Vite esposte ed esibite
di Alessandro Bolzonello
‘Le vite degli altri’ è un pregevole film di qualche anno fa. Nella Germania dell’Est degli anni Ottanta, Gerd Wiesler, capitano della Stasi, viene incaricato di spiare e tenere sotto controllo Georg Dreyman, famoso scrittore teatrale e intellettuale. Entra, si intromette abusivamente nella sua vita, anche in quella privata.
Oggi è diventato facile ed usuale trovarsi nella condizione del capitano della Stasi: entrare in contatto con il ‘privato’ delle persone. Quello delle persone più disparate. Pezzi significativi di vita sono venuti a portata di mano, tali per cui si può sapere come una persona è (anche fisicamente), dove è, chi incontra, cosa fa, cosa prova e pensa: talmente tanti elementi da poter ricostruire e immaginare stati d’animo, emozioni, insomma prefigurare intere situazioni.
Se Georg Dreyman subiva illegittimamente un’intromissione nella sua vita, gli ‘spiati’ di oggi sono essi stessi artefici di tale condizione, cioè abilitano, autorizzano, anzi invitano gli altri a vedere e sapere di loro.
Consapevoli o inconsapevoli? Direi inconsciamente inconsapevoli: travolti dalla possibilità di esporsi e mostrarsi, gratificati e nutriti dalla percezione di visibilità, scambiano il proprio privato in cambio di una sorta di riconoscimento.
Si badi bene che l’accesso al privato non è tabù; quota parte è necessaria, inevitabile, anche costitutiva dell’essere umano: il semplice fatto di stare ‘vicini’ permette di acquisire elementi di conoscenza, anche profondi. La vicinanza rappresenta un potente canale di trasmissione; più di quanto si pensi. Quindi si trasmette informazioni non solo alle persone prescelte, quelle con le quali si intraprende relazione e confidenzialità, ma si coinvolge anche coloro che non si sceglie ma semplicemente si trovano accanto: le figure parentali, in primis, ma anche i vicini di casa ed i colleghi. Sappiano di costoro molto di più di ciò che si pensa, probabilmente anche di ciò che si vorrebbe.
Ora quota parte del ‘privato’ ha assunto il rango di ‘pubblico’; il tradizionale perimetro divisorio si è rotto e le due dimensioni confluiscono tra loro, si confondono. L’estensione e la diffusione dei nuovi media, in particolare la rete, ha cambiato le regole del gioco. E ci si trova, anche senza volerlo, a scambiare con gli altri pezzi di ‘privato’.
Ancora una volta emerge quell’analfabetismo sentimentale di cui già 10 anni fa ci ha parlato Umberto Galimberti. E risalendo nel tempo riemergono le parole di Günther Anders: ‘l’inadeguatezza dei sentimenti umani nei confronti delle macchine’. La ‘tecnica’ è potente: infatti quel che diventa possibile viene sostanzialmente fatto, ‘al di là del bene e del male’.
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Foto: I spy with my little eye (spy with my little…)
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