La resilienza ha cancellato la resistenza
di GIANLUCA BALDINI (RI Pescara)
Sembra proprio che l’accezione positiva di “resilienza”, il termine più abusato del decennio, sia nata per descrivere precisamente ciò che stiamo vivendo oggi. Etimologicamente la parola origina dal latino resilire, che significa “saltare indietro”, “ritornare”, “rimbalzare”, “ritirarsi”, “rinunciare”. Il resiliente, come ci suggerisce l’etimo, è un buon incassatore, uno che si abitua a subire. Non è ostinato, il resiliente: se deve sbattere la testa, piuttosto “si ritira”, “rinuncia”. Il resiliente non è pervicace: davanti all’ostacolo rimbalza e torna indietro.
Nulla di così positivo, se ci pensate bene, eppure è un carattere evolutivo che ha reso l’homo sapiens sapiens una specie dominante. In natura basta una microscopica variazione di temperatura di un ecosistema per far sparire migliaia di specie vegetali e animali in un battito di ciglia. L’uomo, invece, resiste ed è resistito a tutto. Persino a sé stesso, nonostante le guerre di conquista, gli etnocidi e i genocidi.
Oggi la progressiva rinuncia alle libertà fondamentali, somministrata a piccoli bocconi, viene accolta da una parte della popolazione con una accettazione che non è rassegnata, ma per certi versi giubilante. Ci si abitua a tutto, anche a rinunciare a ciò che un attimo prima era irrinunciabile.
C’è chi sogna un futuro cinese, chi plaude alla schedatura di ogni individuo per accedere a qualsivoglia servizio, chi auspica l’introduzione della cittadinanza a punti, il divieto di assembramento esteso ad libitum e l’introduzione di misure di controllo sociale sempre più pervasive e vessatorie. Anche i sindacati ormai sono “resilienti”, anche loro nel senso più propriamente etimologico del termine: saltano indietro, si ritirano, rinunciano.
È normale, tutto è normale, tutto si può accettare. Anche di tornare indietro di un secolo rispetto alle conquiste dei diritti ottenuti con il sangue dei lavoratori. Studiando la storia contemporanea avevo imparato che la libertà va conquistata ogni giorno. Questo era il monito dei patrioti della Resistenza, che per ultimi avevano dovuto sacrificare la vita per affermare il valore supremo della libertà. E invece no, oggi, per sopravvivere, per “tirare avanti”, al mito della Resistenza abbiamo sostituito il valore della resilienza.
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