Alle prossime elezioni: fuori l’Italia dalla guerra!
di MARX XXI (Redazione)
Pubblichiamo il contributo di Marx21 in vista delle elezioni del 25 settembre
1. Una nuova fase della storia mondiale
Dagli inizi del 2022 siamo entrati in una nuova fase della storia mondiale, caratterizzata da quella che papa Francesco ha definito la “guerra mondiale a pezzi”, di cui la guerra ucraina è il centro. Essa si svolge su diversi campi. Uno è sicuramente quello militare, ma coinvolge anche il piano economico-finanziario (sanzioni ed economia di guerra) e quello ideologico-culturale, che serve a nascondere la violenta competizione internazionale lanciata dagli Usa contro i paesi emergenti, ammantata da scontro tra democrazia ed autocrazia.
Proprio perché figlia della fine del mondo unipolare, questa nuova fase può portare con sé ad uno sbocco progressivo: il riconoscimento e l’accettazione del multipolarismo, promosso da un insieme di paesi che propone la coesistenza pacifica, la cooperazione win win ed il rispetto dei sistemi e la storia di ciascun paese. Promotori di questa visione sono soprattutto i BRICS (Cina, India, Russia, Sudafrica, Brasile) e i paesi a loro affini, che lavorano alla costruzione di un mondo e di regole capaci di guardare all’interesse generale dell’umanità.
Tuttavia lo sbocco progressivo non è l’unico possibile, anzi: oggi l’Occidente sembra aver imboccato la strada di uno sbocco reazionario ed estremamente pericoloso: crescono nella borghesia italiana le frazioni interventiste e belliciste a sostegno della guerra permanente che l’imperialismo Usa, potenza economica in declino, alimenta nel tentativo anacronistico di mantenere il dominio unipolare e fermare il corso della storia.
2. La guerra è la questione principale del nostro tempo
Il nostro paese, con il governo Draghi, ha perseguito lo sbocco regressivo, adottando la linea più oltranzista tra i paesi fondatori della Ue, scegliendo – a qualunque prezzo – di intraprendere una guerra di lunga durata e a tutto campo contro la Russia, con l’obbiettivo irrinunciabile della piena “vittoria delle democrazie” e la disfatta e punizione delle autocrazie.
È una linea che il governo sta portando avanti anche ora, nonostante sia in carica solo “per gli affari correnti”.
Tutto questo avviene mentre all’orizzonte già si intravede una nuova escalation che ha come obbiettivo la guerra alla Cina. Per alcuni settori delle classi dirigenti atlantiche è iniziata una fase definitiva che sarà caratterizzata dalla guerra come elemento strutturale del presente e del futuro.
Infatti, oggi, la questione della guerra è la questione principale, da cui dipendono tutte le altre scelte politiche sul terreno economico, sociale e istituzionale. In guerra anche l’economia diventa economia di guerra e viene sacrificata ogni scelta in tema ambientale o economico-sociale, togliendo risorse alle spese sociali per dirottarle sulle spese militari. Questa strategia viene portata avanti, nonostante il prezzo sia l’aumento della povertà, deindustrializzazione e pesanti nuove esclusioni sociali. Infine, la guerra giustifica uno stato di emergenza, la trasformazione delle istituzioni, il passaggio a uno stato autoritario attraverso un esecutivo dotato di pieni poteri. Già oggi viene pesantemente stravolta la Carta costituzionale, non solo con riferimento all’art.11 ed all’uso (ripudiato in Costituzione) della guerra come mezzo di risoluzione delle controversie internazionali, ma anche nella parte relativa alle questioni sociali e del lavoro. Inoltre, vengono ridotti gli spazi e l’agibilità democratica sia sul piano pubblico e politico, sia su quello sindacale e sociale. Non è affatto un’eventualità remota la trasformazione in senso presidenzialistico della nostra Costituzione.
È fondamentale allora porre la questione della guerra al centro della campagna elettorale. Le scelte del governo Draghi e della maggioranza dell’attuale parlamento sono avvenute contro la volontà della stragrande maggioranza della popolazione italiana, la cui sovranità è calpestata da un allineamento ai falchi dell’atlantismo e della Nato e la cui voce non è stata raccolta dalle aule parlamentari, se non da una minoranza di meritori parlamentari, a cui rivolgiamo il nostro ringraziamento.
Fuori l’Italia dalla guerraè la parola d’ordine che dovrà caratterizzare non solo la campagna elettorale ma una necessaria campagna di massa che dovrà proseguire nei prossimi mesi.
3. Le elezioni politiche
Eppure in questi primi giorni di convulsa campagna elettorale questo tema pare essere passato in secondo piano (o, al meglio, messo sullo stesso livello di altri temi) rispetto all’agenda politica della maggioranza delle formazioni che si presentano al voto. La guerra sembra sparita dall’attenzione generale, forse complice anche il fatto che, al di là dei toni trionfalistici dei mesi scorsi, le notizie che giungono dal fronte ucraino non si prestano alla propaganda di regime alla quale siamo stati esposti per mesi a tutte le ore del giorno e della notte.
Si cerca di raffigurare la prossima tornata elettorale come una scelta tra un polo a guida Pd ed uno trainato da FdI. La realtà è che si tratta di un falso bipolarismo tra due formazioni che, seppur diverse per cultura politica, si sono poste saldamente all’interno del campo dell’oltranzismo atlantico, rappresentando nei fatti due frazioni del partito unico dell’atlantismo. Proprio questa sostanziale omogeneità di fondo spinge una fetta sempre maggiore dell’elettorato ad astenersi, perché fatica ad intravedere una linea politica alternativa rispetto a quella che, pagando qualsiasi prezzo sociale e politico, decide di implementare l’oltranzismo atlantico della guerra. È evidente la differenza con il passato, con la storia della politica estera italiana capace, anche in piena guerra fredda, di relazioni con i paesi del “terzo mondo” e con l’URSS.
Il tema vero, per le prossime elezioni, è riuscire a far sì che nel prossimo parlamento ci possa essere una opposizione reale alla famosa “agenda Draghi” di cui tanto si parla e che rappresenta la sottomissione della politica (e del Parlamento) a decisioni sovranazionali, prese contro l’interesse generale del Paese.
Per queste ragioni, come Associazione Marx21 abbiamo auspicato che al partito unico dell’atlantismo, si contrapponesse il “partito della pace”: un fronte ampio di forze che ponesse la questione dell’uscita dalla guerra e della neutralità italiana, come elemento centrale della propria proposta politica. Se, come appare evidente, tale fronte non si presenterà alle elezioni in forma di coalizione, tuttavia sono emerse precisi impegni e volontà di opposizione al sistema di guerra nel quale l’Italia è inserita. Ci rivolgiamo pertanto a tutti coloro che operano in questa direzione e, sia pure con accenti diversi, si pongono in sintonia con le aspirazioni della maggioranza del nostro popolo. A loro chiediamo un impegno per un’iniziativa strategica affinché la collocazione dell’Italia cambi, andando in direzione delle forze che nel mondo lavorano per la pace e contro la guerra. Siamo consapevoli che si tratterà di una battaglia ardua e di lunga lena, ma non c’è altra strada. Se non portiamo l’Italia fuori dal meccanismo della guerra, non sarà possibile alcuna politica redistributiva, alcun investimento ed alcun ruolo per il nostro paese nel mondo. Portare l’Italia fuori dal sistema di guerra è l’unico modo affinché la politica torni ad avere un ruolo di scelta ed indirizzo delle decisioni strategiche e per riprenderci in mano il nostro destino.
Fonte: https://www.marx21.it/editoriali/alle-prossime-elezioni-fuori-litalia-dalla-guerra/
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