L’impatto del COVID-19 su Buddhismo cinese, controllo statale e soft power
di SINOSFERE (Yoshiko Ashiwa e David L. Wank)
Il seguente scritto esamina le risposte del Buddhismo Han alla diffusione del COVID-19 nella Repubblica Popolare Cinese (RPC).1) A partire dalla fine di gennaio 2020, successivamente alla comparsa del coronavirus nella città di Wuhan (Cina centrale), i templi sono stati chiusi al pubblico come conseguenza del severo lockdown. Nonostante ciò, i buddhisti hanno trovato modi per mantenersi socialmente attivi offrendo preghiere e supporto materiale a coloro che erano stati colpiti dalla pandemia di coronavirus. Le loro iniziative si adeguano alle direttive delle istituzioni statali finalizzate alla guida, o controllo, delle religioni. Per meglio comprendere le risposte del Buddhismo alla pandemia di coronavirus, è utile partire da considerazioni quali il ruolo della malattia nella tradizione buddhista e il controllo esercitato dallo stato sulle religioni nella RPC.
In primo luogo, nella tradizione buddhista la malattia, insieme alla nascita, alla vecchiaia e alla morte, è considerata come una delle quattro sofferenze fondamentali che affliggono l’esistenza senziente. In Cina è ampiamente diffusa la credenza tradizionale secondo cui gli insegnamenti e le pratiche buddhiste sarebbero in grado di curare le malattie e prevenire i disastri. Inoltre, negli ultimi dieci anni, l’establishment buddhista nella RPC ha incentivato pratiche di meditazione per raggiungere il benessere mentale e fisico. Sono centinaia di milioni le persone che eseguono rituali e mettono in pratica insegnamenti buddhisti, in varia misura, nelle abitazioni o nei templi, benché solamente una porzione di essi abbia preso i voti dei laici buddhisti. In generale, le persone praticano il Buddhismo per mezzo di attività quali la recitazione dei sutra, il consumo di cibo vegetariano, il trasferimento dei meriti agli antenati e le preghiere per una buona salute, la liberazione dalle sofferenze e prosperità per sé stessi e le proprie famiglie.
In secondo luogo, nella RPC il controllo dello stato sulla religione influenza in modo significativo le attività e gli insegnamenti buddhisti. Tutti i templi buddhisti sono gestiti dalla Associazione buddhista di Cina (Buddhist Association of China, BAC), riconosciuta dallo stato, che ha uffici a livello nazionale, provinciale e locale. I suoi membri sono per lo più monaci di spicco, tra cui gli abati dei principali templi. La BAC, posta sotto la supervisione dell’Amministrazione statale degli affari religiosi (State Administration of Religious Affairs, SARA), garantisce che i templi e i monaci soddisfino tre aspettative ritenute cruciali dal Partito comunista cinese (PCC) in materia di religioni, soprattutto per quanto riguarda il Buddhismo.2) La prima è che i gruppi religiosi siano patriottici, come esplicita lo slogan “ama il paese, ama la religione”, in cui la lealtà verso la nazione e il PCC occupa una posizione prioritaria rispetto a quella rivolta alla religione. La seconda aspettativa prevede che le religioni “si adattino alla società socialista”, ovvero che mettano a punto dottrine e pratiche religiose a servizio delle esigenze della società così come definite dal PCC. La terza, enfatizzata da Xi Jinping sin dalla sua nomina a leader della Cina nel 2013, è di sottolineare aspetti del “Buddhismo come cultura”, che il PCC considera come un elemento costitutivo della civiltà cinese. La BAC incoraggia i monaci buddhisti a realizzare per il popolo un’etica, una morale e uno stile di vita ispirati al Buddhismo e a cooperare con la promozione statale dello stesso come strumento di soft power nell’ambito della Belt and Road Initiative (BRI) in Asia, in Europa e in Nord America.
Direttive statali dirette ai buddhisti per la mobilitazione contro il COVID-19
Da fine gennaio, SARA e BAC hanno rilasciato ai monaci e ai fedeli buddhisti direttive su come fronteggiare la diffusione della malattia da coronavirus. Tali disposizioni includono inviti a “rafforzare la propaganda e la supervisione dei credenti” per impedire loro di trovare rifugio nella “superstizione”, incoraggiare le donazioni volontarie e pregare per la salute e la sicurezza della nazione. Queste direttive ribadiscono le preoccupazioni dello stato in materia di religioni fin dal loro risveglio dopo la Rivoluzione culturale (1966-1976).
Il 29 gennaio del 2020, l’ufficio locale della BAC situato a Wuhan, città epicentro della pandemia, ha rilasciato un comunicato in cui è manifestata la ferma determinazione dei buddhisti a contrastare il COVID-19.
“La grande misericordia è la felicità di tutti gli esseri senzienti; la grande compassione libererà tutti gli esseri senzienti dalla sofferenza” [Trattato sulla Grande Perfezione della Saggezza]. Nella dura lotta contro il nuovo coronavirus, l’Associazione buddhista di Wuhan esorta i buddhisti di tutta la città a mostrare tolleranza, comprensione e gentilezza insieme a coraggio, saggezza e forza al fine di vincere questa “guerra senza fumo”. Dobbiamo avere il cuore della dedizione disinteressata e della perseveranza, senza timore di ciò che ci aspetta. Quando i diecimila esseri senzienti sono di un solo cuore, non c’è montagna che non si possa sormontare; quando le loro volontà sono allineate, non c’è difficoltà che non si possa superare.3)
Nonostante i templi buddhisti siano chiusi al pubblico, i monaci hanno organizzato rituali religiosi e attività del “Buddhismo come cultura” online.
Rituali religiosi buddhisti: pregare per i vivi e per i defunti
I monaci sono impegnati nella celebrazione di rituali di preghiera rivolti alle vittime del coronavirus e a tutti coloro che vivono al tempo della pandemia. Uno dei rituali più elaborati è la “messa plenaria” (shuilüfahui 水陸法会) durante la quale si prega sia per le anime dei defunti, comprese quelle decedute in circostanze innaturali quali un’epidemia o una guerra, sia per migliorare la condizione dei viventi. Nel corso della storia cinese, tali cerimonie venivano commissionate da imperatori o personaggi di alto rango al fine di dare conforto al popolo durante periodi di difficoltà. Un secondo rituale celebrato presso i templi è il servizio liturgico rivolto al Buddha della Medicina (yaoshifahui 药师法会), da tempo popolare tra i cinesi Han per ottenere guarigione e longevità.
A causa della situazione attuale, alla popolazione non è consentito visitare i templi per partecipare ai suddetti rituali, che di conseguenza sono trasmessi online. Un esempio è il discorso del dharma pronunciato dal Ven. Guoguang – vicesegretario della BAC e abate del rinomato tempio Lingyin 灵隐寺 di Hangzhou – e pubblicato sul sito web del tempio. Nel discorso, intitolato “Come preservare il corpo e la mente dinnanzi a un’epidemia”, egli dichiara che i monaci del Lingyin sono impegnati in rituali per “proteggere il paese dai disastri e in un servizio liturgico del Buddha della Medicina per consolare le anime di tutti gli esseri senzienti e tutelare la stabilità e l’unità del paese e della società.”4)
I buddhisti pregano per coloro che soffrono a causa della pandemia di coronavirus avvalendosi di luoghi di culto virtuali. I templi raggiungono la popolazione tramite servizi liturgici online accessibili dai loro siti web, che sono stati realizzati nel passato decennio con l’intento di attirare le giovani generazioni. Coloro che sono costretti nelle proprie abitazioni possono quindi visitare i canali online per selezionare i sutra che vorrebbero ascoltare e per fare donazioni al tempio.
Molte delle attività di culto che si trovano online sono organizzate da credenti e fedeli buddhisti, indipendentemente dai templi. Una delle più popolari è un servizio di preghiera globale definito “azione di una sola mente per dissipare la piaga” che viene officiato ventiquattro volte al giorno alle 13:30 in ogni fuso orario del mondo.5) È gestito dalla Buddhist Compassion Relief Tzu Chi Foundation, la società filantropica buddhista attiva su scala globale con sede a Taiwan, nonché l’unica organizzazione religiosa straniera autorizzata a operare a livello nazionale in Cina. Un’altra forma indipendente di culto online coinvolge i giovani che, nell’attuale periodo di crisi, si rivolgono sempre più frequentemente al Buddhismo. Questi si servono di reti buddhiste già presenti su WeChat e su altre piattaforme di social media per la condivisione di attività di culto simultanee e la raccolta di energia spirituale. Si tratta di reti di social media che operano senza l’approvazione e la supervisione dello stato e di conseguenza non sono incentivate né dalla SARA né dalla BAC.
La celebrazione dei rituali online garantisce il distanziamento sociale essenziale per rallentare la diffusione del coronavirus, mettendo a tacere possibili critiche allo stato per la cattiva gestione della pandemia, in particolare per la delicata questione dei rituali funebri. I templi consentono alle famiglie in lutto di commissionare una cerimonia simultanea online: all’ora stabilita, i membri della famiglia pregano da casa mentre i monaci salmodiano nel tempio. Questi rituali funebri celebrati online esentano i membri delle famiglie in lutto dal riunirsi fisicamente, evitando così che le forti emozioni sfocino in un sentimento di critica nei confronti dello stato.
Ulteriori implicazioni politiche connesse alla celebrazione del lutto per le vittime da COVID-19 emergono durante il Giorno della Pulizia delle Tombe (Qingming jie 清明节). Celebrata all’inizio del mese di aprile, è una festività tradizionale cinese legata al culto degli antenati, durante la quale è usanza che le famiglie visitino i cimiteri e le sale dei templi buddhisti che ospitano le ceneri dei loro defunti. Quest’anno, nonostante un attenuamento delle restrizioni nazionali, lo stato ha limitato l’accesso ai luoghi di culto e il numero dei visitatori è diminuito drasticamente rispetto agli anni precedenti.6) Finché lo stato giustifica la restrizione con la necessità di mantenere il distanziamento sociale, evita la possibilità che i cittadini si radunino e lo incolpino per la perdita dei loro cari. Allo stesso tempo, il 4 aprile, Giorno della Pulizia delle Tombe, lo stato ha annunciato tre minuti di silenzio nazionale in commemorazione dei defunti. È stato un momento in cui lo stato si è di fatto sostituito a credenze e usanze popolari nel piangere le vittime di una crisi di salute pubblica nazionale.
In altri paesi, la BAC e le autorità cinesi stanno collaborando con le comunità buddhiste locali per organizzare rituali comuni che uniscano sia elementi spirituali che di soft power. Nello Sri Lanka, il 15 febbraio 2020 si è tenuta una cerimonia per inviare benedizioni alle persone colpite dal coronavirus in Cina. Lo Sri Lanka è un paese di tradizione Theravada e occupa un punto nevralgico all’interno della BRI. La suddetta cerimonia è stata organizzata dalla Sri Lanka-China Buddhist Friendship Association, fondata nello Sri Lanka nel 2015 in collaborazione con l’ambasciata cinese. La funzione si è svolta presso l’antico tempio Raja Maha nella città di Anuradhapura, dove aveva dimorato per un periodo il monaco Faxian durante il suo soggiorno sull’isola nel quinto secolo d.C. La cerimonia ha rimarcato i legami storici che intercorrono tra i due paesi ed è stata trasmessa in rete dai media di entrambe le nazioni come simbolo di amicizia.
Attività del “Buddhismo come cultura”: arte, etichetta, beneficienza
Illustri monaci buddhisti si avvalgono del concetto di “Buddhismo come cultura” per mostrare al popolo la maniera appropriata di combinare la propria fede nel Buddhismo con la lealtà al PCC nell’affrontare questo momento di crisi nazionale.7) Ne è un esempio la mostra di poesia e calligrafia organizzata dalla BAC, intitolata “Grande compassione nel combattere contro l’epidemia”.8) Alcune poesie riportano insegnamenti buddhisti, come la benedizione per la salute e il benessere scritta dal Ven. Xincheng, vicepresidente della BAC; altre contengono discorsi politici, come il distico in rima del Ven. Weihang, priore del tempio Baotuojiang 宝陀讲寺 sul Monte Putuo, la presunta dimora di Guanyin 观音 (Avalokitesvara), il bodhisattva della compassione, che le persone pregano per ricevere protezione dalla sofferenza. Il distico recita: “Obbedendo al comando del PCC, insieme lottiamo contro l’epidemia. Pregando Guanyin, grazie alla sua forza sconfiggiamo l’epidemia”.9) La mostra è stata trasmessa dai media buddhisti.
I media buddhisti sono impegnati anche nella diffusione delle norme di etichetta buddhista in materia di distanziamento sociale. Come riporta l’articolo intitolato “L’epidemia richiede il ‘Rituale delle dieci dita allineate’: È giunto il momento che un’ondata di norme di etichetta buddhista si diffonda tra la popolazione”.10) Con “rituale delle dieci dita” si intende riferirsi alla tipica maniera con cui nella tradizione buddhista e induista si salutano le persone e si pregano le potenze soprannaturali quali le divinità e il Buddha. Il saluto consiste nel premere insieme i palmi della mano allineando le dita. L’articolo riferisce che sia il presidente degli Stati Uniti Trump che il principe Carlo della Gran Bretagna hanno adottato tale pratica, e che il primo ministro indiano Modi si è pronunciata in favore della sostituzione della stretta di mano con il saluto tipicamente indiano. L’articolo suggerisce che un saluto asiatico sia più igienico e quindi più civile delle pratiche occidentali come la stretta di mano, i baci e gli abbracci, che comportano contatto fisico. Tale implicazione è in sintonia con la promozione da parte dello stato cinese del “Buddhismo come cultura” al fine di esprimere la superiorità della civiltà cinese e la sua idoneità a elevarsi a cultura globale.
Un’altra attività tipicamente buddhista e incentivata dallo stato è la beneficienza. Uffici provinciali e locali della BAC, enti di beneficenza situati nei templi, la già menzionata Fondazione Buddhist Compassion Relief Tzu Chi e gli stessi templi hanno donato mascherine, tute, occhiali protettivi e denaro alla Società della Croce Rossa cinese. Altre donazioni sono state elargite direttamente ai bisognosi. Le cliniche mediche buddhiste degli enti di beneficienza situati nei templi hanno distribuito mascherine gratuite alla popolazione. Giovani credenti buddhisti si stanno mobilitando sui social networks per organizzare raccolte di fondi da destinare agli ospedali nei focolai della malattia. Le donazioni includono cibo vegetariano e tè verde per i buddhisti nelle zone duramente colpite dall’epidemia.
L’attività di beneficienza ha contribuito ad approfondire i legami transnazionali tra i buddhisti in Cina e all’estero. Lo dimostra l’esperienza del tempio Nanputuo 南普陀寺, situato nella città di Xiamen sulla costa sud-orientale della Cina, che conta su un network di 70.000 persone, molte delle quali cinesi d’oltremare residenti nel sud-est asiatico. Questa comunità partecipa alla fondazione di beneficenza del tempio creata nel 1994, la prima organizzazione benefica religiosa mai fondata in Cina; altri sono studenti dell’Università Buddhista Minnan, fondata nel 1925 all’interno del tempio Nanputuo. L’appello che è stato lanciato dal tempio a questa vasta rete di persone per l’approvvigionamento di protezioni essenziali a fronteggiare la malattia, rafforza i legami tra i buddhisti in Cina e i paesi asiatici lungo la BRI. Inoltre, ulteriori forniture di materiali sono state inviate da altri paesi buddhisti come la Corea, o dalle comunità cinesi presenti negli USA. A partire da marzo, poiché i contagi da coronavirus sono diminuiti in Cina e aumentati all’estero, si è assistito a un’inversione dei flussi transazionali di forniture: ora sono i buddhisti della Cina a fornire assistenza medica in Giappone, Stati Uniti, Italia, Filippine e altri paesi.
Conclusioni
La risposta buddhista al COVID-19 mostra come diverse persone in Cina, di fronte allo scoppio improvviso della malattia e a un numero elevato di decessi, trovino conforto negli insegnamenti, nella filosofia e nelle pratiche buddhiste, come la potente salmodia del Sutra della Medicina, per alleviare le proprie ansie e acquisire meriti e sicurezza. Contestualmente, l’establishment buddhista, tramite gli sforzi per raggiungere la popolazione attraverso rituali religiosi buddhisti e attività del “Buddhismo come cultura”, coopera con lo stato nell’incanalare e controllare le emozioni della popolazione, e nell’usare il Buddhismo come strumento di soft power a livello globale.
Traduzione di Ilaria Mariotti
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