un parlamentare europeo sembra assolutamente inutile, salda essendo la convinzione (tutt’altro che falsa, bensì esattissima e incontestabile) che il Parlamento europeo non decida nulla e sia un assemblea ipocrita, volta a dare all’Europa delle banche e dei governi sembianze democratiche e dunque sembianze di Europa dei popoli. Peraltro, seppure le cose stessero così, si tratterebbe pur sempre di sano antieuropeismo. Poco consapevole ma sano.
Il secondo dato è il successo della Lega Nord tra i partiti della coalizione di centro-destra.
Anche questo dato deve essere valutato positivamente.
La lega Nord, rispetto al PDL è un vero partito. È stato edificata dal basso e non dall’alto. È stata costruita con la militanza e non con il denaro. E questi sono titoli di onore che vanno riconosciuti. Chiunque aspiri alla costituzione di un Fronte Popolare – del Fronte Popolare Italiano –, anche se non ha mai votato e mai voterà per uno dei partiti del cosiddetto centro-destra, non può che rallegrarsi del fatto che un partito popolare sottragga voti all’alleato elitista e plutocratico creato con il marketing. Naturalmente, la valutazione positiva del successo della Lega rispetto al PDL non implica alcuna adesione alle posizioni di questo partito, che reputiamo per molti versi pericoloso e sul quale avremo modo di esprimere più compiutamente le nostre opinioni.
Il terzo dato è il fallimento del progetto del Partito Democratico.
Innanzi tutto precisiamo che alludiamo al fallimento del tentativo di costruire un unico partito, filo europeista, strettamente alleato delle grandi banche private, borghese (sebbene piuttosto piccolo borghese) anziché popolare, moderato fino alla malattia mentale – le idee sono pure ma “i democratici” hanno confuso la necessaria mediazione politica, con le “idee mediate” che ovviamente non esistono e non sono nemmeno pensabili – , cerchiobottista, innamorato della cultura Statunitense (Kennedy; Obama; I Care; casa a New York e così via), consapevolmente o inconsapevolmente classista, incapace di avere un’idea nuova e quindi privo di coraggio, appunto perché cerchiobottista.
Il progetto è fallito perché, da un lato, una parte dei cittadini continua a votare a sinistra, pur nella consapevolezza o comunque correndo il rischio di dare un voto inutile; dall’altro, quel progetto si è scontrato con la personalità di Antonio Di Pietro e con il partito dell’Italia dei Valori, i quali, si deve riconoscere, a prescindere da ogni valutazione sulle opinioni politiche, hanno dimostrato capacità tattiche e strategiche.
Insomma il risultato del cervellotico e demenziale progetto del modestissimo Veltroni è il nulla. D’altra parte, crediamo che sia convinzione comune a tutti coloro che hanno una minima capacità di ragionare che chi ha utilizzato anche soltanto tre volte nella vita la frase “ma anche” non crede in nulla e non può per principio costruire nulla.
Anche questo terzo dato, quindi, deve essere valutato positivamente.
Il quarto dato è il successo dell’Italia dei Valori.
Si tratta di un partito popolare, nello stile, nelle idee, nella figura del capo. Il capo, Antonio Di Pietro, ha scelto di procedere ad una iniezione di idee di sinistra (candidature di Vattimo e altri) . La scelta, coraggiosa, si è rivelata strategicamente vincente.
Essendo attualmente estranei alla coalizione di centrosinistra (partito democratico- Italia dei valori), tuttavia non possiamo che rallegrarci del travaso di voti dal peggiore dei partiti italiani – il partito democratico – ad un partito popolare, che almeno una volta su due sostiene posizioni che ci appaiono condivisibili. Idee nuove non ne ha; anch’esso è malato di antiberlusconismo; e tuttavia non è paragonabile al PD, per coerenza, chiarezza delle posizioni e fermezza delle idee (siano o meno condivisibili).
Veniamo alla cosiddetta sinistra.
I due principali “schieramenti” della sinistra si sono divisi i voti e non hanno eletto rappresentanti. È un bene o è un male? Se si considera che i seggi vogliono dire denaro e visibilità dei gruppi dirigenti dei due “schieramenti” forse è un bene. Perché vi sono maggiori possibilità che la sconfitta dei due “progetti” (o forse delle due alleanze elettorali) agevoli l’emersione di qualche idea nuova. Quindi forse anche di questo dato deve essere offerta una valutazione positiva.
D’altra parte, l’argomento principale che gli schieramenti di sinistra avrebbero dovuto utilizzare nella campagna elettorale consisteva nella necessità di introdurre una riforma costituzionale che preveda il referendum sulla legge di ratifica del trattato di Lisbona. Ciò non è stato e questa è una gravissima colpa degli schieramenti di sinistra. E non è una colpa come un’altra; è il segno che non sono in grado di svolgere il ruolo al quale il momento storico li chiama. Alcuni poi, non tanto hanno trascurato l’antieuropeismo, o comunque la necessità di dare l’ultima parola ai popoli, contro i governi e le burocrazie europee, bensì non sono antieuropeisti e non danno alcuna importanza alla possibilità che il popolo italiano si esprima sul trattato che costruisce in capo al popolo medesimo un mega stato. Di questi ultimi speriamo che il cosiddetto (ormai piccolo) popolo della sinistra italiana si dimentichi presto, anche se dobbiamo amaramente constatare persino l’esistenza di qualche malefica infatuazione.
Dicevamo che la sconfitta delle due alleanze – è adesso, al momento della sconfitta, che si vedrà se si trattava di alleanze o di progetti, per quanto fallimentari – potrebbe essere utile all’emersione di nuove idee. Quali idee nuove? Crediamo che si tratti delle idee espresse nel Manifesto del Fronte Popolare Italiano e che cercheremo di sviluppare attraverso il nostro sito.
Da ultimo, è positivo il fatto che il nano della politica italiana, che è potuto apparire a molti un gigante a causa degli avversari a dir bene mediocri che la storia gli ha collocato innanzi, pur essendosi presentato in tutte le circoscrizioni, non ha ottenuto il plebiscito che sperava. Forse l’Italia si libererà di lui, non per merito del popolo italiano, bensì per l’anziana età, che sta cominciando a colpire la sua lucidità; per il fallimento del PD, che faceva apparire indispensabile un grande partito del centro-destra con a capo il minuscolo imperatore; per la crisi economica che smentirà le sue bugie e il suo sciocco ottimismo; e anche per la combinazione del miserabile moralismo che attanaglia l’immenso sottoproletariato televisivo italiano e del voyerismo suscitato e diffuso dalle televisioni di mediaset; i quali, moralismo e voyerismo, rivolgeranno contro il presidente del consiglio le massaie e le donne e gli uomini pii, parte essenziale, fino ad ora, del consenso berlusconiano, senza che ulteriori consensi possano venirgli dai frequentatori di bische e sale bingo, già tutti schierati con il nano politico che ha avuto la ventura di incontrare avversari molto più inconsistenti di lui: la superiorità del presidente del consiglio rispetto ai suoi avversari non deve essere mai sottaciuta.
ciao a tutti.
Aggiungo alcune considerazioni alla valutazione delle elezioni, sulla quale concordo su molti punti.
L’Europa del trattato di Lisbona non è assolutamente stata rappresentata nelle campagne elettorali, in Italia e nel resto degli stati europei: Liberation la settimana scorsa ha pubblicato una gran quantità di focus sui vari Paesi dell’Unione, e anche Internazionale ha dedicato spazio due numeri or sono all’argomento (vedi http://www.internazionale.it/home/?p=1157): in tutta la Ue la campagna elettorale è stata proiettata su problemi interni. Nessuno – nemmeno i Radicali – parla di partiti europei, di liste europee, di problemi europei, che – questi
sì – appartengono all’Europa che c’è qui e ora: come se i 72 eletti domani partissero per la Luna e buonasera. Non mi pare qualcosa di
positivo, è solo una mistificazione.
Attualmente il Pd è il peggior partito d’Italia perché non riesce a rappresentare niente, peggiore persino di un partito clericale (l’Udc che infatti rimane piccino: 6,5%):
– non è in grado di condurre alcuna campagna di controinformazione e di opposizione perché è fortemente compromesso (il caso Alitalia è un buon esempio: Colaninno jr nel partito ha impedito qualunque picchetto a Fiumicino accanto ai lavoratori perché sennò sarebbe arrivata una telefonata dal papà) con le clientele provenienti dalla Margherita;
– non può rivolgersi ai cittadini europei del futuro, ai giovanizo, innanzitutto perché non li conosce e li tratta con paternalismo (almeno Franceschini rispetto a Veltroni ha eliminato il disprezzo);
– in parlamento e sui giornali sono state zittite le mille voci del partito, il partito è più unito e meno chiassoso di prima, ma le correnti, in attesa di un congresso vero, sono paritetiche e apparentemente equilibrate: Parisi col suo 0,002% vale quanto i tecnocrati di Letta o gli ex Ds della corrente di D’Alema.
– va detto che territorialmente il Pd mostra alcune novità: guardate questa:
http://www.repubblica.it/speciale/2009/elezioni/europee/nordest.html
Nel nordEst la Lega è al 20% (facile!), il PD al 28%, il Pdl al 28,1%. L’avreste mai detto? Mi sbaglierò, ma non credo sia merito di Calearo,
né demerito di Berlusconi: la gente vota a destra perché è di destra, dall’elettore rozzo che coglie certe suggestioni (immigrazione e
ordine sociale) a quello più avveduto, protezionista e vagamente secessionista. Il Pd gioca con il mantenimento dello status quo
locale, ma almeno rispetto al monopolista Berlusconi mostra una lena liberale che semplicemente non è di casa nel Pdl
– Non si discutono le miopie del Pd in merito alla tattica elettorale (molto migliorata comunque con Franceschini), ma in merito al cinismo
con cui gli altri partiti di opposizione hanno affrontato questa campagna elettorale, non possiamo passare sopra al fatto che Vendola,
Berlusconi, Casini ma anche Di Pietro hanno candidato sé stessi in capo alla lista, ben sapendo che non sarebbero mai andati a
Strasburgo. Invece il Pd – che pure ha presentato una prima linea di candidature piuttosto “opaca” – almeno non ha presentato figure carismatiche per raccattare voti. Forse perché non ne ha.
La Lega è un partito popolare, sì, ma a mio modo di vedere rappresenta il popolo peggiore, più becero, e le sue istanze sono sempre più irricevibili. E’ una mistura di provincialismo e xenofobia, non ha nessuna riforma in mente a parte il particolarismo fiscale che
è l’anticamera di una secessione. Non so che pensare in merito: personalmente credo che se vogliono federarsi con la Carinzia e
staccarsi dall’Italia possono farlo, ma anche che 150 anni fa Garibaldi li avrebbe caricati con la baionetta.
Non credo alle analisi dei filoleghisti di sinistra (a destra non ci sono filoleghisti). Cacciari e Chiamparino pensano che la gente voti
Lega per stanchezza, ma io invece credo che si tratti di ignoranza: gli operai e i quadri delle aziende private del Nord che vanno bene e
reggono la concorrenza internazionale (Luxottica, Illy, Benetton) non votano in maggioranza Lega; la votano invece gli operai e i quadri di quelle fabbrichette di sedie che trent’anni fa copiavano i progetti tedeschi e inglesi e li rivendevano nel sudeuropa a metà prezzo. Sono le stesse aziende che hanno campato riempiendo i ministeri e gli enti locali di robaccia – grazie ad amicizie interne – e che ora sono schiacciate dai cinesi. Votano Lega perché sono disperati, e nel migliore dei casi hanno perso la trebisonda.
Partito popolare, sì, ma quale popolo? Un popolo che va “educato” in qualche modo? O un popolo che invece è stato fin troppo educato da decenni di cultura nazionalpopolare? Un popolo che non promuove intellettuali (Miglio è morto da tempo) alla sua guida perché non è in grado di esprimerne? Perché rappresenta l’Italia “a misura di idraulico” che lavora malpagata a part time al mattino, e nel pomeriggio arrotonda con qualche lavoretto in nero?
Condivido pienamente le righe sulla sinistra. Vendola è elitario, è andato sicuramente fortissimo al centro di Roma, al centro di Napoli o di Palermo, altrove non lo capiscono. Ma non è vetero-comunista, non è antieuropeista, come invece è Ferrero.
Diliberto, di là dalle apparenze (“la mia rabbia è la tua rabbia”), non mi pare proprio arrabbiato: è un benestante e benemerito professore universitario, ha poco da arrabbiarsi.
il sito è già molto interessante, continuate così.
un saluto
Prima di tutto complimenti al sito che per adesso non modificherei.
Nel mio breve commento vorrei partire dagli elementi condivisibili; prima di tutto l’esclusione dei partiti comunisti uniti e di sinistra e libertà: è giusta l’osservazione che del vuoto lasciato non occorre fare drammi. Il vuoto può essere riempito in modo più costruttivo. Questi due raggruppamenti last minute sono guidati da personaggi che ricordano le galline in lotta per stabilire l’ordine di beccata.
A loro differenza (e vengo al secondo punto condiviso) la Lega e l’Italia dei valori (e in modo simile l’Mpa di Lombardo) si presentano veramente come partiti rivolti al popolo e prendono voti senza essere supportate dai media e senza troppe “sceneggiate” di tipo “pannelliano”. Ciò serva di lezione.
Per quanto riguarda il Pd (terzo punto condiviso) è sconcertante vederlo perdere voti verso tutti e ascoltare i commenti dei suoi dirigenti all’insegna della “normalità”. Ho sentito sostenere da Gentiloni che 7-8 punti di differenza tra il Pd e il Pdl sono “normali”; in questi termini credo sia “normale” che il Pd finirà per dissolversi.
Arrivo alla questione dell’astensionismo.
Ho qualche dubbio sull’idea che l’astensionismo elettorale derivato da una scarsa conoscenza dell’Europa sia in qualche modo sano: spesso l’ignoranza genera mostri.
Vero è che che l’Europa attuale ha una spina dorsale costituita dall’Uem (l’Unione Economica e Monetaria) ispirata dallo “spirito” di Jean Monnet. L’Ue è la formula per la comunicazione elettorale, ma è una formula; non ha riferimenti semantici; è un’illusione ottica; è incomprensibile, di qui la diffidenza e l’ostilità aperta.
Tuttavia ritengo che dobbiamo essere ben consapevoli del fatto che il legislatore europeo prevale sui legislatori nazionali. I parlamenti nazionali lavorano spesso solo per ratificare le decisioni di Strasburgo. Questa attività di ratifica permette ai parlamentari nazionali di lavarsi le mani della responsabilità delle loro azioni; gli basta sostenere che il tal provvedimento è stato preso in Europa e va applicato, per evitare le sanzioni europee. Così nel parlamento nazionale ci troviamo ad eleggere degli “irresponsabili”. D’altra parte, con l’astensione, deleghiamo delle minoranze ad eleggere i legislatori veri, quelli del parlamento di Strasburgo.
Chi costituisce queste minoranze? In mancanza di dati è difficile dirlo, tuttavia mi sembra opportuno ricordare la spontanea sensibilità e le sollecitazioni dei politici europei verso le imprese (Prodi, per limitarsi al caso italiano già da prima che fosse “nominato” presidente della Commissione Europea, ma anche durante il suo mandato faceva appelli agli imprenditori perché sfruttassero le opportunità del libero mercato europeo; si vedano, a titolo d’esempio, http://www.gitn.it/clientfiles/stampa/7-FILE7.PDF; http://archiviostorico.corriere.it/1997/novembre/18/Effetto_Prodi_tra_imprenditori_salotti_co_7_971118978.shtml; ma soprattutto http://www.lex.unict.it/cde/documenti/affari_italiani/2002/020411prodi_it.pdf).
Non ci si deve meravigliare più di tanto se la legislazione europea sia più sensibile alle esigenze delle imprese e meno sensibile alle tematiche e alle ansie dei normali cittadini.
In sintesi abbiamo: da un lato una Uem impostata a tutela dell’economia e degli attori economici (banche e imprese); dall’altro i cittadini europei che hanno esigenze per le quali l’Ue non opera in modo attivo.
Poiché la legislazione nazionale è dominata da quella europea, l’astensionismo a chi giova?
Qual è la convenienza a votare a livello nazionale per scegliere dei signori che applicano delle direttive di signori per i quali si sceglie di non votare?
La scarsa informazione (come osserva Marco la campagna elettorale per le europee si è concentrata sui problemi nazionali) ha finito per far eleggere esponenti di formazioni politiche che rivendicano la primazia del localismo (per esempio, in Italia la Lega), che sono una minoranza, e di quelle che invece appoggiano la logica dei grandi mercati unificati (per esempio il Pdl in Italia).
Nel complesso il parlamento europeo esce così costituito (secondo i dati provvisori):
EPP-ED (che riunisce il Partito popolare europeo e i democratici europei): 35,9% (264 seggi)
PES ( i socialisti): 21,9% (161 seggi)
ALDE (un gruppo di Alleanza dei Democratici e dei Liberali per l’Europa): 10,9% (80 seggi)
UEN (Unione per l’Europa delle nazioni): 4,6% (35 seggi)
GREENS/ EFA (i verdi): 7,2% (53 seggi)
GUE/ NGL (il gruppo che riunisce la Sinistra unitaria europea e la Sinistra verde nordica): 4,3% (32 seggi)
IND/ DEM : (il gruppo Indipendenza/Democrazia): 2,4% (18 seggi)
Altri minori: 12,6% (93 seggi)
Di tutti i raggruppamenti sono definiti come “euroscettici” solo il gruppo di indipendenza democratica e l’Uen che è un raggruppamento delle destre nazionaliste europee dove confluirà la Lega (l’Uen ha peraltro ha perduto voti nel complesso europeo rispetto alle precedenti elezioni).
Complessivamente nell’Europarlamento le posizioni dell’astensione sono inesistenti; l’effetto dell’astensione è quello di far continuare la stessa Europa precedente, quella che definiamo delle Banche e delle imprese con una maggiore sensibilità ambientale, i cui effetti saranno tutti da vedere nelle decisioni.