Unione Europea e crediti deteriorati: bastonare il Paese che affoga
di INDIPENDENZA (Alberto Leoncini)
NPL, uno spauracchio che molte famiglie hanno imparato a conoscere sulla propria pelle: crediti deteriorati (“Non Perfoming Loans“, “incagli” in italiano), una massa di esposizioni (dai mutui ai finanziamenti per il credito al consumo esplosi in esito all’ingresso nell’euro che ha drogato il mercato dei capitali nei paesi della periferia dell’eurozona) su cui si è abbattuta una crisi ormai ultradecennale e il collasso dei valori immobiliari non da ultimo ‘grazie’ alla ‘patrimoniale dei poveri’, la famigerata IMU montiana, ma anche un fiorente mercato per speculatori: si comprano in blocco per un prezzo in genere inferiore al quinto del loro valore nominale e, con le buone o con le cattive, si recupera e si lucra sulla differenza.
Un mercato fiorito negli ultimi anni con operatori specializzati, quasi sempre esteri, dediti a ‘ripulire’ i bilanci delle banche e le tasche delle famiglie.
Il punto fondamentale sta nella classificazione di ‘incaglio’: quali i parametri e i criteri? Il 2021 si è aperto con un’ulteriore stretta nella classificazione del merito di credito, in forza dell’entrata in vigore delle nuove linee guida EBA (Autorità Bancaria Europea) in ossequio al Regolamento Delegato UE 171/2018 in particolare per privati cittadini e micro-piccole imprese.Automatismi contabili nel solco delle linee d’indirizzo eurounitarie: maggiori sono gli incagli, maggiori le occasioni di profitto parassitario per chi opera in tale mercato, tanto più se si tratta di sofferenze create ad arte per ridurre la capacità patrimoniale delle banche –da qui l’esigenza di concentrare in grandi gruppi con il centro decisionale all’estero a scapito delle banche territoriali e cooperative– e mettere in ginocchio strati estesi del tessuto economico.
Un fatto potenzialmente deflagrante in un contesto in cui i ‘ristori’ latitano, la cassa integrazione viene pagata in ritardo e a singhiozzo, gli insoluti e i protesti aumentano a catena così come i fallimenti e le procedure concorsuali, per tacere del vero e proprio incubo sociale costituito dallo sblocco dei licenziamenti: anche scoperti modesti o risolvibili problemi di cassa nell’ordine di poche centinaia di euro protratti per lassi di tempo brevissimi –tre mesi– in particolare se rapportati a determinate tipologie di finanziamento (si pensi a un mutuo pluriennale) possono innescare una spirale drammatica di iscrizione nelle liste dei cattivi pagatori, pregiudicare l’accesso al credito, avviare attività di recupero coattivo e insolvenze a catena. Valga la pena evidenziare che questa stretta colpirà segmenti di popolazione non certo inscrivibili nella marginalità potendo già contare su redditi ed introiti, soggetti ‘bancabili’ come si dice in gergo, ma che possono essere condannati a una vera e propria ‘morte civile’ economica in virtù della digitalizzazione dei pagamenti (fiscali tramite F24, tributari in genere tramite PagoPA, domiciliazioni delle utenze domestiche etc…).
Dopo il ‘bail in’ che ha scaricato sui risparmiatori il rischio dell’insolvenza degli istituti di credito si prosegue nel solco dell’adesione alle opzioni mercatiste di matrice europea, sempre più indifendibili –azzardato dirlo?– anche per chi voglia concretamente tutelare quel residuo tessuto economico ancora rimasto in piedi.
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