Le nazioni europee devono ripudiare il debito?
di Randall Wray «New Economic Perspective» – Traduzione per Megachip di Piergiorgio Mulas
Sta diventando sempre più chiaro che l'economia globale (o al limite quella occidentale) è indirizzata verso un crollo rovinoso. Quasi tutti gli ultimi indicatori economici riguardanti la situazione degli Stati Uniti sono negativi. Il Regno Unito e il Giappone hanno imboccato la via dell'austerità, e i risultati che ne conseguiranno sono ampiamente prevedibili. Ma l'ammalato più grave è Eurolandia. Essa ha imposto severe misure di austerità ai cosiddetti PIIGS, il che è l'equivalente moderno dei medievali salassi di sangue. Queste nazioni sono infatti gravemente indebitate. Nel caso dell'Irlanda, che è stato uno studente modello nel perseguire i dettami dell'utopia Neoliberale, il debito pubblico si è impennato perché il governo ha deciso di farsi carico dei debiti contratti dal sistema bancario privato.
Con un incomprensibile atto di carità tutto ciò è stato fatto solamente per salvare le banche francesi e tedesche, che detenevano la gran parte degli ormai inesigibili debiti delle banche irlandesi. Per ringraziare l'Irlanda della sua generosità, la UE le ha imposto sanzioni stile Fondo Monetario.
Si presume che il governo ora debba spremere ulteriormente la popolazione al fine di ridurre il debito che ha trascinato l'Irlanda in recessione e ridotto le entrate erariali.
Se c'è una cosa sbagliata che si può fare nei confronti di un debitore è costringerlo a rinunciare a parte delle sue entrate. Ma questa è esattamente la cura medievale che l'UE prescrive alla tigre celtica. Questo vale sostanzialmente anche per gli altri Paesi dell'area Euro che si trovano in difficoltà a causa di un alto indebitamento, e se anche l'origine della difficoltà è da ricercarsi in altre cause la cura prescritta è la medesima.
I PIIGS si trovano ora con le spalle al muro. L'unica cosa che possono fare è presentarsi davanti alle istituzioni europee e parlare una voce sola. Per loro si aprono tre prospettive.
La prima consiste nell'abbandono dell'euro e in un ritorno alle loro rispettive monete sovrane. Tutti i debiti sarebbero rinominati nella nuova (cioè vecchia) moneta e i Paesi potrebbero adottare tutte le politiche opportune di stimolo alla crescita e alla piena occupazione. Con il ritorno alle monete sovrane nessun governo andrebbe incontro a problemi di solvibilità del debito. Ogni Stato potrebbe suggerire a Moody's, o alla altre agenzie di rating, di andare a farsi una passeggiata se sono troppo stupide da non capire che ogni Paese che possieda moneta sovrana può sempre onorare il suo debito, infatti ogni Governo potrebbe immediatamente saldare quanto deve con la sua moneta. Tutto ciò che è necessario fare equivale all'accreditare nei conti bancari quanto dovuto grazie alle riserve e cancellare il debito.
Dato che ciò riduce gli interessi sui pagamenti avrà anche effetti deflazionistici. Comunque non esiste pressione deflazionista che non possa essere eliminata grazie ad opportune politiche fiscali di stimolo.
Vi è però un inconveniente in questa politica. I detentori del debito prezzato in euro vedranno i loro crediti rinominati nella nuova/vecchia moneta. È assai probabile che essi ricorrano davanti alla corte europea per evitare di vederli svalutati. Con ogni probabilità ciò condurrà ad un lungo tira e molla giudiziario che al limite servirà per prendere tempo. Non sono un giurista, e perciò mi risulta difficile fare previsioni sull'esito della battaglia legale, ma sospetto che i giudizi saranno sfavorevoli per i “defaulters” e che saranno imposte delle sanzioni contro di essi.
Nel frattempo le banche francesi e tedesche diventeranno insolventi, e Francia e Germania nel tentativo di salvarle si verranno a trovare nell'identica situazione nella quale si trova oggi l'Irlanda, con un gigantesco e inutile debito pubblico seguente alla nazionalizzazione delle banche private maggiormente esposte (ironicamente nel caso della Germania le banche più esposte sono già state nazionalizzate).
Forse a quel punto anche loro si accoderanno agli altri Paesi e usciranno dell'euro. All'ultimo sarà richiesto di spegnere le luci. A quel punto non rimarrà che dire addio all'euro e salutare il ritorno delle ostilità tra paesi europei, esperienza che abbiamo già vissuto e che ha condotto a due guerre mondiali.
La seconda soluzione che potrà essere presa in considerazione è quella di dichiarare bancarotta pur rimanendo nell'euro. Non c'è niente di scandaloso nel fatto che un settore privato che non è assicurato dai governi dichiari bancarotta. È sempre successo e ancora succederà. Sarà compito dei tribunali fallimentari difendere gli interessi dei creditori nei confronti dei falliti. Ad ogni modo tale soluzione non è più facilmente praticabile, dato che l'Irlanda decise a suo tempo di nazionalizzare i debiti dei banchieri privati, e sfortunatamente un default pubblico comporta molti più problemi.
Certo, anche questo non sarebbe un inedito dal punto di vista storico. Vi ricordate del fallimento della Contea di Orange in California? Il problema sorge dal momento che i creditori si aspettano che il governo riesca financo a spremere il sangue dalle arance (un'altra tecnica medievale) per pagare i debiti.
Carmen Reinhart e Kenneth Rogoff argomentano giustamente nel loro libro This Time is Different, che per il resto è una lettura che ci si può anche risparmiare, che quando un Paese arriva al default, esso è sempre in qualche senso volontario. (è rimarchevole come loro non siano in grado di trovare un solo esempio di vero default di un debito realmente sovrano; vale a dire un default di un paese che detiene una propria moneta libera di fluttuare. Per quanto ne so io, ogni caso che loro identificano come fallimento di uno debito sovrano riguarda Stati che avevano ancorato le loro monete a qualche valuta straniera o avevano instaurato qualche accordo di currency board. Ma questa è materia per un altra discussione, dal momento che i paesi Ume hanno stretto tra di loro degli accordi di currency board.)
L'Irlanda può continuare per ancora qualche tempo a chiedere nuovi sacrifici alla sua popolazione.
Dopo tutto le sofferenze sono una costante nella storia del popolo irlandese.
Forse con le opportune misure d'austerità riusciremo ad approdare ad una situazione che sarà l'equivalente moderno della carestia delle patate.
I giovani stanno già emigrando in massa. I creditori possono anche chiedere che si cavi ancora più il sangue agli irlandesi, fino a quando l'isola non sarà completamente deserta. A quel punto tutto ciò che rimarrà sarà la nuda terra, con i pignoramenti che saranno iscritti nel portfolio delle banche tedesche e francesi. Non ci sono dubbi che davanti a questa prospettiva stiano già sbavando. (Chiunque sia stato in Irlanda può facilmente capire il perché.)
Personalmente ritengo che dichiarare il default restando nell'euro sia la soluzione peggiore: si andrebbe incontro a tutti gli svantaggi che si avrebbero in caso di uscita dalla moneta unica senza nessuno dei vantaggi. Per esempio, qualora qualcuno prendesse questa decisione si ritroverebbe con il grosso problema di dover operare con una moneta ipervalutata.
Se invece lasciassero l'euro potrebbero almeno fare delle svalutazioni competitive che gli permetterebbero di difendersi dagli esportatori tedeschi. C'è da attendersi che a quel punto i tedeschi reagiscano intentando una causa davanti alle autorità di giustizia europee, e che esse gli diano ragione. Se un Paese è avviato al default è meglio che si prepari ad abbandonare anche l'UE in toto, oltre che il Sistema Monetario, se vuole difendere l'economia interna.
L'ultima opzione che rimane ai PIIGS è quella di avviare una forte azione comune per riformare radicalmente l'attuale Unione Monetaria. I debiti devono essere ristrutturati e svalutati. L'eventuale default e l'uscita dall'Unione Monetaria possono sempre essere agitati come uno spauracchio sul tavolo delle contrattazioni, ma possono essere incisivi come arma di ricatto solo se minacciati in massa dai paesi ad alto rischio.
Dovrebbe essere chiaro sia ai creditori che ai debitori che raggiungere un accordo comune è la migliore soluzione per entrambe le parti.
Le banche europee sono ormai ampiamente bollite. Non solo hanno acquistato ingenti quantità di titoli tossici americani, ma si sono impegnate in prima persona nella creazione di spazzatura finanziaria. E sono tutte indebitate l'una con l'altra con titoli tossici.
Come i colossi bancari USA loro sono “too big to fail”, ergo, per dirla con le parole di Bill Black, sono “istituzioni sistematicamente dannose”.
Ciò significa che esse devono essere decisamente “dissolte”, ridotte nelle dimensioni quando non direttamente chiuse, e gli attivi e i passivi ridistribuiti presso istituzioni più piccole.
L'intricata maglia di titoli tossici per i quali le banche sono vicendevolmente indebitate deve essere dipanata e la sua dimensione ridotta.
( E i banchieri devono essere incarcerati. Sospetto che la principale ragione per la quale le banche non sono ancora fallite risieda nel fatto che i governi sono coscienti che ciò scoperchierebbe le massicce irregolarità che spalancherebbero a molti le porte della prigione. E non è vero che le banche sono troppo grandi per fallire, quanto piuttosto che è troppo grande la dimensione della loro fraudolenza. Un qualsiasi onesto investigatore che varcasse la soglia di Goldman Sachs, tanto per fare un esempio a caso, non potrebbe andarsene senza spiccare qualche migliaio di avvisi di garanzia nei confronti dei responsabili della tesoreria passati, presenti e futuri.)
È giunta l'ora di ammettere che il destino dell'Unione Monetaria Europea era segnato. In tempi non sospetti, a metà anni '90, ero stato facile profeta nel dire che la prima seria crisi finanziaria l'avrebbe spazzata via.
E ora che siamo dentro quella crisi è il momento di guardare in faccia la realtà.
I debiti devono essere cancellati e un nuovo sistema fiscale deve essere creato. Come ho già detto molte volte, la situazione dei membri dell'Ume è paragonabile a quella degli stati federali americani, ma senza una Washington che interviene nei periodi di crisi. I buoi si stanno facendo condurre al macello. Abbiamo davanti a noi un'unica strada percorribile, se ci interessa il futuro dell'Unione Europea. Oltre a ristrutturare il debito l'Unione Europea deve dotarsi di un istituto fiscale della forza e della dimensione del Tesoro statunitense.
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