Lo sciopero del 2 dicembre
di ANDREA ALQUATI
Nel 2022 l’inflazione è schizzata sopra il 10%: non succedeva da trentacinque anni, ci hanno detto. Non ci hanno detto, però, che a quell’epoca non era un grosso problema, visto che c’era uno strumento chiamato ‘scala mobile’ per il quale gli stipendi si adeguavano automaticamente all’inflazione, restituendo a lavoratrici e lavoratori il potere d’acquisto perduto.
Quello strumento non lo abbiamo più da trent’anni e anche per questo, unico Paese occidentale, abbiamo i salari reali più bassi che nel 1990. E la mancanza di questo strumento è più grave per i redditi più bassi, più vulnerabili agli aumenti nei prezzi dei generi di prima necessità.
Ma il Governo, nonostante questa situazione, rifiuta l’introduzione di ogni forma di salario minimo e anzi smantella il reddito di cittadinanza, che con i suoi limiti e i suoi difetti rappresenta comunque una soglia alla compressione verso il basso delle retribuzioni di lavoratrici e lavoratori. Perché il Governo punta proprio su questa compressione per evitare la recessione in arrivo. E non capisce che meno soldi in tasca a chi lavora significano meno consumi, piccole attività che chiudono a vantaggio delle grandi, più disoccupazione e disuguaglianza.
Ma il 2022 è stato anche l’anno del boom degli infortuni sul lavoro. Guarda caso, dopo che l’allora ministro Brunetta ha rassicurato le aziende che non ci saranno più ispezioni a sorpresa, ma i controlli verranno pianificati e concordati anticipatamente. E penso col nuovo Governo le cose non cambieranno, sentendo la Presidente del Consiglio affermare che lo Stato non deve rompere le scatole a chi crea ricchezza.
[Intervento allo sciopero generale del 2 dicembre a Viterbo in qualità di esecutivo USB]
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