Drastico taglio alle spese militari? No: sono un socialista antimperialista.
di Stefano D'Andrea
Recentemente ho sottoscritto un appello che aveva ad oggetto cinque slogan. Uno dei cinque slogan era questo: “Drastico taglio alle spese militari e cessazione di ogni missione di guerra” (1).
Un appello si sottoscrive perché se ne condivide lo spirito di fondo e si conviene sull’utilità dell’iniziativa. Dissensi sui dettagli e magari anche su uno dei punti oggetto dell’appello non possono indurre ad astenersi dall’adesione; salvo assumere l’atteggiamento del fariseo che è disposto a servire soltanto la propria verità, atteggiamento sempre inutile e pernicioso ad ogni causa politica. In questo caso, al momento della sottoscrizione, le mie perplessità potevano, al più, cadere su altri punti, non su quello testé riportato.
In realtà, lo slogan “Drastico taglio alle spese militari e cessazione di ogni missione di guerra” si compone di due parti. Nessun dubbio si può avere sulla opportunità della “cessazione di ogni missione di guerra”. Anzi, si doveva essere anche più espliciti: cessazione della partecipazione dell’Italia alle guerre di aggressione; e disponibilità a risarcire i danni di guerra subiti dalle nazioni aggredite.
Invece, a ben riflettere, la prima parte dello slogan – “Drastico taglio alle spese militari” – pone qualche problema che la sinistra italiana non è solita sollevare e, anzi, tende a rimuovere. Vediamo di chiarire.
Se desideriamo restare nella NATO; accettiamo che sul territorio italiano siano installate basi militari di eserciti stranieri; intendiamo continuare a chiedere protezione in cambio di questa consolidata servitù; e tuttavia pretendiamo di osservare, al contrario di quanto è avvenuto negli ultimi anni, la Costituzione Italiana là dove essa vieta ogni guerra di aggressione, probabilmente la proposta del “Drastico taglio alle spese militari” è coerente con la nostra ignavia. La proposta sarebbe ancor più coerente se, pur invocando in linea astratta la protezione di diritti sociali e del lavoro in particolare, accettassimo i presupposti di fondo della ideologia globalista: libera circolazione delle merci, dei capitali e dei lavoratori. Se non ti opponi ai prepotenti e lasci aperte le porte di casa tua a chiunque voglia entrare, non hai bisogno di allarmi o di cani da guardia.
Insomma, se, da un lato, accettiamo di disintegrarci come Stato, nel senso che rinunciamo a dirigere e programmare l’attività economica che si svolge sul nostro territorio, destinato a restare parte dello “spazio globale senza frontiere”, e dall’altro consentiamo che il territorio italiano continui ad essere utilizzato dalla più grande potenza militare del nostro tempo, per il perseguimento dei suoi interessi geopolitici, forse abbiamo davvero bisogno soltanto di un esercito minimo. Il codardo, disposto a soddisfare sessualmente il padrone, non ha bisogno di allenarsi per resistere ai potenti e ai prepotenti.
Se, al contrario, un partito o movimento politico, da un lato, si pone l’obiettivo di riconquistare il diritto e il potere di programmare l’attività economica che si svolge dentro il territorio dello Stato e quindi intende sottrarre allo “spazio globale senza frontiere” quel territorio, sul quale non vigerà più il principio della libera circolazione delle merci dei capitali e del lavoro; e dall’altro intende vivere dignitosamente, senza basi straniere sul proprio territorio e senza i vincoli di sudditanza che esse implicano e comportano, allora un esercito popolare ben armato e organizzato, in grado di difendere il territorio dall’aggressione dei nemici esterni, è assolutamente necessario. Se non sei un codardo ed eviti di metterti al servizio di un padrone, sei costretto ad avere la capacità di difenderti, perché altrimenti il padrone ti distrugge ( e se tu non ti prepari e ti fai distruggere te lo meriti).
Provo ad essere più analitico.
Un partito politico potrebbe proporre di attribuire ad ogni impresa e cittadino il diritto di utilizzare, sul territorio statale, tutte le possibili tecnologie senza pagare brevetti stranieri. Stabilendo una norma destinata a valere soltanto sul proprio territorio e volta ad attribuire ai propri cittadini e imprese un diritto (ma esponendosi all’emanazione di analoghe norme valide sui territori stranieri), lo Stato infligge un danno economico a imprese e cittadini stranieri. Perciò, gli Stati Uniti potrebbero sentirsi particolarmente danneggiati, posto che cittadini e imprese statunitensi hanno molti brevetti internazionali.
Un partito politico potrebbe proporre l’emanazione di una norma che crei il vincolo per i cittadini e le imprese italiane di reinvestire in Italia; e ciò sul presupposto che è assurdo che il risparmio accumulato dagli italiani sia libero di volare nello spazio senza frontiere per essere investito in un luogo, al fine di produrre in altro luogo beni che saranno rivenduti in un terzo luogo, per generare utili che saranno investiti in altro luogo ancora. La norma ipotizzata avrebbe l’obiettivo di evitare di essere costretti a distruggere il nostra sistema di tutele sociali per attirare il capitale straniero. Anche in questo caso, una norma giuridica, destinata a valere soltanto sul nostro territorio (un divieto o un vincolo all’espatrio del capitale) cagionerebbe un danno ad alcuni stati stranieri, tra i quali gli Stati Uniti d’America, che compensano i deficit di bilancio con l’afflusso massiccio di capitale da altri stati. Soprattutto quella norma potrebbe scavare un solco lungo il quale potrebbero procedere altri stati e ciò sarebbe gravemente dannoso per gli interessi dei cittadini e delle imprese statunitensi. Abbiamo visto che fine fanno gli stati che decidono di non utilizzare il dollaro. Gli stati uniti non consentono nemmeno che qualcuno tenti l’esperimento.
E infatti, un partito politico potrebbe anche volere che lo Stato si disfi pian piano dei dollari posseduti come moneta di riserva, consideri il dollaro carta straccia e ne vieti la circolazione per transazioni in cui è parte un cittadino o una impresa con sede principale nel territorio dello stato. Anche in questa ipotesi gli Stati Uniti non la prenderebbero bene. Anzi hanno già dimostrato che, in simili casi, la prendono molto male.
Non proseguo nell’elenco delle norme ipotetiche, che in realtà potrebbe essere infinito. E domando: un partito politico che persegua interessi come quelli tutelati dalle norme ipotizzate o da norme simili può al tempo stesso sostenere che è necessario un drastico taglio alle spese militari? I casi dell’Iraq e della Libia e ahinoi quelli che si profilano dell’Iran, della Siria e del Venezuela dimostrano che quando gli Stati Uniti hanno interesse ad sanzionare un paese per una o altra ragione, lo aggrediscono militarmente. Molti altri casi storici dimostrano che gli Stati Uniti finanziano e organizzano colpi di stato per far cadere “regimi non amici”, ossia governi di stati i quali emanano norme destinate a valere sul territorio di quegli stati e che tuttavia sono sgradite agli Stati Uniti (anche la mancata emanazione di una norma che prevedesse la consegna di Osama Bin Laden in fondo è un caso, sia pure particolare, riconducibile alla regola generale).
La conclusione è agevole.
Chi si colloca dentro il nostro falso bipolarismo e vuole soltanto “migliorare” la politica del centrosinistra può anche proporre la drastica riduzione delle spese militari. Egli vuole restare sotto tutela militare straniera e non si propone di sfidare il principio della libera circolazione del capitale delle merci e del lavoro, nelle sue varie declinazioni e nei suoi corollari.
Invece, chi vuole distruggere il falso bipolarismo, riappropriarsi del potere di decidere di valorizzare il lavoro con norme giuridiche valevoli sul territorio dello stato (infischiandosene del contrario interesse degli stati-nazione dominanti) e tornare a lanciare una sfida al mondo per cospargerlo di rosso, deve possedere un esercito forte e motivato, capace di combattere per anni una guerra di guerriglia contro un esercito invasore molto più potente.
Il futuro della Libia in questo momento storico risiede nel suo esercito. Gli eserciti servono alle nazioni, non soltanto per aggredire, bensì per resistere. La resistenza normativa alla libera circolazione del capitale delle merci e dei lavoratori non vi può essere se non vi è un esercito che la presidi. E se le nazioni dominanti decidono di aggredire la resistenza nazionale, reputata, a torto o a ragione, eccessiva e fastidiosa, la forza, il coraggio, la fedeltà, e l’armamento dell’esercito e delle milizie popolari sono la fiaccola alla quale è legato il destino della nazione libera e aggredita.
Perciò, tra le migliaia di false notizie che provengono dai mercenari e dalla NATO, c’è da augurarsi che questa sia vera:
“Il leader libico Muammar Gheddafi è ancora in grado di imporre le proprie forze di combattimento. Le truppe del colonnello si sono ritirate ordinatamente, ha detto Roland Lavoie, portavoce della NATO.
Secondo Lavoie, Gheddafi ha il “controllo totale” dei movimenti del suo esercito. Ha dimostrato ancora la “capacità di comandare le truppe, e di condurre l’attuazione delle sue direttive strategiche, compresa la gestione delle attrezzature militari” [Agence France-Presse]. Il portavoce della NATO ha messo in guardia contro l’idea che la forza di Gheddafi abbia preso il volo. Secondo Lavoie: “le truppe lealiste di Gheddafi che possiamo vedere non sono allo sbando totale, sono in ritirata in modo ordinato, concedendo terreno e andando alla seconda miglior posizione da tenere per poter continuare la loro guerra“ (2).
Viva i popoli liberi che affrontano il rischio di essere aggrediti. Dieci popoli liberi e coraggiosi e l’impero statunitense morirà dissanguato.
(1) https://sites.google.com/site/appellodobbiamofermarli/
(2) http://gilguysparks.wordpress.com/2011/09/01/worlds-chronicles-1-0-1/
Non solo sono d'accordo, ma andrei oltre. Non mi limiterei a presupporre un esercito preparato per la guerriglia ma sarei favorevole a dotarsi dell'arma nucleare. Forse se Gheddafi non avesse rinunciato a fabbricarla e avesse seguito la via della Corea del Nord, la Libia non sarebbe stata aggredita e brutalizzata nel modo indegno che sappiamo. E' l'unico motivo per il quale ho alcune perplessità sulla rinuncia alle centrali nucleari. Per me dovrebbero servire in un futuro ora indefinibile non a produrre energia a fini civili ma a produrre bombe nucleari per dissuadere gli imperialisti dall'aggredire una nazione che voglia essere veramente indipendente.
In questa esposizione ho trovato parecchie lacune.
Andiamo per ordine. Stefano, nel precedente articolo di informazione, ammette che: " Smascherare la propaganda e far convertire i "credenti" non si può ed è largamente al di fuori delle nostre possibilità."
Non riesco a capire come si possa nutrire la possibilità che controllare l'esercito, invece, sia un'operazione all'interno delle nostre possibilità. I fatti dimostrano al contrario che l'esercito è nelle mani di chi controlla la propaganda, quella propaganda che vede il male assoluto in Gheddafi e la Libertà (A maiuscola) nelle mani dei rivoltosi made in NATO.
Fate voi 1+1.
Non so poi quale forza di sinistra proponga di ridurre le spese militari. Certo è che se le riduce per mantenere inalterato il welfare (prestazioni sanitarie, istruzione, pensioni etc…) non ci vedo nulla di male. Anzi.
Urge poi una considerazione di stampo morale: Gheddafi non sta "comandando" un esercito e basta. Sta invece coordinando un movimento di resistenza attiva contro gli invasori, il che è cosa ben diversa. Chi si assoggetta ai suoi ordini (e contrariamente a chi ha preso posti di dirigenza nel CNT) sta egoisticamente difendendo le proprie conquiste sociali (pane, sanità, casa gratis ad esempio) e non altruisticamente calando le brache per soddisfare il potente di turno. C'è chi obbedisce al proprio fisico e chi obbedisce alla metafisica altrui (la Libertà, la Democrazia, il Progresso etc…).
La Libia ha offerto uno spaccato completamente diverso dall'Iraq. Saddam aveva fatto degli errori madornali come invadere il Kuwait e la sanguinosa guerra contro l'Iran. I suoi militari gli avevano ubbidito, ma non si sentivano a proprio agio con quelle scelte. La sconfitta relativamente facile dell'esercito iracheno ha dimostrato cosa significhi invece avere dei DIRITTI da difendere, che è poi quello che stanno facendo i lealisti.
Insomma fatto l'esercito non si è fatto nulla. Al contrario una CONSAPEVOLEZZA attiva può fare moltissimo. Le lotte partigiane dovrebbero insegnarlo ancora oggi.
Esiste poi la soluzione Forza Bruta: il nucleare. Questa proposta la vedo come un diktat verghiano: "dopo di me l'inferno" ed è un classico di chi ha perso la capacità di dialogare. Non a caso sono gli USA l'unico paese che ha mai fatto uso del nucleare per derimere le questioni diplomatiche. Un esempio da seguire, secondo voi? mah..
Il nucleare rappresenta il FALLIMENTO della diplomazia. Ovvero il fallimento dell'ONU ed il fallimento dell'Occidente, così bravo a parolone e così crudele e spietato nei fatti. Il nucleare rappresenta il NOSTRO fallimento, il nostro credere nella forza bruta e nel pisciare sopra alla nostra Costituzione. Ciò che l'art. 11 stigmatizza nasce da una terribile consapevolezza: l'uso della forza è frutto di una mentalità delirante e causa lutti e dolori altrimenti evitabili. L'uso della ragione (la diplomazia) nasce invece dalla possibilità di mediazione, ovvero nel riconoscimento delle varie parti ed istanze. Sono sinceramente MOLTO DISPIACIUTO che ci sia chi proponga di pisciare sulla Costituzione nel nome della presunta difesa del territorio. L'atomica è storicamente gestita dai vari Dr Stranamore, le stesse persone che consigliano di pisciare sulla Costituzione. Per scopi di propaganda, e qui il cerchio si chiude.
Ecco,Tonguessy, ha espresso correttamente il concetto. Io aggiungo la mia opinione solo per accentuarlo, convinto che l'esercito itasliano dipenda più dalle direttive degli USA che dal nostro govero e che in caso di controversie agirebbe da lungamano del pentagono, contro i cittadini che lo sostengono economicamente, in modo analogo all'esercito egiziano.
@Tonguessy
Non so se si tratti di lacune o non sono stato chiaro.
La critica era rivolta ad un atteggiamento che ho avuto spessissimo e direi sempre, fino alle aggressioni statunitensi degli ultimi quindici anni. Fin da ragazzetto ripetevo: "basterebbe ridurre le spese miltari!" e il tale o talaltro problema poteva essere risolto. Dunque la mia critica è verso il pregiudizio, tipico della sinistra e che io ho avuto a lungo, che sia sempre un bene ridurre le spese militari e che l'optimum consista nella drastica riduzione delle spese militari. Taluni, addirittura. ne vorrebbero l'eliminazione.
Ovvio, invece, che nelle diverse situazioni concrete, può essere utilissimo, giustissimo e indispensabile ridurre, anche notevolmente, le spese militari. Tutti i partiti che non hanno un proogramma rivoluzionario o di radicale riforma della disciplina dell'economia e quindi della vita collettiva e che non propongono l'uscita dell'Italia dalla NATO, possono benissimo sostenere, nelle situazioni concrete, la drastica riduzione delle spese militari. Chi invece si prefigge l'uscita dalla NATO e auspica l'emanazione di norme che renderebbero alcune Nazioni dominanti e, segnatamente, gli Stati Uniti d'america, nemiche dell'Italia, non può con coerenza volere un esercito Italiano debole (l'efficienza della spesa, nel nostro caso, non viene in considerazione).
Sarebbe assurdo impegnarsi politicamente per una vita, costituire con tanti altri cittadini un partito che ottiene il consenso; giungere al potere dopo tanti anni o addirittura decenni e poi essere disintegrati in un istante dall'aggressione della potenza straniera che sarebbe danneggiata dall'attuazione del programma politico del partito rivoluzionario andato al governo. A quel punto ti accorgeresti che l'indebolimento dell'esercito provocato negli anni precedenti ha significato segare il ramo sul quale intendevi salire. Non credo che un esercito e una dotazione di armamenti si ricostittuiscano in un attimo.
Insomma, nell'ottica del (falso) bipolarismo, con uno schieramento che a parole è un po' più "sociale" dell'altro, e dando per scontato che le due coalizioni intendono entrambe restare nella NATO, le spese militari quasi non servono e appaiono ancor più sprecate quando il ricatto "dei mercati" ti obbliga a tagliare altre spese di importanza vitale. Ma in un ottica "rivoluzionaria" o semplicemente di autonomia e indipendenza nel valutare e perseguire gli interessi rilevanti, un ottimo esercito è essenziale.
Quindi, quando sei in minoranza, devi criticare la scelta di partecipare ad una guerra di aggressione; prima ancora devi criticare la scelta di voler restare nella NATO, ma non puoi desiderare che l'esercito sia debole.
Sull'Iraq non sono d'accordo. La resistenza non è stata opera di uomini romantici. Era stata preparata per tempo dal partito Baath (depositi di armi, formazioni, tecniche, ecc.) ed era composta dalla elite dell'esercito iracheno (il primo kamikaze che, dopo la "missione compiuta" mandò al creatore due soldati statunitensi era un colonnello dell'esercito). Che poi essa si sia trovata davanti un nemico inaspettato (o un "amico" che combatteva per altri obiettivi) – gli islamisti – il quale, per le armi che possedeva, la coerenza e la disposizione al martirio, essendo inizialmente minoritario, cresceva continuamente di forza, attirando i giovani iracheni; e che pertanto sia addivenuta ad accordi con altre forze irachene e abbia partecipato, in qualche modo, alle elezioni, mi sembra un fatto del tutto irrilevante.
Sono invece d'accordo che fatto l'esercito non si è fatto nulla, perché serve una consapevolezza attiva (una militanza sentita). Sono d'accordo anche sul nucleare (e quindi dissento da Luciano, o meglio non ho i suoi dubbi). Però la questione non è così semplice. Immagina che la NATO continui a bombardare la libia per alcuni anni (sono già sei mesi che bombarda) e uccida centomila persone. Te la sentiresti di condannare l'uso di un'arma tipo la polverina agitata da Colin Powell all'ONU da parte di un partigiano Libico che si trovi sul territorio di uno degli stati aggressori e voglia pareggiare in un lampo il conto dei morti, per convincere gli aggressori a desistere ( o anche soltanto per vendicarsi)? Sarebbe un atto "ingiusto"? Perché più ingiusto del prolungatoi bombardamento?
@ Carlo
Se le cose stessero come dici tu, dovremmo abbandonare la politica, perché ogni programma di autonomia e indipendenza o addirittura di rivoluzione dei rapporti sociali diverrebbe ineseguibile, anche se per qualche ragione storica giungesse a godere di un consenso altissimo. Secondo me tu generalizzi quella che è solo una possibilità. Nella Storia d'Italia tradimenti dell'esercito non mi sembra ci siano stati (c'è stato qualche piano; ma nemmeno un tentativo). Il venezuela ha Chavez e l'esercito russo e quello cubano hanno sempre difeso la rivoluzione. Certo, poi hai il caso del traditore Pinochet. Ma perché pensare che l'esercito Itraliano sia un covo di Pinochet? E comunque, perché non muovere dal presupposto che, come in tutti i settori, anche in quello della difesa il compito di uno statista è di scegliere i miglliori? Soprattutto, se oggi le idee di una politica di indipendenza e autonomia le ha soltanto una piccola minoranza di italiani, perché credere che nell'ipotetico caso in cui quelle idee divenissero egemoniche, esse resterebbero estranee alla cultura del nostro esercito?
giungere al potere dopo tanti anni o addirittura decenni e poi essere disintegrati in un istante dall'aggressione della potenza straniera che sarebbe danneggiata dall'attuazione del programma politico del partito rivoluzionario andato al governo.
Questo è il punto. Hai idea di quante bombe in Libia, Iraq, Afganistan e guerre umanitarie prossime a venire saranno sganciate dal nostro efficientissimo esercito prima che ci sia un'alternativa al potere (anni o decenni)? Non sarebbe più conveniente RIDURRE le spese ora (riducendo quindi i bombardamenti umanitari) come obbiettivo prioritario per AUMENTARLE esageratamente quando tale scenario di sganciamento dalla NATO si renderà prossimo? Perchè mettere il carro davanti ai buoi?
Ma perché pensare che l'esercito Itraliano sia un covo di Pinochet?
Ma perchè pensi che non lo sia? Valerio Borghese, il "Piano Solo", De Lorenzo etc…tutta roba del passato solamente? I depistaggi delle varie stragi di stato (Ustica in primis) sono fandonie?
Viviamo in una società piramidale, dove chi occupa le posizioni più elevate (il gotha militare ad esempio) lo fa in funzione dei servigi resi al sistema. Mi sbaglio? Sennò come spiegheresti i bombardamenti libici da parte dei nostri militari?
L'avanzatissima "Costituzione repubblicana democratica e antifascista" tanto cara alla sinistra non ha impedito che l'Italia diventasse una provincia dell'Impero; non ha impedito che partecipasse a guerre di aggressione al servizio dei nostri padroni, checché ne dica l'art.11 calpestato dallo stesso Presidente che ne doveva essere garante; non ha impedito lo strapotere di potentati non eletti, che ora impongono anche la libertà di licenziamento, del resto già operante di fatto. Quanto alle bombe atomiche, non dimentichiamo che ne esistono già decine sul nostro territorio, naturalmente in mano ai nostri padroni. E' tanto sbagliato sperare che un giorno possiamo fabbricarcele noi, non per aggredire ma per non essere aggrediti, cioè per rendere effettiva quell'indipendenza senza la quale non c'è libertà?
Non vedo motivo di denigrare quella che è comunemente descritta come la più evoluta costituzione moderna. Ci sono forze che si stanno adoperando per ridurre ai minimi termini quel tentativo di dare dignità a Patria, Lavoro, Libertà etc…(che pure sono concetti che un nichilista guarda con estremo sospetto) a tutti.
Questo non significa che la Costituzione sia bacata, anzi. Significa che NONOSTANTE una costituzione ottima le leve politiche stanno adoperandosi per sconfiggere quell’idea di equità e di starsene distante dall’imperialismo che la nostra Costituzione emana.
In quando a fabbricarsi le armi di distruzione di massa tipiche dell’Impero, vale la pena di ricordare che gli USA sono diventati molto più nazisti dopo che hanno accolto a braccia aperte (operazione Paperclip) i nazisti in casa propria. Vogliamo quindi diventare anche noi Impero, adottandone gli stessi stilemi?
Riconosco che la Costituzione è ottima, ma sostengo che la costituzione reale è sempre più importante di quella scritta. La Costituzione dell'URSS di Stalin era democraticissima e garantiva i diritti di libertà. La Corea del Nord, che da altri punti di vista è tutt'altro che esemplare, non ha alcuna mira imperiale ma si è dotata di armi atomiche che le danno qualche garanzia in più di non essere aggredita.
La questione delle spese militari è legata alla questione di quale esercito vogliamo. Se l'Italia, pienamente inserita nel dispositivo NATO, pratica una politica militare di "proiezione di potenza", ovvio che certi strumenti tipo portaerei, aerei per attacco al suolo etc., che fanno impennare considerevolmente le spese, servono, senza contare il mantenimento di contingenti militari all'estero. Nel caso di politica militare invece legata alla difesa dell'indipendenza nazionale e del territorio, seppur ben organizzata e ampiamente comprensiva di mezzi ad alto contenuto tecnologico, ritengo che le spese diminuirebbero di molto.
Caro Buran,
in linea di principio, suppongo che tu abbia ragione, anche se mi mancano le minime conoscenze tecniche per esprimere una valutazione. Devi pure tener conto che se qualcuno bombarda le tue città tu dovresti avere la capacità di bombardare le sue, sicché una certa proiezione di potenza non credo che sia estranea ad un uso solo difensivo delle forze armate.
Ciò che intendevo sottolineare è che più si vuole essere indipendenti e più si ha bisogno di un esercito e di armi. Non sappiamo, per esempio, se e quali tribù libiche decideranno di combattere i ribelli. Ma ad armarle è stato Gheddafi. Le milizie popolari hanno bisogno di armi che non possono che provenire dall'esercito. E anche gli addestratori non possono che provenire dall'esercito. E la ricerca non può che essere finanziata dallo stato. Insomma, l'antimilitarismo è un paragrafo dell'antiautoritarismo. Quesgt'ultimo, che era nella logica delle cose, se in taluni ambiti è stato completamente positivo (psichiatria; carceri) in altri è stato anche negativo, per essere andato oltre il limite della giusta misura (rapporti tra genitori e figli, scuola, antimilitarismo ideologico). Viene il tempo in cui un popolo deve essere difeso dai guerrieri, che quindi svolgono un ruolo importante come lo svolgono gli altri membri del popolo. Più è forte la difesa; più hai un deterrente contro chi non tollera la tua indipendenza; più hai possibilità di resistere ad un attacco, magari dopo anni di sofferenza, e più è probabile che alla fine resterai libero e indipendente.
Sono d’accordo in toto con stefano.dandrea (a parte alcune sviste, come ““spazio globale senza frontiere” quel territorio” vige “il principio della libera circolazione delle merci dei capitali e del lavoro”, charamente frutto di una propaganda cosi` pervasiva da essere laragamente assimilata).
Se un paese vuol essere indipendente non puo` certo farlo senza possedere le capacita` di difendersi. Questa capacita` oggi deve precedere l’indipendenza, perche’ la guerra moderna non si combatte con mezzi che possono essere approntati da un giorno all’altro.
L’esercito non e` certamente un covo di Pinochet, anzi. Soprattutto tra gli ufficiali di grado piu` basso sospetto che ci sia una certa consapevolezza di cosa la NATO sia e di quali fini persegua.
30 anni fa questo non era vero, perche’ la propaganda del “pericolo rosso” ha funzionato molto molto meglio (a livello della comunita` militare) di quella sul “terrorismo internazionale”.
Sulla guerra in Iraq non credo affatto che l’esercito iraqeno sia stato sconfitto facilmente (1991): si tratto` del solito cretinismo (Saddam, Gorbacev) attribuibile alla dilagante egemonia culturale anglosassone. Forse non conosce bene l’episodio della “ritirata garantita dall’URSS”, o almeno cosi` pare leggendo il commento.
Le armi di distruzione di massa sono l’unica garanzia (con limiti) contro l’egemonia statunitense: il loro e` un esercito che – perlopiu` – e` facile a demoralizzarsi.
Ecco perche` nel 1991 gli USA aspettarono la mediazione URSS, perche` mandarono ispettori in Iraq e ballarono la danza del disarmo: hanno fatto (come sapete certamente) la stessa cosa con Gheddafi.
@stefano ( e anche @astabada): premettendo che anch'io non sono un esperto di cose militari, è logico che avere la capacità di "portare la guerra in casa" di chi ti aggredisce è un bel deterrente, non a caso le guerrdi questi ultimi anni (Iraq, Afghanistan, Serbia, Libia) le hanno fatte a chi sostanzialmente non poteva ripagarti con la stassa moneta, ma ho l'impressione che una strategia di tipo difensivo, pur capace nei limiti del possibile di colpire i territorio dell'aggressore e tecnologicamente all'altezza, sia comunque meno dispendiosa economicamente di una politica militare di potenza inserita addirittura nel quadro della Nato. Questi ti impongono di costruire portaerei, di comprarep per forza i loro velivoli, di abbandonare lo sviluppo di sistemi tuoi per acquistare quelli "offerti" dall'alleanza, di inviare e mantenere per anni migliaia di uomini e mezzi in teatri operativi lontani e stranieri…
PS: a proposito dell' antimilitarismo: secondo me non è propriamente corretto identificarlo con l' antiautoritarismo di stampo sessantottino o addirittura di tipo hippy etc. L'antimilitarismo e di molto precedente ed è strettamente collegato all'antimperialismo e alla storia del movimento operaio e socialista. Quando in un paese la casta militare, oltre ai privilegi e al radicamento nella società, essa determina in maniera sostanziale la politica interna ed estera di quel paese e la classe dirigente, per provenienza o per affinità culturale, ragiona con logiche principalmente militari, quella è una società militarista. Non a caso ad es. nella Germania Est, nei libri, nei monumenti, nei memoriali etc. la parola antimilitarismo andava sempre insieme ad antinazismo, volendo mettere in relazione (anche se non erano uguali) il nazismo con il militarismo proprio della Germania imperiale
uehilà, rossobruni, come va con "l'ordinata ritirata delle forze lealiste?" :) rotfl , per farsi quattro risate siete meglio di spongebob
Grazie del brillante contributo! Siamo felici di averla convinta. Torni a trovarci quando vuole.
Tra gli autori di questo Blog nessuno si dichiara rossobruno. Gli autori che hanno scritto su questo tema si sono dichiarati avversari dei rossobruni. Così la maggior parte dei commentatori. Io, inoltre, non sono ancora soddisfatto di come è stata trattata la materia nei tre articoli e nei commenti, e devo ancora riflettere. Non sono nemmeno sicuro che la parola sia in grado di designare un fenomeno.
Comunque, meglio rossobruno che bruno. Perché chi, come te, gioisce per la sconfitta della Libia e per la distruzione di uno stato nazione e per la riconduzione all'età della pietra di un intero popolo, è bruno nell'animo, che non ha la "fortuna" di essere inviato a combattere dallo stimato governo masochista-lecca piedi degli imperialisti. E' ridotto a consumatore.
Un consumatore bruno nell'animo, questo sei. La feccia della feccia. Una categoria spregevole che ai rossobruni, qualora esistano, non arriva a leccargli l'unghia dell'alluce. Molto meglio l'umile categoria dei consumatori, sedati ma non bruni.
Dunque, meglio rossi che rossobruni. Meglio rossobruni che bruni. Meglio bruni che consumatori. E meglio consumatori sedati ma non bruni che consumatori bruni nell'animo. La feccia della feccia. L'esito antropologico estremo della vittoria del capitalismo mediatico.