Il partito: ciò che serve
di STEFANO D’ANDREA
Ricordate gli amici che erano entrati in paranoia per il “vaiolo delle scimmie” e che erano sicuri… (che sarebbe accaduto ciò che non è accaduto)?
Ammettiamolo francamente: paranoici, isterici, irrazionali, congetturofili e squilibrati, così come infidi, egoisti, infantili, narcisi, e seguaci di mode e di guru, e molto più spesso semplici ingenui, esistono anche tra coloro che vogliono riconquistare la sovranità.
Contano le idee ma anche le persone. Soprattutto, molto di più conta il partito, ossia l’organizzazione che seleziona e forgia le persone. Ad un partito una persona matura si iscrive per forgiarsi. Una persona infantile per esprimersi.
Chi qualifica il partito come “contenitore” (“bisogna fare un unico contenitore”) deve capire che il partito, per il popolo, è il fine supremo (il bisogno supremo) e lui invece è, al più, un utensile, un cacciavite, una chiave inglese, del partito.
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