Rublo ai massimi, euro ai minimi: verità sulla prossima crisi finanziaria
di FEDERICO DEZZANI
All’avvicinarsi del terzo mese di guerra russo-ucraina, si assiste ad un fenomeno “paradossale”: il rublo, nonostante le sanzioni imposte dall’Occidente, è al massimo degli ultimi due anni nei confronti del dollaro americano, mentre l’euro viaggia verso i minimi degli ultimi venti anni. Il fenomeno rispecchia la realtà geopolitica: la Russia, ricca di materie prime e tendenzialmente autarchica, è in una posizione migliore per resistere alla prossima crisi finanziaria, con cui gli anglosassoni mirano a scardinare l’euro e l’Unione Europea.
Quando la verità è l’opposto delle opinioni
Circa tre mesi fa, aveva inizio il conflitto russo-ucraino abilmente innescato dalle potenze anglosassoni, prima con la rivoluzione colorata del 2014 e poi la costruzione di un dispositivo militare sempre più minaccioso a ridosso delle regioni separatiste filo-russe. Immediatamente il conflitto era impiegato dagli anglosassoni per adottare una serie di dure sanzioni economiche e finanziarie contro la Russia: nell’arco di pochi settimane o al massimo mesi, asserivano i media occidentali, la Russia sarebbe stata piegata e costretta alla pace. Chi, come noi, adotta un sano approccio geopolitico, evidenziava fin da subito come, alimentando il conflitto russo-ucraino, gli anglosassoni avessero obbiettivi che andavano oltre la Russia, concernenti (come sempre) l’Europa nel suo complesso. In particolare, evidenziavamo che gli anglosassoni mirassero alla destabilizzazione di tre potenze in particolare (Russia, Germania ed Italia) e che, di queste tre potenze, quella paradossalmente più resistente fosse proprio la Russia. Le sanzioni, la guerra e la prospettiva di un embargo del gas (che sta diventando, giorno dopo giorno, una realtà) avrebbero destabilizzato sopratutto Italia e Germania, due medie-potenze che vivono di un’economia di trasformazione e devono costantemente importare materie prime e vendere prodotti finiti per prosperare.
A distanza di circa tre mesi, tutte le nostre considerazioni si stanno rivelando corrette, come testimoniato dal semplice andamento delle rispettive valute: mentre il rublo tocca il massimo degli ultimi due anni nei confronti del dollaro americano (tornando ai livelli pre-pandemia), l’euro si sta progressivamente liquefacendo, toccando il minimo degli ultimi venti anni nei confronti del dollaro. Questa dura realtà (aggravata dall’allarmante aumento dei rendimenti dei titoli di Stato italiani) è completamente taciuta dai media occidentali, che in nessun modo devono svegliare il sonnambulo che cammina verso il precipizio. Già, perché l’Europa si sta incamminando con incredibile leggerezza verso un vero e proprio precipizio.
Nella nostra analisi di inizio anno, abbiamo evidenziato come le potenze anglosassoni mirassero nel corso del 2022 ad innescare un conflitto militare maggiore e, allo stesso tempo, una crisi finanziaria che avrebbe avuto il proprio epicentro in Europa e in Italia in particolare. Tale crisi finanziaria sarebbe stata scatenata dal rialzo dei tassi, con il pretesto formale di combattere l’inflazione, facendo quindi esplodere la montagna di debito pubblico esplosa in un decennio di denaro a costo zero e di spesa pubblica molto elevata, per contrastare da ultimo lo choc del Covid e del conseguente collasso economico. La guerra russo-ucraina si è inserita alla perfezione su questo binario: il prezzo delle materie prime è schizzato alle stelle, portando l’inflazione occidentale verso la soglia del 10%, mentre l’economia delle nazioni europee è stata gravemente indebolita (ed il peggio verrà nei prossimi mesi), rendendo sempre più difficile sostenere il debito pubblico accumulato.
In questo quadro, evidenziavamo anche, la Russia era messa in una posizione molto migliore rispetto all’Unione Europea: da un lato, infatti, la popolazione è storicamente abituata a “tirare la cinghia”, dall’altro la Federazione russa è una potenza tendenzialmente autarchica, che ha al suo interno tutto ciò che serve ad un’economia industrializzata: grano, petrolio, gas, acciaio, uranio, tungsteno, etc. Sarebbero bastate davvero poche mosse per neutralizzare le sanzioni occidentali e così è stato: Mosca ha tenuto aperto i vitali canali commerciali con la Cina, ha posto le basi per moneta ancorata all’oro che diventi un pilastro del futuro gold standard euroasiatico, ha imposto ai clienti europei di pagare le forniture energetiche in rubli, sostenendone il valore. L’azione congiunta di queste iniziative (cui si somma l’impennata del prezzo del greggio e del gas, una manna per le casse dello Stato russo) ha prodotto gli effetti sperati: non solo il rublo è tornato ai livelli pre-guerra, ma addirittura a quelli pre-pandemia.
Il discorso è invece diametralmente opposto per l’Unione Europa che, come auspicato dagli strateghi anglosassoni, sta emergendo come la vera perdente della guerra russo-ucraina: la UE ha innanzitutto perso l’export verso la Russia, si è vista decuplicare il prezzo del gas, ha dovuto sobbarcarsi il costo degli aiuti all’Ucraina e, ormai è evidente, dovrà affrontare nei prossimi mesi la sospensione totale dei flussi di gas dalla Russia (Polonia e Ucraina hanno già sospeso il transito e rimangono operativi solo il Nord Stream 1 ed il Turkish Stream). L’Unione Europea ha scelto così di autoinfliggersi i costi di una disastrosa economia di guerra che somma recessione ed inflazione, nonostante la prospettiva di un prossimo rialzo dei tassi (la FED lo sta già attuando) dagli effetti catastrofici sui debiti pubblici europei. L’esito finale è quello auspicato dagli anglosassoni e già ben visibile oggi: i capitali lasciano l’Europa alla volta degli USA e l’euro precipita verso i minimi degli ultimi venti anni.
Concludendo, le potenze anglosassoni hanno ingaggiato una guerra contro l’Eurasia nel suo complesso, dalla Cina al Portogallo. Le guerra russo-ucraina indebolirà forse l’economia russa ed eroderà il suo potenziale bellico ma, contrariamente all’opinione comune, produrrà i suoi effetti più nefasti proprio nell’Unione Europea, moltiplicando la portata della crisi finanziaria preparata per anni: lo scardinamento dell’euro e dell’Unione europea è ormai un obiettivo a portata di mano per gli anglosassoni, che getterebbero così nel caos l’estremità occidentale dell’Eurasia, una delle zone più industrializzate e sviluppate al mondo. La verità taciuta da tutti è che l’Europa “liberale e filo-atlantica” costruita negli ultimi 80 anni sta percorrendo gli ultimi metri che la separano dall’autodistruzione.
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