La controrivoluzione da estirpare
di STEFANO ROSATI (RI Rieti)
Circolano le prime immagini dell’esercito ucraino che usa armi inviate dall’Italia. Qualcuno potrà anche essere felice di questa applicazione evolutiva dell’art. 11 della Costituzione ma non voglio parlare di questo. Sono in realtà preoccupato per l’evoluzione della Corte Costituzionale divenuta ormai, insieme al Presidente della Repubblica, custode e garante del vincolo esterno, dell’annichilimento della Costituzione.
Una sorta di Corte giustizia europea nostrana, il cui scopo è demolire Stato e Costituzione e legittimare il vecchio ordine “nuovo”, formata da giudici scelti tra la “dottrina militante” europeista: si tratta cioè di “giudici anomali” per parafrasare Padoa Schioppa (che si riferiva ai “politici anomali” – lui, Ciampi, Monti, Amato, Draghi – ossia politici contro-popolari).
Prendiamo le uscite di due autorevoli giudici costituzionali.
Amato ha dichiarato che l’Italia può inviare armi all’Ucraina perché la Costituzione prevede la possibilità di dichiarare la guerra. Secondo Amato, “Già questo risponde al dibattito se il ripudio della guerra sia assoluto o se la guerra difensiva sia consentita dalla Costituzione”. Un’interpretazione talmente brutale e marchiana della Costituzione che comporterebbe la bocciatura all’esame di elementi di diritto pubblico al corso di laurea “in pannocchie” (a Giurisprudenza uno studente, pur somaro, non arriverebbe mai a dire una cosa del genere). Chiaramente non si tratta di ignoranza, quanto di volontà (politica) che si schernisce beatamente del popolo e della costituzione. Li mal sopporta, entrambi.
Altro mirabile esempio di “dottrina militante” è Sabino Cassese che – coerentemente alla sua storia di rottamatore della Costituzione – il problema dell’art. 11 rispetto all’invio non se l’è nemmeno posto. Ha sostenuto recentemente che “l’invio di armi non comporta un atto di co-belligeranza” (che sarebbe vietata dall’art. 11 della Costituzione, video nei commenti). Entrambi ci dicono che l’uso delle armi è consentito a scopi di difesa.
Entrambi però, pur essendo cantori della giurisprudenza delle Corti internazionali, omettono di menzionare una sentenza stranota della Corte internazionale di Giustizia (ONU) che qualifica l’invio di armi a un Paese in guerra come una forma di uso della forza militare (par. 247, nei commenti). L’invio di armi è un atto ostile, di guerra, di co belligeranza, non di difesa, con la pace non c’entra nulla e nemmeno con la responsability to protect. Figuriamoci con l’art. 11 Cost..
Poi cita la responsability to protect -perché chi parla in inglese ha ragione, si sa – che però non c’entra un beatissimo nulla perché a) non è cogente e b) se fosse cogente l’avremmo violata tutte le volte che invece ce ne siamo abbondantemente battuta la cioll@ dei crimini commessi in altri Paesi. La responsability to protect o c’è sempre o non c’è mai. Scegliere chi proteggere vuol dire perseguire una linea politica: mi va bene, basta ammetterlo. Se quella linea è la linea dei padroni, vuol dire essere servi. Mi va bene, basta dirlo.
Invece manipolare, violentare, calpestare norme e principi, sfruttando l’autorità di un ruolo istituzionale per far apparire come “vera” una tesi di parte mi ripugna. E dovrebbe spingere ogni tanto il ceto più vile di tutti, i giuristi, a protestare. “Dottrina militante”, “politici anomali” e spacciatori di “europeismo retorico” sono la controrivoluzione reazionaria, anticostituzionale, aristocratica e violenta che dobbiamo estirpare.
Buona festa della Repubblica.
Commenti recenti