A proposito di vita liquida di riforme e di Università
di Stefano D'Andrea
Tra le idee peculiari dell'ARS (Associazione Riconquistare la Sovranità) c'è la volontà di prestare molta attenzione alla nostra esperienza legislativa, al nostro passato, recente e meno recente, anziché continuare a guardare a destra o a sinistra, nel desiderio di imitazione, e anziché insistere nell'andare alla ricerca di continue novità.
Altra idea connessa alla prima è la critica severa della "volontà di riforma permanente" in ragione della consapevolezza che i settori vitali dell'ordinamento vanno modificati con molta attenzione e prudenza e dopo lunghissima riflessione.
L'ideologia riformistica, che è stata anch'essa una religione, è parte integrante, e non di secondo piano, del mondo moderno caratterizzato dalla "vita liquida": continue novità che non si consolidano e mai sfuggono alla natura di frammenti. Abbiamo distrutto sistemi consolidati, per non edificare nulla se non schegge e frammenti che si esauriscono dopo una vita di breve durata.
Da quando sono stato assunto dall'Università nella quale insegno, ossia in dodici anni: a) "l'offerta formativa", che è la struttura dei corsi di studio, è stata modificata sei o sette volte; b) le discipline concorsuali sono state modificate cinque volte; c) le Facoltà sono state abolite e sostituite dai Dipartimenti; d) i modi e i criteri di distribuzione dei fondi sono mutati più volte; e) le tecniche di registrazione degli argomenti di lezione e degli esami sono state modificate; f) persino l'entrata nella mia Facoltà/Dipartimento è mutata due volte (quindi sono entrato da tre porte diverse).
Vita liquida nel senso più assoluto e veritiero. Io non potrò raccontare ai miei allievi e ai miei figli, come invece ha potuto la generazione precedente, come era la mia Università: chi vinse il concorso in quel tale anno; quando modificarono la disciplina concorsuale; quali erano le materie fondamentali che si insegnavano; quando una certa disciplina cominciò ad essere impartita in un corso accademico. Oggi l'Università non è: diventa, continuamente.
Il miglior partito, nella vita liquida, è disinteressarsi di tutto. Questo è il mio partito. Io non so se i curricula esistevano, sono stati cancellati e poi reinseriti; ovvero se non c'erano e poi sono stati inseriti per essere di nuovo aboliti. Non so nulla di nulla. Nemmeno faccio richieste di fondi. Partecipo al Consiglio di Facoltà/Dipartimento con le orecchie foderate. E ancora dichiaro di insegnare nella Facoltà di Economia dell'Università della Tuscia. Nel Consiglio di Facoltà/Dipartimento ascolto ma non sento e rido di tutto; rido delle riforme. Naturalmente insegno con passione e studio. Per il resto rido, ormai anche quando insegno. Basta osservare e descrivere una riforma per suscitare il riso degli studenti, che sono più profondi dei riformatori, se solo hanno la possibilità di ascoltare una voce fuori dal coro.
Quale docente universitario, dopo tanti anni di riforme, se la sente di smentire che se nulla fosse stato fatto negli ultimi dodici anni, se niente fosse mutato, se nessuna riforma fosse entrata in vigore (ma entrare "in vigore" per scomparire l'anno seguente è una contraddizione in termini) l'Università sarebbe molto ma molto migliore?
Un bell'intervento, e profondo. Credo tu abbia centrato il bersaglio quando scrivi che "Il miglior partito, nella vita liquida, è disinteressarsi di tutto".
E' quello che fa la gente, disinteressandosi di tutto ciò che non tocca direttamente il suo privato, a meno che non ci sia da mettersi in tasca soldi (che servono a idolatrare l'unico dio rimasto, quello consumistico).
Quali sono, a tuo avviso, i motivi di una smania riformistica così palesemente autolesionista? I vari ministri puntano al quattrino, o è semplicemente una moda che non si riesce più a controllare? Ovvero, come sospetto, c'è un programma di sfascio deliberato delle istituzioni pubbliche per poterle privatizzare meglio?
"Il miglior partito, nella vita liquida, è disinteressarsi di tutto" voleva significare che bisogna stare al di fuori dei falsi problemi e delle inutili soluzioni. Bisogna avere disinteresse per procedure che servono a distribuire pochi spiccioli. Non bisogna sapere quali riviste danno "più punti": pubblichi su quella che apprezzi. E così via.
Dunque, non è una proposta di disimpegno. Anzi, l'impegno è necessario. Chiunque rifiuta di militare merita la schiavitù. Non sta scritto da nessuna parte che noi possiamo decidere di dedicarci al consumo, alla produzione, ad essere spettatori di osceni dibattiti televisivi, ad andare in palestra e al centro commerciale, mentre i politici, non controllati, non delegati, non conosciuti, che lasciamo scegliere ad altri, dovrebbero dedicarsi alla funzione pubblica e al servizio pubblico e farsi il mazzo nel nostro interesse. O militiamo o meritiamo di essere schiavi.
L'autolesionismo ha molte cause: i) la colonizzazione dell'immaginario: i miei colleghi che vanno negli stati uniti tornano esaltati; ii) il riformismo come metodo alternativo alla rivoluzione, che spinge a continui e radicali cambiamenti; iii) l'assenza di una ideologia alternativa al liberismo e al globalismo; iv) il disinteresse per il passato e la storia; v) la convinzione che il miglioramento non può mai consistere nel tornare indietro: il disprezzo per la tradizione e il progressismo; vi) il feticcio della tecnologia, che impone, quasi fosse naturale, di utilizzare le possibilità tecnologiche; vii) la potenza del liberismo e del mercatismo.
Non c'è nessun programma – anche se, ovviamente, il capitale e i corrotti approfittano naturalmente dello sfacelo. E' nichilismo (non me ne voglia Tonguessy, se continuo ad utilizzare questa parola in un senso diverso da quello che lui propone) allo stato puro.
Caro Stefano,
ciò che tu descrivi è purtroppo la deriva dell'istruzione in Italia. Relativamente alle università le bizzarre manovre che denunci sono il frutto di due aspetti primari: 1-la perdita di potere della classe (casta?) universitaria (baronale compresa), vedi l'idea di fondazione universitaria. 2-la mancanza di qualsivoglia piano accademico atto a contrastare tale perdita di potere (pochissime le eccezioni).
Sul punto 1 basta notare la diversa composizione del parlamento dal dopoguerra fino ad oggi. Chiaro che un parlamento composto al 98% di professori abbia a cuore il destino dell'università e dell'istruzione più in generale. Ed altrettanto chiaro che un parlamento composto da imprenditori ed avvocati invece abbia altre priorità.
Sul punto 2 c'è da dire che le università non fanno molto di più rispetto a Squinzi (Confindustria) quando denunciano la "macelleria sociale" (ammesso lo facciano…). Va bene la denuncia, ma poi serve l'azione. Capitani d'industria e baroni universitari si trovano nella stessa situazione: tra incudine e martello. Continuano a perdere prestigio e privilegi perchè ormai non dettano più le regole, ma le subiscono.
Questo (la mancanza cioè di azioni e piani ragionati) non può che creare situazioni caotiche e convulse, con deliri formativi che rasentano la schizofrenia pura.
Aggiungiamoci che, differentemente da qualche decennio fa, gli studenti si sentono "parcheggiati" quindi demotivati e assenti, capaci solo di reazione zero, ed il quadro è completo.
L'attacco che il capitalismo finanziario sta sferrando contro l'istruzione sta riuscendo in buona sostanza anche per ignavia o connivenza dell'apparato accademico, troppo preso a salvaguardare i propri interessi e con scarsa o nulla capacità di reazione al piano neoliberale che vuole privatizzare l'istruzione.
il Discorso pronunciato da Piero Calamandrei al III congresso dell’Associazione a Difesa della Scuola Nazionale, a Roma l’11 febbraio 1950).
"Facciamo l’ipotesi, così astrattamente, che ci sia un partito al potere, un partito dominante, il quale però formalmente vuole rispettare la Costituzione, non la vuole violare in sostanza. Non vuole fare la marcia su Roma e trasformare l’aula in alloggiamento per i manipoli; ma vuol istituire, senza parere, una larvata dittatura.
Allora, che cosa fare per impadronirsi delle scuole e per trasformare le scuole di Stato in scuole di partito? Si accorge che le scuole di Stato hanno difetto di essere imparziali. C’è una certa resistenza; in quelle scuole c’è sempre, perfino sotto il fascismo c’è stata. Allora il partito dominante segue un’altra strada (è tutta un’ipotesi teorica, intendiamoci). Comincia a trascurare le scuole pubbliche, a screditarle, ad impoverirle. Lascia che si anemizzino e comincia a favorire le scuole private. Non tutte le scuole private. Le scuole del suo partito, di quel partito. Ed allora tutte le cure cominciano ad andare a queste scuole private. Cure di denaro e di previlegi. Si comincia persino a consigliare i ragazzi ad andare a queste scuole , perché in fondo sono migliori si dice di quelle di Stato.
Correva l'anno 1950…..
Sì, a mio avviso un 'progetto' di massima c'è ed è quello di lasciare andare allo sfascio l'istruzione pubblica per privatizzare. Così una delle migliori istituzioni del mondo viene fatta a pezzi, l'alta finanza vede aprirsi nuovi spazi di speculazione selvaggia, i politici vedono ridursi una spesa di bilancio e possono riempirsi le tasche con nuove tangenti e ruberie.
Nel frattempo corpo docente e studentesco riflettono che il miglior partito, nella vita liquida, è disinteressarsi di tutto e pensano al telefonino, al trans e alla borsetta firmata prodotta in Cina a 5 euro e rivenduta da Armani a 500.
Stefano, so benissimo che la tua non è una scelta di disimpegno, ma mi colpisce come le definizioni veramente azzeccate finiscano per attagliarsi un po' a tutti gli attori coinvolti, indipendentemente dalle scelte politiche. Il gregge si limita a generalizzare un po' più di quanto faccia tu l'imperativo categorico della vita liquida.
Tornando al sistema educativo, credo che lo strumento principale attraverso cui tutto viene liquidizzato prima e liquefatto poi sia la ormai soffocante mancanza di fondi: qualsiasi politica di lungo respiro presuppone una base ecoomica stabile e questa ormai manca completamente. Spesso le apparenti riforme sono solo un modo per cambiare di nome i tagli ininterrotti con cui si falcidia la vita civile, mentre la ricchezza dei Paesi ex-sviluppati viene incanalata nei circuiti globali finanziando i boni miliardari dei banksters e creando posti di lavoro in Cina e in India.
Parlando di sfascio del sistema educativo pubblico, e quindi non solo di università ma anche di scuola, sarebbe obbligatorio un accenno alle catastrofi generate dall'inserimento dei figli degli extracomunitari, ma so che come tutti i siti di sinistra su questa metà del problema non gradite argomentare.