di MARCO DI CROCE (FSI-Riconquistare l’Italia Roma)
Secondo alcuni esiste il diritto di vivere, o di non ammalarsi, o di non morire… Questo significa che per alcuni la realtà, la vita, è sbagliata, è un torto, un’ingiustizia, perché nel lungo termine ci si ammala e si muore inevitabilmente. Sono in molti a vederla così. Non sono epicurei, ma non sono neanche cristiani. Potremmo chiamarli cristiani monchi, senza aldilà. Esiste, piuttosto, qualcosa di simile alla proprietà della propria (appunto) vita, una proprietà sacra ma una proprietà. È un diritto che altre persone non la danneggino. Basta. Ciò che non è in potere delle altre persone non riguarda la giustizia. Ora, di chi è la colpa della diffusione del virus? Di nessuno, della natura.
Certo, sapendo della sua esistenza, possiamo prendere delle precauzioni di comune accordo. Ma quando queste precauzioni inficiano i diritti dell’uomo, all’educazione, all’associazione, all’organizzazione… qui si che la responsabilità è senza alcun dubbio umana. Ora, questo significa forse che dovremmo evitare ogni precauzione? No, è bene limitare i contagi, ma con misure non odiose e adeguate a un fine ragionevole. A che scopo limitiamo i contagi? Così che il virus sparisca? Quando, come, con quale formula magica? Il virus non sparirà, dunque? Le università non riescono a fare lezioni in presenza date le strutture di cui dispongono. Dunque? Per quanti anni siamo disposti ad accettare il protrarsi delle condizioni di vita attuali? No – dirà qualcuno – adesso facciamo sul serio, staniamo il virus, e poi si torna come prima. È no. Il virus non lo “staniamo”. Quindi che facciamo? La vittoria è impossibile e vogliamo continuare a farci la guerra?
L’unico motivo reale per applicare tutti gli attuali divieti è il rallentamento del numero dei contagi, in modo da non sovraccaricare il sistema sanitario. Delle persone ragionevoli, a questo punto proporrebbero di aumentare la spesa pubblica per creare strutture di campo dove accogliere i contagiati, affinché ci si assicuri della loro salute in caso non si tratti di asintomatici, oppure per aumentare il personale sanitario e mandarli a casa dei contagiati, per assicurarsi che non diventino malati o, in caso lo diventino, che non peggiorino.
In entrambi i casi si tratta di potenziare la capacità di carico del sistema sanitario per adattarlo alla situazione, anziché amputare le gambe a una società per adattarla alla capacità di carico di un sistema sanitario che è stato progressivamente smantellato negli ultimi 30 anni. Nessuna di queste due cose ragionevoli viene proposta realmente, perché tra fare una cosa sensata e paralizzare una società, la nostra classe dirigente sceglie la seconda, e lo fa come se fosse ovvio, come se quel denominatore non esistesse
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