A giugno, l’avanzata russa decisa dal Cremlino  vide il suo ultimo importante successo territoriale fino ad oggi: la presa dell’agglomerato urbano Severodonetsk/Lysychansk e la chiusura della sacca di Zolotye, operazione che mise termine all’offensiva nell’oblast di Lugansk, che passava interamente sotto il controllo dei separatisti. Dopo un’estate di effettivo stallo, però, è iniziata la tanto attesa controffensiva ucraina, al netto di alcune false partenze nell’oblast’ di Kherson. A metà settembre il brusco risveglio per le truppe russe: le forze armate ucraine dilagano a Kupyansk, e quelle russe ordinano una rapida ritirata dall’intero oblast’, per ripararsi dietro il fiume Oskhol. L’avanzata ucraina però non si ferma, e il 1° ottobre gli ucraini entrano nella strategica città di Krasny Lyman, che la guarnigione russa prova a difendere fino a essere quasi circondata.

Mentre le truppe russe si assestano sulla linea di difesa Svatovo-Kremmenaya, e quelle ucraine iniziano a guadagnare terreno anche a Kherson (innescando un ulteriore ritirata generale), l’atmosfera in Russia si fa tesa, perché per il Cremlino è ormai impossibile ignorare la situazione estremamente precaria in cui si trova la cosiddetta “operazione militare speciale”, davanti ad un esercito ucraino sempre più numeroso, armato e – per certi aspetti – diretto e persino affiancato dalla NATO. Già il 21 settembre, quindi, Putin e Shoigu sono costretti a varare una “mobilitazione parziale” in Russia, che dovrebbe coinvolgere 300 mila riservisti. L’inizio della mobilitazione coincide con i referendum per l’annessione di Donetsk, Lugansk, Zhaporozhye e Kherson nella Federazione Russa.

Tutto questo, però, non basta a placare gli animi di chi, in Russia, considera ancora insufficiente l’impegno militare in Ucraina, e non perdona la serie di sconfitte che le forze armate russe stanno raccogliendo sul campo. Questi “boiardi”, soprannominati da alcuni “il partito della guerra”, fanno sostanzialmente capo a Ramzan Kadyrov, presidente della Cecenia, e Evgeny Prigozhin, oligarca vicino a Putin e fondatore del Gruppo Wagner, la nota compagnia mercenaria attiva dal 2014 in pressoché ogni scenario di conflitto dove si estende l’influenza russa.

I due hanno dato un contributo significativo alle vittorie russe in Ucraina, mobilitando i loro “feudi” ben prima della mobilitazione ufficiale in Russia. Si ricorderà la battaglia di Mariupol’, forse la vittoria più importante dal punto di vista simbolico per il Cremlino, in cui il ruolo di avanguardia fu svolto proprio dagli speztnaz Akhmat le (onnipresenti sui social) forze speciali cecene, che prendono il nome dal padre di Kadyrov. Si pensi anche al fatto che, in un momento di sofferenza russa su tutti i fronti, il settore assegnato al gruppo Wagner è l’unico che addirittura – piuttosto che arretrare – avanza: dalla presa di Lysychansk, i “wagneriani” avanzano metodicamente verso Bakhmut, entrando nella città (che è ancora parzialmente in mano ucraina) e nel sobborgo di Zaitsevo proprio mentre cade Krasny Lyman a pochi chilometri di distanza.

Kadyrov scrive una lettera incendiaria contro il colonello generale Aleksandr Lapin, comandante del “corpo d’armata centrale” dell’operazione militare speciale, responsabile secondo le cronache sia della vittoria a Severodonetsk sia della sconfitta a Lyman. La lettera non prende di mira solo Lapin, proponendo che sia degradato a soldato semplice e spedito in una trincea col mitragliatore, ma anche l’alto comando russo, toccando Shoigu, ministro della difesa, e Gerasimov, comandante in capo delle forze armate. Viene persino proposta una dichiarazione di guerra all’Ucraina e l’uso di armi nucleari tattiche. Putin non viene toccato, ma queste esternazioni sono considerate piuttosto gravi dal Cremlino, che per bocca di Peskov – il portavoce – avvertirà Kadyrov di “mettere da parte le emozioni”.

La critica di Prigozhin è formalmente meno incendiaria: viene criticato il pessimo stato operativo del distretto militare occidentale, comparandolo con l’ottimo equipaggiamento, supporto aereo e d’artiglieria di cui – a dire del comandante di ventura – godono le sue truppe. Prigozhin però passa anche ai fatti, ed è qui che la situazione inizia a farsi più preoccupante per il Cremlino, perché lo scontro minaccia di passare da una tutto sommato “normale” (si fa per dire) dialettica sulla conduzione militare della guerra, dopo le sconfitte sul campo, a un problema di tipo politico. Sembra infatti che il Gruppo Wagner abbia creato dei falsi video di riservisti coinvolti nella mobilitazione che criticano il pessimo stato organizzativo delle forze armate. È probabile che qualcuno al Cremlino, abbia avuto lo stesso sospetto perché a favore di telecamere, viene arrestato in mezzo alla strada, a Mosca, un impiegato di un gruppo mediatico affiliato a Prigozhin e al Gruppo Wagner.  La tensione tra Prigozhin e Mosca raggiunge il suo apice l’8 ottobre, il giorno in cui la Russia viene sconvolta dall’attacco al Ponte di Kerch, che collega il caucaso russo alla Crimea. Un avvenimento che probabilmente colpisce l’opinione pubblica più di una ritirata da questa o quella città ucraina.

Proprio in quel giorno, si attiva nuovamente la longa manus mediatica del gruppo Wagner: Il canale telegram Gray Zone annuncia il licenziamento di Shoigu e Gerasimov. A latere, “cavalca” la notizia anche l’apparato di intelligence e di guerra informazionale ucraino: L’intelligence militare ucraina, subito rilanciata da noti suoi megafoni come Anton Gerashenko e la testata web TRYXA, parla di un’inesistente ondata di arresti di militari a Mosca e di inesistenti posti di blocco. Lo scopo è quello di aumentare la confusione sul fronte interno russo.

Il Cremlino gestisce la grave sconfitta simbolica del Ponte e la tensione interna con una parziale – ma non totale – concessione al “partito della guerra”: viene nominato comandante dell’intera operazione speciale il generale Sergey Surovikin, veterano delle guerre di Afghanistan, Cecenia e Siria, oltreché, da giovane soldato ventiquattrenne, partecipante al golpe dell’agosto 1991. Il suo predecessore viene licenziato, anche se non c’è certezza su chi fosse, in quanto non era mai stato ufficialmente designato un comandante dell’intera operazione (è però generalmente accettato che ce ne fosse uno).

Il giorno successivo alla nomina di Surovikin, quando la Russia lancia un attacco missilistico senza precedenti sull’infrastruttura energetica, sui centri di comando e sugli snodi di trasporto dell’Ucraina, che causa interruzioni del servizio elettrico, del riscaldamento e delle forniture idriche in tutto il paese, al Consiglio di Sicurezza è proprio Shoigu ad “aggiornare” Putin sui risultati, smentendo le voci fatte circolare da Wagner. In seguito, Khadyrov dichiara su Telegram di essere ormai “completamente soddisfatto” della conduzione dell’operazione militare speciale. Il conflitto sembra quindi rientrato, con Shoigu e Gerasimov che rimangono al loro posto, almeno fino alla prossima sconfitta russa.

Mentre continuano a piovere missili sulle infrastrutture ucraine, si riporta che mille wagneriani abbiano lasciato la loro zona di operazioni a Soledar per dirigersi a Nord, verso Kremmenaya: l’obiettivo è rinforzare proprio il corpo d’armata russo guidato dal generale Lapin, insieme ai vari volontari delle repubbliche separatiste. Si parla di un raggruppamento ucraino di circa 40 mila uomini presso Lyman, pronto a sfondare la linea difensiva e a far collassare l’intero fronte del Donbass.

di Pietro Pinter

fondatore e curatore del canale Telegram Inimicizie