di STEFANO ROSATI (FSI-Riconquistare l’Italia Rieti)
Dalla fine degli anni Settanta la tendenza è il rafforzamento degli organi esecutivi monopersonali (presidenti, amministratori delegati, “capi” vari) a scapito degli organi consiliari (collegiali e rappresentativi), in virtù della supposta maggiore ‘stabilità’ e quindi efficacia dei primi. È stato così per società commerciali, imprese, banche ma anche scuole, università, ospedali. E poi Comuni, Province, Regioni e Stato. In vari modi, con riforme dirette o indirette ( cioè con l’introduzione di leggi elettorali che comprimono e distorcono il principio una testa un voto per creare maggioranze non uscite dalle urne).
Si è capito poi che la maggiore ‘stabilità’ serviva a fare le ‘riforme strutturali’ necessarie, secondo alcuni, al Paese. Ossia i tagli e privatizzazioni che convenivano solo ad alcuni (che erano quelli che dicevano di farle). Ma non bastava. Gli ‘instabili’ organi consiliari (rappresentativi) per contare di meno dovevano ‘pesare’ di meno, ‘contare’ (anche numericamente) di meno; essere più piccoli al cospetto del capo dell’esecutivo (comunale, provinciale, regionale o nazionale).
Così, con semplice legge ordinaria è stato ridotto il numero dei consiglieri comunali e provinciali, oltre a obbligare le regioni a ridurre il numero dei propri consiglieri. Quello che si è fatto ora anche con il Parlamento. Per avere una misura basti pensare che il consiglio regionale della Toscana si è ridotto da 50 a 40 consiglieri, lasciando senza rappresentanza migliaia di cittadini. Consiglieri provinciali e presidente delle Provincia da qualche anno si eleggono a suffragio ‘ristretto’: cioè consiglieri e presidente li scelgono i sindaci dei comuni della Provincia. La giunta provinciale è stata invece direttamente eliminata (riforma “Del Rio”). Qui c’è proprio un livello di rappresentanza che è ‘saltato’, cancellato, mentre gli altri sono stati progressivamente ridotti, compressi, sviliti.
Il suffragio universale, il peso e il valore del voto popolare, la democrazia, in Italia viene continuamente erosa, da anni. Colpisce che nemmeno chi ulula ogni giorno contro il fascismo trovi il tempo per accorgersene. Con le riforme costituzionali di fine anni Novanta è stata introdotta la facoltà, seguita da quasi tutte le Regioni, di prevedere l’elezione diretta del Presidente della Regione a cui si aggiunge la regola sulla ‘crisi di Governo’, per cui se cade la giunta regionale cade anche il consiglio regionale. Regola folle; essendo organi diversi, non si capisce perché la crisi dell’organo esecutivo debba comportare lo scioglimento dello organo rappresentativo e consiliare che, non solo di fatto ma anche giuridicamente, viene quindi a dipendere dal capo del governo regionale, ossia è subordinato al capo dell’esecutivo.
Un tempo il popolo era sovrano. Ora il Presidente pesa di più, conta di più, decide lui. Il resto è solo tollerato. Uno vale uno rappresenta una verità incontrovertibile. Nel senso che in questo contesto di continua erosione dei diritti politici e vincolo esterno nessun cittadino vale qualcosa. Quanto detto per le Regioni vale anche per i Comuni. L’elezione diretta del sindaco rafforza l’esecutivo a danno dell’organo consiliare. Addirittura la semplice morte del Sindaco comporta lo scioglimento del consiglio comunale!
Le leggi elettorali di consiglio regionale e comunale, inoltre, sono proporzionali ma con forte premio di maggioranza. Il premio, ossia i seggi in consiglio, va però alla lista collegata al candidato sindaco o presidente che ha preso più voti e non alla lista che ha preso più voti! Così distorcendo completamente la rappresentanza dell’organo consiliare, ossia distorcendo la volontà popolare. In sostanza, la legge elettorale, qualunque essa sia, funziona comunque per produrre un sistema maggioritario, forzatamente bipolare, che rinchiude la volontà popolare in due blocchi che finiscono per dire due cose: la coca cola la vuoi con o senza zucchero?
Su queste ridicole differenze di facciata si fanno grandi e campali lotte in campagne elettorali farsa. Poi chiaramente i vincitori faranno come gli dicono di fare dall’alto. Per garantire la stabilità, o eliminare il pluralismo a favore del bipolarismo – guardatela come vi pare – le varie leggi elettorali prevedono soglie di sbarramento folli (si pensi alla Puglia, 8%!) e norme per la presentazione delle liste (la famosa raccolta firme) pazzesche. Chiaramente, però, se ti inchini e baci la mano di qualcuno le firme non le raccogli.
Emiliano, sostenuto da 15 liste, dovrebbe essere rappresentativo del livello di asservimento popolare che questo sistema produce. Feudatario, valvassori e valvassini. Ma ci sono quelli che hanno la fobia dei partitini che pensano che con questo sistema non ci saranno più partitini, causa di ogni sciagura. Invece, semplicemente, al posto di partitini popolari avranno partitini di notabili tipo Italia viva, Udc, Ccd e roba varia che avranno sempre la loro convenienza nel cambiare alleato per ottenere di più (per loro) da quello nuovo.
Abbiamo rinunciato ai nostri diritti politici, ne abbiamo accettato la privatizzazione. In Italia i diritti politici ce li hai solo se baci la mano a uno scelto da uno dei due schieramenti. Questo è il bipolarismo, forma estrema di uno vale uno e diritto di dire solo quello che sceglie il capitale di farti dire. Con o senza zucchero?
Il popolo ha accettato tutto questo progressivamente, accettando di scegliere il presidente di tutti invece che il consigliere che lo rappresentava meglio. A questo serviva il voto utile; a rinunciare alla propria esistenza politica. A esprimere un’opinione, che non sia semplicemente: la coca cola con o senza zucchero.
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