Pezzo da incorniciare sulla mortificazione sociale e costituzionale dei cittadini
(Ndr; solo una correzione: il Tiranno non è lo Stato, ma una pessima classe dirigente che va spazzata via, con tutta l’oppofinzione).
dalla pagina Pillole di Ottimismo
NATALE 2020 E I D(R)ONI NATALIZI
di Elena Dragagna, Avvocato
Foto di Elmekkaoui Abdelghani/Wikimedia Commons
Può sembrare il titolo di un libro di Harry Potter ma non lo è. Il governo italiano ha infatti anticipato che vi sarà una stretta vigilanza sull’osservanza, da parte dei cittadini, delle forti restrizioni in atto nel periodo natalizio e di fine d’anno. Ciò avverrà con l’uso massiccio di forze armate e anche tramite l’utilizzo di droni. Il che oltre a porre questioni giuridiche non irrilevanti – la sorveglianza con i droni si scontra inevitabilmente con il diritto alla privacy dei cittadini – mi fa ancor prima riflettere (e spero faccia riflettere anche chi legge) in maniera un po’ più ampia su quanto accaduto nel corso dell’anno in tema di diritti fondamentali e di libertà e, anche, di rapporto Stato/cittadino e viceversa.
È stato un anno impegnativo e difficile, sotto molteplici profili. Anche per chi non ha avuto perdite legate al covid-19 o ha vissuto in prima persona questa malattia – e sono purtroppo moltissimi – le perdite sono state enormi a livello economico, sociale, psicologico, culturale e sotto altri e diversi aspetti. I nostri ragazzi hanno perso una parte rilevante del percorso scolastico; pensiamo ad esempio ai liceali che negli ultimi dieci mesi hanno frequentato la scuola in presenza per solo un mese o poco più, in Campania per circa due settimane.
La scuola, quel luogo di crescita non solo culturale ma anche umana (a tutto tondo: dal profilo psicologico a quello sociale, per citarne due aspetti) di fondamentale rilevanza, è mancata in Italia più che altrove. Per citare a raffronto un paese europeo tra quelli (molti) che hanno tenuto aperte le scuole durante questa seconda ondata, la Francia ha scelto di non chiuderle (solo le Università sono frequentate a distanza) anche mentre attraversava il picco dei contagi autunnali.
Le Pillole di Ottimismo si sono impegnate a fondo – e non smetteranno di farlo – per la scuola e per il diritto dei nostri ragazzi a frequentarla, sulla base di studi scientifici che dimostrano l’entità minima dei contagi in questo ambito e anche degli allarmi provenienti da molti che evidenziano la dannosità, sotto molteplici aspetti, della loro chiusura – non ultimo il CTS (Comitato Tecnico Scientifico) che ha espressamente evidenziato come la mancanza di scuola in presenza abbia “un impatto negativo sulla salute dei ragazzi alterando anche il benessere affettivo e sociale” oltre che “ripercussioni negative sullo sviluppo del contesto socio-economico”.
Molte delle misure prese in questi mesi per fronteggiare il virus hanno, di fatto, inciso negativamente anche sulla nostra salute. Nell’articolo apparso il 16 luglio scorso sulla pagina di Pillole di Ottimismo, intitolato “La salute è un diritto preminente rispetto ad altri diritti individuali?” evidenziavo quale sia il concetto di salute secondo la definizione data dall’OMS alla sua creazione; un concetto omnicomprensivo e non univoco, non identificabile con la mera assenza di malattia ma fatto di tanti aspetti che caratterizzano la vita umana in cui quello lavorativo, sociale, culturale, sono ugualmente importanti. In definitiva e sulla base di questa definizione tutti, nessuno escluso, abbiamo perso quest’anno qualcosa anche in termini di salute.
Nel medesimo articolo precisavo come nella nostra stessa Costituzione, come interpretata dalla Corte Costituzionale (il riferimento va alla sentenza n.85 del 2013), non esista un diritto “tiranno” (citando anche il “nostro” Luciano Butti) e non lo sia, in particolare, il diritto alla salute, dovendo lo stesso essere contemperato con gli altri diritti fondamentali (nel caso specifico della pronuncia citata si trattava del diritto al lavoro). In verità in questi ultimi dieci mesi del 2020 molti altri diritti sono stati sacrificati e/o comunque limitati nel tentativo di contenere il covid-19. Non sempre questo è avvenuto rispettando i requisiti di eccezionalità, proporzionalità e temporaneità posti dalla Cedu (Convenzione europea per la salvaguardia dei diritti dell’uomo e delle libertà fondamentali) oltre a quello formale, ma altrettanto importante e preliminare, di legalità – aspetti su cui la sottoscritta, unitamente alla collega Antonella Nurra, si è soffermata in un articolo dal titolo “Proporzionalità, eccezionalità, temporaneità e legalità: i quattro moschettieri che regolano le limitazioni ai diritti fondamentali”, pubblicato sulle Pillole di Ottimismo il 6 agosto scorso. Né, quando si è inciso (spesso) sulla libertà personale dei cittadini, questo è avvenuto rispettando i presupposti essenziali (riserva di legge e di giurisdizione, entrambe indispensabili) dettati dall’art. 13 della Costituzione.
Non solo. In questi dieci mesi si è fortemente incrinato, a mio parere, il patto sociale esistente tra il cittadino e lo Stato; Stato che con molte delle disposizioni prese e con i mezzi usati per fronteggiare eventuali “disobbedienti”, ha dimostrato di avere scarsa fiducia nei propri cittadini. Se a marzo e ad aprile abbiamo assistito ad elicotteri in volo alla rincorsa del runner solitario sulla spiaggia, ripreso e visto poi da milioni di italiani in televisione, a dicembre 2020, dopo dieci mesi di pandemia, con tutto ciò che questo ha comportato in termini di difficoltà, rinunce, limitazioni vissute dalla popolazione intera, ci aspettiamo che, come preannunciato dal governo, i nostri cieli siano solcati dai droni? Lo scopo sarebbe la videosorveglianza dei cittadini al fine di verificare che non vengano infranti i divieti previsti. Sono molte, infatti, le limitazioni poste dal decreto legge n.158 del 2 dicembre 2020 e dal successivo Dpcm del 3 dicembre scorso per il periodo dicembre/gennaio e ancora di più per il periodo strettamente festivo; vediamone alcune.
A chi rientra in Italia fino al 20 dicembre da uno dei 27 paesi dell’Unione Europea, dal Regno Unito, dal Liechtenstein, Svizzera, Norvegia, Islanda, Andorra, San Marino o Principato di Monaco, servirà un tampone negativo effettuato nelle 48 ore precedenti l’ingresso nel nostro paese. Tale disposizione ha avuto effetti immediati importanti, tra cui la soppressione del traffico ferroviario Italia/Svizzera e viceversa; le Ferrovie federali svizzere hanno infatti spiegato che l’interruzione dei collegamenti è stata dovuta all’impossibilità della compagnia ferroviaria di soddisfare i requisiti previsti dal Dpcm che richiede, tra l’altro, il controllo circa il possesso, da parte dei passeggeri che varcano la frontiera italiana, di un attestato di risultato negativo del test per il covid-19. Chiaramente ciò ha portato a rilevanti problemi e difficoltà per i (molti) lavoratori frontalieri italiani, costretti a percorrere il tratto necessario per arrivare al lavoro con la macchina in – immagino – file interminabili alla dogana; problemi ora risolti grazie ad un accordo tra Italia e Svizzera per il ripristino del traffico ferroviario sulla tratta, ripartito infatti nel fine settimana appena trascorso.
I cittadini italiani che viaggiano all’estero dal 21 dicembre al 6 gennaio – ovvero gli stranieri che entrino nel nostro paese in questo lasso di tempo – saranno obbligati, tranne che per alcune eccezioni specifiche sui motivi del viaggio (cioè ragioni lavorative, di studio, di salute, di assoluta urgenza, o per far rientro al proprio domicilio, abitazione o residenza, eccezioni che richiederanno comunque il tampone negativo da farsi sempre entro le 48 ore dall’ingresso in Italia), a 14 giorni di quarantena. Si noti bene che le misure indicate non saranno sostituibili con un tampone negativo fatto successivamente al rientro/ingresso in Italia, come nei mesi scorsi previsto per chi rientrava in Italia da alcuni paesi considerati a rischio, come la Francia.
Questo ci dice – e non si tratta di un’interpretazione personale bensì autentica: lo stesso premier Conte, nell’illustrare le misure prese, ha precisato infatti che si tratta di misure “chiaramente dissuasive” – che le misure non sono eccezionalmente, proporzionalmente e temporaneamente finalizzate a contenere il virus e a combatterne la diffusione (tra l’altro le misure coinvolgono paesi anche con contagi molto inferiori a quelli italiani) bensì a disincentivare gli italiani dal viaggiare; a comprimere, dunque, un diritto, quello di circolare e di farlo liberamente anche all’estero, senza che ne sussistano i presupposti sostanziali necessari.
Il fatto che vengano prese disposizioni dichiaratamente dissuasive è molto grave, oltre che giuridicamente illegittimo in quanto sganciato da specifiche, proporzionate e motivate azioni di contenimento del covid-19. Senza considerare gli effetti devastanti sul settore turistico; secondo Confturismo-Confcommercio i “non viaggi” delle festività faranno perdere al nostro Paese 10,3 milioni di turisti e 8,5 miliardi di euro. Il presidente Luca Patanè ha affermato che il turismo è “al punto di non ritorno”, essendo “in sostanza in lockdown da 10 mesi”.
Quanto ai movimenti all’interno del paese, dal 21 dicembre al 6 gennaio non ci si potrà inoltre spostare tra regioni, anche se “gialle”, se non per specifici e documentati motivi (sempre i soliti di necessità, lavoro, ecc…). Nelle giornate del 25 e del 26 dicembre, oltre che il 1° gennaio, saranno vietati tutti gli spostamenti tra i comuni, fatti salvi i comprovati motivi. Per tutto il periodo resterà inoltre in vigore il coprifuoco già fissato tra le 22.00 di sera e le 05.00 di mattina. Al di là del fatto che si tratta di misura eccezionale, usata nei paesi occidentali solo in caso di guerra prima d’ora, non dimentichiamoci che si tratta anche di una misura fortemente limitativa della libertà dei cittadini, in Italia (non entro, infatti, in quelli che siano i fondamenti costituzionali e/o legislativi negli altri paesi) illegittima quando non coperta (e nel caso di specie non lo è) dalle due espresse riserve imposte dalla nostra Costituzione (art. 13), cioè la riserva di legge (intesa in senso assoluto e formale) e di giurisdizione.
Ritengo infatti (come evidenziato, per altri divieti di spostamento assimilabili però al coprifuoco, dall’ormai “famoso” Giudice di Pace di Frosinone in una sentenza – spesso denigrata in quanto non proveniente da un giudice togato – che si riporta nei riferimenti bibliografici) che un divieto di andare in qualsiasi luogo (quale in effetti è il divieto di spostamento nell’orario di coprifuoco) non sia una limitazione del diritto di circolazione (prevista dall’art.16 della Costituzione e non soggetta agli stessi limiti di cui all’art.13) ma, traducendosi di fatto in un obbligo di permanenza domiciliare (cos’è infatti il divieto di circolare dalle 22 in poi se non un obbligo di permanenza domiciliare?), si trasformi in un evidente limite alla libertà personale, soggetto ai due necessari presupposti di cui sopra.
Pertanto, il fatto di avere emesso un decreto legge per tentare di legittimare questa misura non basta, poiché, anche a voler ritenere la riserva di legge di cui all’art.13 della Costituzione (ipoteticamente) non formale, per cui andrebbe bene anche un atto avente forza di legge, come un decreto legge, a soddisfarla, mancherebbe comunque l’ulteriore elemento, il provvedimento giurisdizionale richiesto sempre e comunque dallo stesso art.13. Noto inoltre che la Francia a partire dal 15 dicembre avrà un coprifuoco anche più severo del nostro, visto che inizia alle 20, ma con espressa deroga per la notte del 24 (e comunque in Francia ci si potrà spostare liberamente tra regioni dal 15 dicembre), mentre la Spagna ha previsto un’eccezione per l’orario del coprifuoco (normalmente alle 23) per le due notti del 24 e del 31 dicembre, quando inizierà alle 01.30 del mattino.
Insomma, pare che i governi di questi paesi europei abbiano deciso di concedere un minimo di serenità ai propri cittadini in questo periodo di festività. A tale serenità faceva espresso riferimento il Premier Giuseppe Conte quando, presentando il Dpcm del 25 ottobre e le misure restrittive ivi previste, precisava che in questo modo saremmo riusciti “ad affrontare dicembre e le festività natalizie con maggiore serenità”. Ci avviciniamo a Natale e questa serenità manca, nuove pesanti restrizioni vengono imposte ai cittadini, già indubbiamente logorati da mesi non affatto facili. Tra l’altro negli ultimi giorni, in concomitanza con l’ultima ordinanza emanata dal governo federale tedesco in concerto con i Länder, con la quale sono state disposte ulteriori misure di contenimento del virus in Germania, organi di stampa italiani e politici nazionali stanno invocando addirittura l’inasprimento delle misure già in vigore in Italia, sulla falsariga di quelle tedesche.
Una lettura puntuale, però, di questa ordinanza, ci dice che le cose non stanno esattamente come ci vengono prospettate. Infatti in Germania, a decorrere dal 16 dicembre e fino al 10 gennaio, oltre alla chiusura dei negozi non essenziali, dei centri estetici e dei parrucchieri che erano rimasti aperti anche durante il cosiddetto “lockdown leggero” posto in atto a decorrere dal 2 novembre (mentre da tale data la ristorazione e i servizi dei bar erano già previsti – e rimangono – solo da asporto ed erano già stati chiusi, sempre dal 2 novembre, piscine, palestre, teatri, ecc…):
– le scuole faranno la didattica a distanza (teniamo presente che fino ad ora sono state in presenza, a differenza che in Italia) ma, di fatto, approfittando e allungando di poco il periodo delle vacanze natalizie già previste;
– le riunioni con amici, parenti e conoscenti dovranno essere limitate ai conviventi o comunque ad un massimo complessivo di 5 persone; si noti che i bambini al di sotto dei 14 anni non sono inclusi nel novero di questo limite numerico;
– come previsto all’art. 3, dopo la precisazione che “anche in questo anno particolare i giorni di Natale devono potere essere festeggiati insieme”, si evidenzia che ciò dovrà avvenire su scala più ridotta rispetto al solito tenendo conto del peggioramento dell’indice di infezione; pertanto, dal 24 al 26 dicembre il numero totale di persone che si possono incontrare privatamente è previsto in 9 persone, purché si tratti comunque di stretti legami familiari (elencati nello stesso articolo), sempre esclusi i bambini sotto i 14 anni che non vengono conteggiati e quindi permettono di superare questo numero;
– l’art.4 si occupa invece del Capodanno, per il quale il numero limite per gli incontri privati rimane di 5 persone, viene mantenuto un generale divieto di assembramento nei luoghi pubblici, è vietata la vendita di fuochi d’artificio e l’uso di quelli già acquistati;
– l’art.10 prevede che le funzioni religiose siano ammesse, con obbligo di mascherina – anche sul piazzale esterno rispetto all’edificio religioso – distanze tra i partecipanti e con divieto di canti religiosi;
– l’art.13 prevede l’invito “pressante” (letteralmente è scritto così nell’ordinanza) ai cittadini di “non intraprendere sia all’interno del paese sia all’estero viaggi che non siano strettamente necessari”, con la precisazione che se viaggiano in Stati con situazione epidemiologica ad alto rischio – e solo in questo caso – al rientro in Germania ci sarà un obbligo di quarantena di 10 giorni che può essere peraltro “mitigato” tramite tampone con esito negativo da fare non prima di 5 giorni dal rientro (da noi la quarantena sarà di 14 giorni senza possibilità di ridurla con tampone negativo).
Restrizioni agli spostamenti e coprifuoco non sono previste in linea generale ma potranno essere decise localmente nelle aree con maggiore incidenza del contagio, calcolato su base settimanale. Ora, a parte il fatto che si tratta di un paese le cui misure limitative, nel corso dell’anno, sono state molto più blande di quelle italiane, a parte il fatto che, attualmente, la Germania ha una situazione epidemiologica diversa e nello specifico in aggravamento, al contrario di quanto avviene in Italia, a parte che tutto quanto viene disposto, in Germania, in termini di sacrifici economici, viene prontamente ed adeguatamente risarcito dallo Stato o dagli Stati federati, a parte questi non indifferenti fattori, nel leggere l’ordinanza (che si trova in allegato, in lingua originale, nei riferimenti bibliografici) di cui sono stati riportati alcuni passaggi, non si capisce perché in Italia abbia suscitato tanto clamore e tutta questa voglia di emulazione, quando è del tutto evidente che l’arsenale di misure restrittive dispiegato in Italia negli ultimi dieci mesi è stato (e in parte ancora è) ben più pesante.
Ed è anche per questo che contro le misure italiane attualmente esistenti, previste dagli ultimi decreto legge e Dpcm, ci sono state diverse reazioni, anche “concrete”, atte a contrastarle. La Valle d’Aosta ha ad esempio varato una legge regionale “anti Dpcm” che consente al Presidente della Regione di disporre autonomamente l’apertura tra l’altro di esercizi commerciali, bar e ristoranti, la pratica sportiva e la libertà di movimento dei cittadini, in deroga alle disposizioni governative.
Il Sindaco di Borgosesia, un Comune in provincia di Vercelli, ha invece presentato un’istanza al Presidente del Consiglio in cui chiede l’annullamento/revoca del DPCM del 3 dicembre, le cui misure sono ritenute vessatorie, inopportune e illegittime. Non intendo soffermarmi sulle motivazioni di tale istanza (né sull’appartenenza politica del Sindaco) ma solo su una cosa che mi ha colpito (e che non avrei saputo dire meglio) nelle parole del Sindaco che ha riportato un senso e di “mortificazione sociale” da parte dei cittadini a fronte di misure molto restrittive prese tra l’altro in questo periodo dell’anno che è, senza dubbio, che si sia credenti o meno, un periodo molto importante per tutti.
Mortificazione che viene certamente avvertita anche considerando la vera e propria “macchina da guerra” messa in atto dal governo per controllare che le disposizioni siano seguite dai propri cittadini; si parla di circa 70 mila membri delle forze dell’ordine (come anticipato dal Ministro dell’Interno Lamorgese) che saranno impegnati nel controllo di noi cittadini e che potranno, come già anticipato, avvalersi anche dell’impiego dei droni che titolano questo articolo.
I nostri cieli saranno dunque solcati da questi velivoli? Con tutte le implicazioni in termini sia di sicurezza degli spazi aerei sia di protezione delle nostre libertà? I d(r)oni natalizi mi sembrano un po’ un simbolo, a fine anno, quando è un po’ il momento di fare il punto della situazione, di tirare le somme, insomma, di una situazione di crisi sul piano dei diritti e delle libertà. Il fatto che, a quanto pare, tale situazione sia accettata se non addirittura apprezzata da gran parte della popolazione – mi riferisco al rapporto del Censis secondo cui l’80% degli italiani sarebbe d’accordo con le limitazioni imposte e auspicherebbe, in buona sostanza, minor libertà e maggior sicurezza – non cambia le cose, dal momento che la maggioranza non può comunque e mai sopprimere o anche solo ridurre i diritti fondamentali come previsti dalle norme costituzionali, non avendo titolo per disporre di ciò che non le appartiene.
La Costituzione è infatti patrimonio di tutti e di ciascuno, e nessuna maggioranza può manomettere i diritti costituzionalmente garantiti, che sono soprattutto garanzie della democrazia. Per buona parte dell’anno abbiamo dovuto eliminare o ridurre notevolmente attività lavorative (con tutte le inevitabili ripercussioni sulle possibilità economiche di molte famiglie e di conseguenza sulla dignità personale dei cittadini), contatti sociali, attività culturali e ricreative, sport; i ragazzi hanno anche ridotto al minimo la scuola in presenza e di conseguenza anche i contatti con i coetanei. I droni diventano dunque, assieme alle molte limitazioni poste nel periodo di festa che si sta avvicinando, un paradigma di quanto accaduto a livello giuridico (ma non solo) negli ultimi dieci mesi.
I profili giuridicamente rilevanti, quando si parla di sorveglianza con questi mezzi, sono peraltro molteplici: dalla sicurezza dei cieli alla tutela della proprietà privata e all’impatto sulla protezione dei dati personali e, più in generale, sulle libertà fondamentali dei cittadini. Consideriamo che l’utilizzo dei droni consente di effettuare riprese e operazioni da numerose angolazioni ma al contempo e proprio per questo provoca anche forme di invasione nella sfera della riservatezza e della protezione dei dati personali. Un pattugliamento a mezzo drone rende possibile l’ispezione di aree altrimenti private – giardini, terrazze – luoghi che rientrano nel concetto di “privata dimora”, che gode di protezione rafforzata secondo il nostro ordinamento. Inoltre anche in un contesto pubblico vi sono situazioni di interazione della persona con altri che possono ricadere all’interno della nozione di “vita privata”.
In realtà, anche nell’uso dei droni in questo frangente, in una situazione di emergenza sanitaria, è comunque previsto il rispetto dei principi generali del Regolamento generale sulla protezione dei dati personali dell’Unione Europea (2016/679/UE, GDPR). Devono infatti essere sempre adottate misure appropriate a tutela dei diritti e delle libertà degli interessati. I limiti all’utilizzo di questi mezzi sono ben precisati all’articolo 5 del GDPR:
– liceità: l’utilizzo di questi mezzi deve avvenire su una base normativa;
– trasparenza e correttezza: non sono possibili operazioni a sorpresa o simili, si devono cioè informare i cittadini che si trovano nelle aree interessate che sarà effettuato un monitoraggio a mezzo drone;
– limitazione della finalità: i dati raccolti devono essere utilizzati solo per il monitoraggio degli spostamenti, e non per diverse (e incompatibili) finalità;
– minimizzazione: le riprese vanno effettuate, per quanto possibile, evitando i luoghi di privata dimora, o le aree non rilevanti per il monitoraggio degli spostamenti, la risoluzione della videocamera va regolata in maniera corretta e, se non serve, si può anche evitare di registrare;
– limitazione della conservazione: immagini e video vanno conservati per il tempo strettamente necessario ad adempiere alle finalità di monitoraggio;
– sicurezza: il data link va adeguatamente protetto, i dati raccolti devono essere crittografati e occorre stabilire stringenti regole di autorizzazione e tracciare correttamente tutti gli accessi.
Nella “Opinion on video surveillance in public places by public authorities and the protection of human rights”, adottata dal Consiglio d’Europa nel 2007, così come nell’Opinion n. 01/2015, si era inoltre precisato che l’utilizzo dei droni doveva rispettare i principi di cui all’art. 8 della CEDU sulla tutela della vita privata e familiare, del domicilio e della corrispondenza e che, in particolare (2° comma dell’articolo citato), “Non può esservi ingerenza di una autorità pubblica nell’esercizio di tale diritto a meno che tale ingerenza sia prevista dalla legge e costituisca una misura che, in una società democratica, è necessaria alla sicurezza nazionale, alla pubblica sicurezza, al benessere economico del paese, alla difesa dell’ordine e alla prevenzione dei reati, alla protezione della salute o della morale, o alla protezione dei diritti e delle libertà altrui”.
In sintesi, la videosorveglianza a mezzo droni sarà lecita in quanto prevista da specifica norma di legge, in quanto essa sia necessaria e proporzionata allo scopo perseguito e, infine, in quanto soddisfi tutti i requisiti indicate dal citato GDPR (e in particolare nell’art.5 sopra citato) adottato dall’Unione Europea.
***
In conclusione a questo ampio discorso, che dai droni ha tratto solo uno spunto, al di là delle molte illegittimità (o rischi di illegittimità) che i provvedimenti presi e i mezzi per verificarne l’osservanza causano o possono causare, non potrà che aumentare il senso di “mortificazione sociale” da parte dei cittadini di cui Stato e Regioni mostrano di diffidare, imponendo regole severissime per tutto il periodo festivo e in particolare nei giorni che dovrebbero essere i più intimi e simbolici dell’anno (pensiamo al divieto di spostamento tra Comuni il 25, il 26 dicembre ed il 1° gennaio, al momento e salvo ripensamenti ancora in vigore), giorni in cui l’ingerenza dello Stato, pur con tutte le necessarie cautele del caso, dovrebbe essere, come sempre ma ancora di più, eccezionale e proporzionata, proprio in ossequio della CEDU che abbiamo ricordato.
La minaccia di sorveglianza tramite mezzi, quali i droni, che possono avere un ulteriore impatto e non di poco conto sulle nostre libertà e in particolare sulla nostra privacy, se non utilizzati correttamente e per gli stretti usi previsti, aumenta questo senso di disagio e di mortificazione. Si potrebbe concludere dicendo che lo Stato, dopo essere stato padrone della terra e del mare, vuole diventare anche il tiranno dei cieli – citazione letteraria, non ovviamente giuridica, tratta dal libro di Asimov Il Tiranno dei mondi. D’altra parte, un articolo iniziato citando un libro di fantasy e che si conclude con un libro di fantascienza mi sembra molto adatto, anche dal punto di vista giuridico, a delineare il 2020, anno in cui anche il commentatore giuridico si trova confrontato con ipotesi normative che mai avrebbe immaginato di potere vedere nella realtà.
RIFERIMENTI BIBLIOGRAFICI:
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