Dal subdolo al palese
di CLAUDIA VERGELLA (RI Roma)
La nostra attenzione non va rivolta a chi auspica misure contro il popolo che persino l’attuale Governo esita ad implementare. Certamente questo facilita chi esercita il potere nel prosieguo della sua azione distruttrice dei diritti, ma questi pensieri provengono da chi si è dimostrato incapace di dare un’interpretazione critica della situazione socio-politica. Di solito si tratta di persone saldamente schierate, ed è pressoché impossibile che comprendano e facciano proprie posizioni che partono da analisi opposte alle loro.
Rivolgiamo invece la nostra attenzione a chi non accetta le scelte politiche degli ultimi anni, ma ha una comprensione della realtà monca. A chi non si accorge di dare una mano alla distruzione del paese, in quanto anche le sue reazioni sono state indotte dall’alto.
Mi riferisco a chi ha votato SI al referendum sulla riduzione del numero dei parlamentari e a chi si astiene dal voto credendo di assolvere così al proprio dovere di dissenziente. E infine a chi crede che si suggelli il valore di una manifestazione attraverso il suo essere apartitica. Costoro non hanno capito a sufficienza che lo svilimento del Parlamento e del voto sono il sogno del dittatore. Non hanno capito che la loro decisione è stata suggerita dal potere al fine di non dover fare i conti con il risultato elettorale.
Ci vorrà tempo e tenacia, ma chi vuole utilizzare la via politica per realizzare un cambiamento radicale, da loro dovrà e potrà farsi capire. Ci è venuto in soccorso a tal fine un personaggio di cui mi sarei vergognata a parlare per la sua pochezza, se non fossi venuta a conoscenza di un suo recente articolo pubblicato sul Corriere della Sera. Questo articolo ha il “pregio” di esplicitare prese di posizione sulle quali fino ad ora il mainstream aveva lavorato in modo subdolo e mascherato.
Paolo Mieli, nel suo articolo, studia il modo più efficace per imporre al popolo la composizione politica delle istituzioni dotate di potere decisionale, usando la vecchia scusa della necessità di “stabilità”. Se un partito crea instabilità, minando anche di un soffio la compattezza nel perseguire il disegno governativo, bisogna tenerlo fuori. “Poiché il popolo non è d’accordo, nominiamo un nuovo popolo”.
Il modo suggerito da Mieli, dopo aver insinuato che si potrebbe non votare, è una legge elettorale strutturata in modo da raggiungere il risultato auspicato. Chissà che il suo delirio antidemocratico non possa servire a far aprire gli occhi a chi ha fatto sua l’antipolitica illudendosi di combattere per liberare il paese da una classe politica infame.
Immagino l’obiezione che potrei ricevere sostenendo che bisogna far conoscere l’aberrante articolo: “Non bisogna dare visibilità a Mieli”. Rispondo che la visibilità, quella perniciosa, già ce l’ha, con il lettore del Corriere della Sera.
Commenti recenti