di RICCARDO PACCOSI (FSI-Riconquistare l’Italia Bologna)
Osserviamo, qui sotto, un altro tassello del percorso a cui stiamo assistendo da cinquant’anni a livello di dibattito teorico e da trenta a livello di politica vera e propria: quello dello Stato che si pone come forza eversiva ai danni della propria stessa Costituzione. La notizia sottostante sul progetto di “riforma organica della Costituzione” che il PD si appresta a presentare, è corredata da una nota del medesimo partito in cui si spiega di voler ottenere “l’ottimizzazione e razionalizzazione della forma di governo parlamentare”.
L’obiettivo, quindi, è sempre lo stesso: abbattere l’impianto parlamentarista della Repubblica, limitando il potere del Parlamento e aumentando quello dei governi. Lo scopo di esecutivi che abbiano il potere di decidere senza ostacoli, mediazioni e rallentamenti, oltre a essere anti-democratico nella sua logica formale, risulta oggi ancora più urgente per via d’una crisi sociale senza sbocchi e che imporrà di distruggere le norme di protezione sociale del secolo scorso che ancora stanno in piedi. Quello che colpisce, è la disonestà intellettuale della sinistra e di tutta la sua base, con assai poche eccezioni.
Quando questa prospettiva anti-parlamentarista veniva posta dal Piano di Rinascita Democratica della P2, a sinistra si parlava di golpismo e neo-fascismo. Quando la medesima prospettiva era enunciata a parole da Berlusconi, la borghesia di sinistra scendeva in piazza al grido di “salviamo la Costituzione”. Dunque, visto che da alcuni decenni tutto questo è invece stato sposato dalla sinistra – sia dai suoi partiti che dalla sua base – trovo difficile pensare a un ambito politico-culturale che sappia esprimere maggiore ipocrisia e doppiezza morale della medesima.
Anche il popolo italiano, nel suo complesso, è stato incantato dalla propaganda ideologica contro la Costituzione: da sinistra a destra, quest’ultima è stata accusata di essere vecchia, di essere una “costituzione formale” che si contrapporrebbe alla “costituzione reale” ovvero a una composizione di società ormai cambiata. Occorre far capire all’opinione pubblica, invece, che veniamo da tre decenni di riforme sia istituzionali che costituzionali operate da destra e, in misura maggiore, da sinistra: ebbene, non una di suddette riforme ha rallentato la disgregazione del sistema produttivo italiano, non una di esse ha impedito l’aumento inesorabile del numero di cittadini sotto la soglia di povertà e non una di esse, soprattutto, ha colmato il senso di lontananza crescente fra cittadini e istituzioni.
Pertanto, occorre far capire che qualunque discussione sulle “riforme” è, in partenza, una discussione in malafede. Nel senso che i partiti neoliberali (vale a dire tutti quelli oggi presenti in Parlamento), non potendo né sapendo incidere sul tessuto economico e sociale a causa di vincoli di bilancio europei e altro, ogni due-tre anni propongono una “riforma” alla quale viene attribuito un qualche tipo di potere salvifico. Poi, introdotta la riforma e non essendosi verificato alcun miglioramento sociale ed economico, ecco che viene lanciata una riforma ulteriore, ancora una volta presentata come risolutiva. E così via all’infinito, in un gioco illusionistico a cui, oggi, è assolutamente necessario non prestare il fianco. Non va concesso, cioè, alcun margine a discussioni di merito sulle riforme.
Le considerazioni sulla “costituzione formale” e la “costituzione reale” – formulate a suo tempo da Costantino Mortati, poi da Norberto Bobbio, poi da Toni Negri, quindi riprese da tutte le forze politiche della Seconda Repubblica – vanno completamente rovesciate. Secondo buona parte dei costituzionalisti, infatti, la Costituzione italiana è stata concepita come disegno progettuale, come sistema di principi ed enunciati che non descrive affatto uno stato di cose bensì una dimensione verso la quale tendere. Questo significa che l’idea neoliberale della Seconda Repubblica secondo la quale la “costituzione formale” dovrebbe cambiare per adattarsi alla “costituzione reale”, è aporetica e anti-costituzionale fin dai suoi presupposti.
Al contrario, chi oggi vuole difendere il costituzionalismo democratico dalle velleità di creare uno stato neo-assolutista controllato dai poteri finanziari sovranazionali, deve capovolgere totalmente i termini con cui il dibattito procede da oltre cinquant’anni: ovvero deve sostenere la necessità di assumere, finalmente, il paradigma “progettuale” con cui la Costituzione è stata in origine concepita, ovvero deve sostenere che il compito dello Stato consta del trasformare la costituzione reale seguendo i principi-guida della costituzione formale. Riassumendo e capovolgendo: è la costituzione reale a doversi adattare alla costituzione formale, non viceversa.
Dunque, non va concesso alcun margine a discussioni di merito sulle riforme e occorre contrapporsi a tutti i progetti di riforma senza eccezioni. O così, almeno, sarà necessario fare fintanto che sussisterà un arco parlamentate univocamente contrassegnato dall’adesione all’ideologia neoliberale. Naturalmente, tutto questo implica una netta scelta a favore del NO per ciò che riguarda l’imminente referendum sul taglio dei parlamentari. Ma mentre molte persone di sinistra intendono votare allo stesso modo soprattutto per osteggiare il M5S, i sovranisti-costituzionalisti compiono questa scelta in quanto oppositori di tutti i progetti neoliberali e anti-parlamentaristi di riforma che hanno affossato il nostro paese dagli inizi degli anni ’90 sino a oggi.
(post del 13 settembre 2020)
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Mà! io continuo a non capire perché dite che negli ultimi 50/30/20…anni si stia assistendo ad una caduta dei principi costituzionale, accompagnata dalla caduta dei diritti e delle condizioni di vita, nonché una perdita di sovranità e poi attribuite tutto questo ad un progetto di indebolimento parlamentare a beneficio del potere del governo quando tutto quello che denunciate, che è verissimo, è avvenuto per,”e qui uso una parolaccia che però rende bene il senso”, gli “inciuci” del palazzo, cioè è avvenuto nella centralità del parlamento e la subalternità dei governi, in parlamento, forze diverse, possono elevare la discussione ma anche mercanteggiare le idee ed è questa seconda che, secondo me, è successo. In questo momento storico l’unica speranza è il popolo, a lui dobbiamo presentarci con le nostre idee, realizzarle e sottoporsi al suo giudizio e per farlo dobbiamo avere un parlamento che sia rappresentativo della maggioranza degli Italiani ma al tempo stesso autorevole e quindi responsabile di ciò che fa a partire dal governo a cui decide di dare la fiducia e poi alle leggi che approva ed il popolo deve individuare in maniera certa di chi siano i meriti e le colpe in modo da confermare chi fa bene e prendere a calci chi fa i danni. Lo capisco, il rischio che il popolo possa essere condizionato ed imbrogliato e che possa essere portato a credere che una cacca sia in realtà nutella ,ma dobbiamo sperare che una volta assaggiata lo stesso popolo quella nutella la faccia mangiare a forza a chi l’ha proposta, del resto altri 50 anni di parlamenti “proporzionali” in cui si vota per bistecche e salsicce e poi gli eletti ci fanno mangiare broccoli e carote e non” per colpa loro ma degli alleati senza i quali non si può governare e del resto fanno anche bene” io non li reggerei e penso neanche gli Italiani. Un parlamento, sempre cuore della vita repubblicana ma eletto col doppio turno e senza coalizioni (che una volta presi i voti si squagliano come neve al sole) quindi espressione di un 50% + 1 dei votanti che al secondo turno scelgono da chi farsi rappresentare , mentre al primo possono scegliere chi vogliono senza bisogno di votare il meno peggio; se i rappresentanti fanno quello che hanno promesso e questo fa il bene del popolo OK, altrimenti dopo due anni si fa una sorta di “tagliando elettorale” e se il popolo è stato abbagliato ed ingannato può sferrare i calci cui dicevo prima, sul tipo di tagliando se ne può parlare può anche essere un semplice referendum confermativo. Io sono fiducioso che basterebbe questo per ridare centralità all’elettore e toglierla ai vari “poteri forti” e quindi riaffermare nella sostanza i principi ed i valori costituzionali….un popolo sceglie, giudica e sentenzia sull’eletto, l’eletto deve rispondere al popolo perché è lui al centro della scena ed è lui col culo in piazza, non ci sono banche, potentati, europa…che tengano perché dopo due anni è al popolo che deve rispondere.