Il mondo dopo lo “shell shock”
di CRITICA SCIENTIFICA (Enzo Pennetta)
Lo shock che ha portato al cambio di paradigma
Chi ha seguito dal 2011 il sito critica scientifica ha visto puntualmente riportato il susseguirsi negli anni di successivi allarmi e allarmismi sia sul pericolo di epidemie e su quello del riscaldamento globale.
Come puntualmente registrato su queste pagine entrambi gli allarmi erano andati perdendo presa presso l’opinione pubblica, nonostante le consistenti risorse impiegate per la loro diffusione l’interesse e soprattutto la preoccupazione andavano via via diminuendo incontrando viceversa una crescente indifferenza verso le notizie che ne parlavano se non proprio una vera diffidenza.
L’allarme pandemie aveva dato origine ad una vicenda terminata quasi nel ridicolo dopo la scandalosa gestione dell’influenza suina H1N1 che, nonostante le preoccupazioni di scienziati di esperti e della stessa Organizzazione Mondiale della Sanità, si era rivelato ancor meno pericolosa di una comune influenza e i vaccini preparati secondo una procedura d’urgenza erano rimasti praticamente inutilizzati perché la popolazione si era resa conto dell’incongruenza tra l’allarme suscitato le effettive conseguenze della pandemia stessa.
Pochi ricordano che anche l’allarme surriscaldamento globale era stato dichiarato ormai esaurito perché agli sforzi profusi corrispondeva in modo inversamente proporzionale un calo degli effetti e quindi della preoccupazione dell’opinione pubblica, cosa rilevata su queste pagine in un articolo del giugno 2018.
Per spingere le persone a prendere seriamente in considerazione questi allarmi e ad accettare le conseguenti misure drastiche che essi comportavano non sarebbe più stata sufficiente una campagna di marketing, ci sarebbe volto qualcosa di più efficace, ci sarebbe voluto qualcosa che preparasse il terreno ad un messaggio che non riusciva più a fare presa, che non trovava un terreno fertile, qualcosa di radicale come una riprogrammazione psicologica.
Da questo punto di vista a partire dalla prima guerra mondiale era emerso un fenomeno riscontrato dai medici di tutti gli schieramenti in guerra, definito “shell shock” o disturbo da stress post traumatico, che consisteva nel fatto che persone sottoposte ad una fortissima paura, come quella che si prova quando un proiettile di artiglieria cade nelle vicinanze (anche senza esplodere), entrarono in una condizione psicologica che li rendeva pronti ad accettare qualsiasi indicazione venisse loro data dei medici curanti, diventavano cioè psicologicamente plasmabili, un terreno adatto per una riprogrammazione che poteva spingersi così in profondità che si sarebbe potuto definire un salto di paradigma.
Lo spavento di una bomba che cade vicino, la paura della morte che sfiora, è stata vissuta anche in quella trincea all’inizio del XXI secolo in cui milioni di persone sono state rinchiuse nelle loro abitazioni con il timore di una morte che potesse giungere da un momento all’altro, una fine impossibile da scongiurare nonostante il rifugio, non bombe di artiglieria in questo caso ma il virus del COVID-19 che poteva giungere altrettanto silenzioso, imprevedibile e inarrestabile come un proiettile di artiglieria e portare la morte improvvisamente ovunque.
L’intera popolazione dell’Occidente è stata sottoposta allo shell shock che l’ha condotta ad accettare una narrazione pandemica emotivamente sovra dimensionata rispetto ai dati ufficialmente riconosciuti e condivisi.
Le popolazioni che sono uscite dal Lockdown erano nella condizione dei soldati usciti dalle trincee della prima guerra mondiale, nella condizione di essere pronte ad una riprogrammazione che venisse dall’autorità dei medici visti come appiglio psicologico e speranza di salvezza.
In chi durante il lockdown ha prevalso la sensazione di una prigionia senza temere troppo per la propria incolumità ha reagito con insofferenza per le restrizioni, rabbia, voglia di protestare. Chi invece ha sperimentato lo spavento per una morte spietata e imprevedibile ha subito uno shell shock e i discorsi delle figure riconosciute come autorità hanno veicolato la riprogrammazione che ha già portato ad un cambio di paradigma nel quale il mondo di prima non può essere desiderabile per il semplice fatto che appartiene proprio ad una altro paradigma che ormai è stato abbandonato, esiste un prima e un dopo lo Shell shock, in questo caso si può parlate di un “niente sarà come prima”.
Ci sono oggi due “umanità” che vivono affiancate nelle nostre strade, quella della ribellione e quella del novo paradigma, quest’ultima la riconosciamo dalle mascherine indossate all’aperto senza nessun obbligo o nel chiuso delle proprie automobili, nei fanatici del green pass e della criminalizzazione del “novax”, questa umanità è pronta alla riprogrammazione anche riguardo ai cambiamenti climatici, ad accettare limitazioni e impoverimento pur di scongiurare la paura della catastrofe, quello che era impossibile fino a prima della pandemia COVID-19 diventa adesso per loro inevitabile.
Fare affidamento su un cambiamento ottenuto con un riprogrammabile espone però ad un rischio, un riprogrammabile è tale perché può essere modificato in qualsiasi direzione, la chiave è nella narrazione a cui viene sottoposto.
Ancora una volta la chiave del controllo è nei media.
Roberto Marchesini parla dello “Shell shock” a Sapiens^3 – Nemi 3 luglio 2021:
FONTE: https://www.enzopennetta.it/2021/10/il-mondo-dopo-lo-shell-shock/
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